Circa 2,3 milioni di persone in tutto il mondo vivono con i sintomi debilitanti della sclerosi multipla (SM). Gli attuali piani terapeutici comprendono strategie di immuno-mododulazione di prima e seconda linea per ridurre la frequenza delle recidive e rallentare la progressione della malattia. Tuttavia, queste strategie terapeutiche si sono rivelate finora inefficaci nel trattamento delle forme progressive di SM. Si ritiene che l’inefficacia di queste terapie sia dovuta al fatto che gli eventi infiammatori cronici che guidano la demielinizzazione e la neuro-degenerazione durante la SM progressiva sono localizzati nel SNC e non nella periferia. Le attuali terapie non sono in grado di attraversare la barriera emato-encefalica per modificare i processi infiammatori cronici del cervello. Pertanto, i farmaci con tale capacità dovrebbero essere più efficaci nella lotta contro la malattia. La neurofarmacologia potrebbe venire in aiuto al riguardo. Esistono prove che il metabolismo di neurotrasmetititori viene serotonina e dopamina sono alterati nel sistema nervoso dei pazienti con SM. Un certo riguardo per i gruppi di ricerca di questi sistemi neurochimici, potrebbero essere utili al riguardo.
Un team di ricerca del Malaghan Institute for Medical Research, Nuova Zelanda, diretto dal prof. La Flamme, ha pensato di testare l’effetto della clozapina sui tipi che riproducono il modello sperimentale della SM (MOG-EAE). La clozapina è un antipsicotico atipico e la capacità della clozapina di migliorare la gravità dei sintomi durante il modello murino di EAE è stata precedentemente dimostrata. Il team aveva precedentemente riferito che anche l’antipsicotico risperidone migliorava i sintomi EAE nei topi malati. La somministrazione orale giornaliera di clozapina ha avuto una riduzione dose-dipendente dei sintomi della malattia, valutata mediante paralisi ascendente. Mentre il trattamento con clozapina non ha modificato l’insorgenza di EAE con dosi di 10 e 30 mg / kg / die, 60 mg / kg / die sono risultati efficaci. Mentre l’antagonismo selettivo del recettore di tipo 2 della dopamina (D2) è tradizionalmente considerato il meccanismo primario mediante il quale gli antipsicotici atipici forniscono beneficio psichiatrico, nel contesto dell’EAE altri team hanno scoperto che il miglioramento dei sintomi non era dovuto solo all’antagonismo D2.
L’effetto sembra specifico per questa molecola, poichè altri due antipsicotici come quetiapina e olanzapina non hanno avuto effetto sui sintomi dei ratti. Tuttavia la clozapina non ha avuto effetto sulla composizione delle cellule immunitarie in seno alla malattia (linfociti T), né sull’espressione degli antigeni di istocompatibilità (MHC-II). E’ riuscita, tuttavia, a rallentare l’ingresso dei linfociti CD+ e CD8+ dentro il sistema nervoso, mentre non ha condizionato le cellule immunitarie residenti (microglìa). La clozapina, inoltre, sembra lavorare bene con il glatiramer acetato, un farmaco ampiamente usato nella SM e che condiziona la composizione delle cellule immunitarie. Il team ha potuto evidenziare anche un effetto sinergico delle due molecole, il che ha portato alla riduzione dei dosaggi di entrambe per osservare effetti positivi. Nel complesso, i risultati del team supportano gli effetti complementari della clozapina e del glatiramer acetato sulla riduzione della SM, sia a dosi ottimali che sub-ottimali.
Con l’dea che il network della serotonina sia compromesso nella SM, un altro gruppo di ricerca ha investigato l’effetto della fluvoxamina, un farmaco antidepressivo del gruppo dei SSRI o inibitori elettivi della captazione della serotonina, molto usati al giorno d’oggi. Il team del Dr. Yasuri del Centro di ricerca sulle piante medicinali, Facoltà di Medicina dell’Università Yasuj in Iran, ha investigato in vitro e in vivo l’effetto di questo farmaco su un componente cellulare gravemente compromesso nella malattia: gli oligodedrociti. Queste cellule sono quelle che costruiscono e / o riparano la mielina. Inoltre, la fluvoxamina ha attenuato la gravità dell’encefalomielite autoimmune sperimentale (EAE), un modello di ratto MS, riducendo significativamente i suoi punteggi clinici. Inoltre, i ratti EAE trattati con fluvoxamina hanno mostrato una diminuzione dei livelli sierici di IFN-γ e un aumento delle citochine anti-infiammatorie (IL-4), rispetto ai ratti EAE non trattati.
Inoltre, l’infiltrazione delle cellule immunitarie e le placche di demielinizzazione diminuivano significativamente nel midollo spinale dei ratti trattati col farmaco. Le concentrazioni nanomolari di fluvoxamina hanno aumentato significativamente la vitalità cellulare e la proliferazione delle cellule staminali neurali (NSC), aumentando l’espressione di markers di replicazione (Notch1, Hes1 e Ki-67). Inoltre, le concentrazioni fisiologiche di fluvoxamina erano ottimali per la differenziazione delle NSC verso oligodendrociti, astrociti e neuroni. Pertanto, oltre alla sua attività antidepressiva, la fluvoxamina stimola la proliferazione e la differenziazione delle NSC in particolare verso gli oligodendrociti, i produttori della mielina. L’effetto potrebbe essere direttamente legato alla serotonina, che legandosi ai recettori sulla superficie stimola queste cellule staminali a duplicarsi. Questo effetto della serotonina è noto verificarsi anche in altri distretti del corpo umano, dalla pelle al midollo osseo, a carico delle cellule ancora in grado di moltiplicarsi.
Quindi, un passo avanti per la cura della SM manipolando i nostri sistemi biologici responsabili, che si possono correggere così più efficacemente.
- a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni citate
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