Un farmaco per il diabete attualmente in fase di sviluppo potrebbe essere riproposto per aiutare a eliminare il rigetto del trapianto, senza gli effetti collaterali degli attuali farmaci immunosoppressivi, secondo una nuova ricerca della Queen Mary University di Londra (QMUL). Nello studio, finanziato dalla British Heart Foundation (BHF) e pubblicato su Immunity, i ricercatori hanno scoperto che l’enzima glucochinasi aumenta il movimento di un tipo di linfocita T, chiamata cellula T regolatrice, negli organi umani. Una volta all’interno del tessuto dell’organo queste cellule T regolatorie fungono da guardiani del sistema immunitario, impedendo il rigetto di un organo trapiantato. I ricercatori hanno scoperto che quando le cellule T regolatorie venivano trattate con un farmaco noto per aumentare l’attività dell’enzima glucochinasi, si spostavano nel tessuto organico dei topi con numeri molto maggiori. Il team ha quindi studiato campioni di sangue da un gruppo di persone che hanno una mutazione genetica rendendo più attiva la loro versione dell’enzima glucochinasi. Hanno scoperto che in queste persone i linfociti T regolatori entrano più facilmente negli organi.
Questi risultati suggeriscono che un farmaco attualmente in fase di sviluppo per il trattamento di persone con diabete di tipo 2 che aumenta l’attività dell’enzima glucochinasi, potrebbe ora essere utilizzato anche per prevenire il rigetto d’organo dopo un trapianto. Attualmente, i farmaci immunosoppressori utilizzati per prevenire il rigetto dell’organo hanno una serie di effetti collaterali, tra cui lasciare i pazienti a maggior rischio di infezioni e anche di cancro, perché non sono in grado di indirizzare specificamente l’area del sistema immunitario responsabile del rigetto d’organo. Il trapianto di cuore ha fatto molta strada dal primo trapianto di cuore quasi cinquant’anni fa. Tuttavia, quando il nostro sistema immunitario rifiuta il cuore donato, questo può avere conseguenze devastanti. Sono stati sviluppate alcune classi chimicamente diverse di attivatori della glucochinasi, da team separati di ricerca. Sono stati testati principalmente su modelli cellulari e animali e sembrano essere attivi. Ma non si aveva idea, almeno sino ad ora, che avrebbero gettato le basi per il trattamento di condizioni diverse dal diabete.
Il rigetto dei trapianti, invero, non è un argomento meno problematico del diabete; probabilmente è solo meno diffuso e/o meno conosciuto. Ma i problemi di salute che comporta su chi ne è affetto sono estremamente gravi, a cui si aggiungono ulteriori problemi legati alla terapia con farmaci anti-rigetto, in pratica gli immunosoppressori. La professoressa del BHF, Federica Marelli-Berg, docente di Immunologia Cardiovascolare presso QMUL, che ha guidato la ricerca, ha commentato: “Con questa ricerca abbiamo trovato un modo completamente diverso di fermare il rigetto d’organo: il nostro prossimo passo è portare il farmaco in studi clinici. Se le prove hanno esito positivo, queste scoperte potrebbero rivelarsi un cambiamento di vita per i pazienti sottoposti a trapianto. Con questa ricerca siamo un passo avanti verso la riduzione del numero di persone che soffrono di rigetto di organi e per impedire alle persone di unendo una lista d’attesa in crescita ai trapianti, in ultima analisi, consentendo alle persone che hanno subito questa procedura di vivere una vita più lunga e più sana con un cuore sano per i donatori”.
Con l’augurio “di cuore” che gli sviluppi del tema siano veloci e favorevoli.
- a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
Kishore M et al., Marelli-Berg FM. Immunity. 2017 Nov 21; 47(5):875-889.
Hosfield D et al. Bioorg Med Chem Lett. 2017 Jun 15; 27(12):2678-2682.