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Scoperti i taniciti, i neuroni che controllano la fame

La regolazione dell’omeostasi energetica si basa su un sistema altamente reattivo, in cui la spesa energetica è finemente bilanciata con l’assunzione di nutrienti per mantenere costante il peso corporeo. A tal fine, i fattori circolanti di fame e sazietà che riflettono la disponibilità di nutrienti devono attraversare la barriera emato-encefalica (BEE) per raggiungere i neuroni effettori. Un difetto di questo processo porta sempre ad un aumento incontrollato di peso corporeo. Un classico indicatore di energia circolante è la leptina, un ormone derivato dal tessuto grasso che entra normalmente nel cervello per promuovere una diminuzione dell’assunzione di cibo e una maggiore spesa energetica.

L’obesità, tuttavia, porta ad uno stato di “resistenza alla leptina”, in cui una grande quantità di leptina circolante non riesce a regolare il peso corporeo. Questo meccanismo della resistenza può comprendere un difetto sia nella penetrazione di leptina, sia nell’azione nei neuroni bersaglio presenti nell’ipotalamo mediobasale (MBH). L’eminenza media (EMME), una struttura della BEE posta alla base del terzo ventricolo, è posizionata in modo univoco per regolare il passaggio di segnali ematici ematici al liquido cerebrospinale (CSF) e ai neuroni MBH. In ricerche precedenti, era stato visto le cellule gliali della BEE, i taniciti, regolavano la permeabilità di queste strutture attraverso il rilascio di una proteina di controllo.

Lo stesso gruppo di ricerca, adesso, ha dimostrato che gli stessi taniciti a livello ipotalamico possono cotrollare sia il senso di fame che quello di sazietà. Un team di ricercatori dell’Università di Warwick, guidato dal prof. Nicholas Dale, ha scoperto che i taniciti esprimono dei recettori specifici per alcuni amminoacidi. Si tratta degli stessi recettori delle papille gustative sulla lingua per sentire il quinto gusto o “umami”, che è  il sapore caratteristico associato agli amminoacidi e che le massaie conoscono dal dado vegetale o quello di carne. Il gruppo ha marcato dei taniciti resi fluorescenti per renderli visibili al microscopio, esponendoli ad una miscela di amminoacidi. Quando i taniciti sentono due amminoacidi in particolare, arginina e lisina, essi si attivano rilasciando un messaggio di sazietà all’ipotalamo.

Lo studio è stato pubblicato nella rivista Molecular Metabolism, e potrebbe ovviamente essere sfruttato nella lotta a obesità e sovrappeso. L’obiettivo pratico, in effetti, è quello di sviluppare una dieta che sappia diminuire la fame e, di conseguenza, l’introito di calorie. Gli esperti hanno individuato i 5 cibi più abili nel sollecitare questa risposta dei taniciti; per tale ragione, vale la pena ricordarseli prima di intraprendere un percorso dimagrante. Merluzzo, mandorle, lenticchie, albicocche ed avocado sembrano essere quelli più indicati, nel senso che sembrano più ricchi di lisina ed arginina. E’ possibile che siano quelli più indicati, ma la lista è scarna, presenta dei controsensi e potrebbe potenzialmente includere altri alimenti che sono molto ricchi di lisina ed arginina. 

Se si considerano i legumi, ad esempio, essi sono generalmente molto ricchi di questi amminoacidi. Dalle tabelle nutrizionali disponibili più aggiornate, le proteine più ricche di arginina in assoluto appartengono a quelle estratte dalla soia (6.5g/100g), ai semi di zucca rossa (5.35g/100g) ed all’albume d’uovo in polvere (4.4g/100g). Il merluzzo secco, uno degli alimenti più indicati, ha un contenuto di arginina di 3.7g/100g, dal 20-40% in meno di quelli menzionati sopra (e quando fresco si attesta sui 1,2g/100g). Le mandorle stanno sui 2.44g/100g, le lenticchie a 1.98, le albicocche a 0.045 (e 0.19g/100g se secche) e l’avocado a 0.088g/100g. Se si va ad analizzare il contenuto di lisina, il primato spetta ancora a merluzzo sotto sale (5.77g/100g), al bianco d’uovo in polvere ed all’estratto proteico della soia (entrambi 5.5g). Prima ancora di arrivare a lenticchie (1.8g/100g), mandorle (0.58), albicocche (0.30) ed avocado (0.13), vi sono alcune centinaia di alimenti il cui contenuto unitario di lisina è decisamente più elevato (compreso fra 1-3g/100g), che comprendono classici cibi carnei, vari legumi, derivati di latte ed uova.

Forse chi ha identificato questi 5 cibi più indicati, potrebbe aver tenuto conto anche del contenuto zuccherino, che regola il senso della fame. Ma per albicocche non è sicuramente indifferente e quello amidaceo delle lenticchie è abbondante. Apparentemente, tuttavia, non si riesce ad identificare un criterio di preferenza per questi cinque alimenti, che li avvantaggia rispetto ad altri molto più ricchi di lisina ed arginina. Non si può fare appello nemmeno al contenuto di fibre, classicamente note per l’effetto “saziante”, dato che il merluzzo ad esempio ne è esente e per avocado e albicocche è molto modesto. Approfondendo lo studio, si nota che vengono citati anche pollo, controfiletto di manzo e sgombro, il cui contenuto proteico (e quindi di arginina e lisina) è decisamente più significativo di albicocche, avocado e prugne.

Il contenuto dello studio regge se si considera l’abbondanza di questi due amminoacidi nei legumi (1 – 2.5g/100 in media) e nella frutta a guscio (arachidi, nocciole, pistacchi, noci, semi di zucca e di girasole). Unitamente al loro contenuto di lipidi (calorico), questo spiega come mai “sgranocchiare” noccioline, mandorle e simili sazia velocemente; o come mai si ha fame presto a cena per aver mangiato solamente 200 grammi di pasta invece di 200 grammi di carne. Ora tutti ammetteranno che, per ragioni culturali o di gradimento, pane e pasta possono divenire preferiti persino alla carne, con un grande e duplice svantaggio per la sazietà. Non solo, infatti, il frumento è composto dall’85% da zuccheri che sono affamanti e non sazianti, ma le sue proteine sono già povere in arginina, e ancor di più per lisina, i due amminoacidi citati nello studio e che sopprimerebbero la fame.

Non ci vuole molto, dunque, a fare due più due.

  • a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, medico specialista in Biochimica Clinica.

Bibliografia scientifica

Campbell JN et al. (2017) Nat Neurosci; 20(3):484. 

Gao Y et al. Cell Metab. 2014 Feb 4; 19(2):173-75.

Lanfray D et al. Diabetes. 2013 Mar; 62(3):801-10.

Haan N et al. (2013) J Neurosci; 33(14):6170-80. 

Cheunsuang O, Morris R.(2005) Glia; 52(3):228-33.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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