Quando il flusso sanguigno cerebrale trova un ostacolo, il cervello non riceve abbastanza ossigeno e nutrienti. Se tale ostruzione non si risolve in tempi brevi, il tessuto cerebrale va incontro ad una sofferenza chiamata ischemia cerebrale. Se l’ischemia supera i 5 minuti, allora si parla di ictus ischemico ed i sintomi clinici si possono protrarre per settimane o mesi, in dipendenza dell’estensione dell’area cerebrale colpita. Usualmente, solo una porzione di cervello subisce un danno ischemico severo; le ischemie cerebrali globali sono più rare. L’evento che determina la comparsa dell’ischemia cerebrale è un trombo (formazione spontanea di un coagulo) o un embolo, che origina dalla parte vasale e poi si distacca. Solitamente gli emboli partono dal cuore o da placche ateromasiche dei tronchi sovra-aortici.
Quando l’apparato cardiocircolatorio è preda di un’ipertensione duratura che non viene rilevata, un diabete cronico, iperuricemia, iperlipidemia ed essere aggravato da forte tabagismo, i difetti circolatori possono diventare molto frequenti. Compare così la cerebrovasculopatia cronica, una patologia dell’anziano che può iniziare anche in età adulta, se il terreno biologico viene indebolito da qualunque dei fattori suddetti. Come conseguenza del minore afflusso di sangue in alcune parti del cervello, o nel suo toto, si instaurano delle risposte cellulari di compenso. Queste risposte possono essere facilitate se si rimuovono i fattori volontari (es. fumo di sigaretta, eccessivo introito calorico), si riportano i valori pressori entro limiti compatibili con la norma e, in caso di diabete malgestito, un controllo glicemico ferreo.
Il nostro organismo (incluso il cervello), infatti, possiede delle difese dagli insulti esterni che si innescano continuamente per fronteggiare gli stress quotidiani. Ma nel caso di più fattori concorrenti, questi possono divenire insufficienti nel proteggere il tessuto cerebrale se sopravviene un insulto ischemico. In tal caso, cominciano a comparire deficits cognitivi. Essi rappresentano il primissimo campanello di allarme che ci informa del danno cellulare che è in corso. Anche semplice irritabilità non spiegata, difficoltà di concentrazione, turbe del sonno ed amnesie temporanee ricorrenti, possono essere manifestazioni iniziali sottostimate. La condizione di cerebrovasculopatia cronica mima parte dell’evento ischemico completo, ma in entrambe le situazioni si verificano gli stessi fenomeni molecolari. Quello che cambia è solo il fattore tempo: più a lungo dura l’ischemia, più grave sarà lo stress ossidativo. Quello che possono fare le cellule cerebrali è solamente tamponare con le loro difese, sempre che il danno non sia così esteso da portarle a morte. Direttamente, il glutatione (GSH) è l’antiossidante che prima di tutti si esaurisce dalle scorte, seguito da enzimi come la catalasi e alcune perossidasi,.
Quando il danno cellulare diventa letale, si verifica la perdita di sostanza bianca che si evidenzia durante gli esami TAC negli stadi avanzati. I quadri di “ipodensità diffusa spongiforme su base cerebro-vasculopatica”, come si legge dai referti medici post-TC, non è altro come dire: “lo stress ossidativo ha crivellato il cervello così tanto da renderlo una spugna”. Sfortunatamente, una volta perduti, i neuroni delle aree danneggiate non si possono rigenerare da quelli vicini. Inoltre gli astrociti, le cellule “balia” dei neuroni, proliferano riempiendo gli spazi vuoti che diventano delle “cicatrici” non funzionali. A secondo delle aree cerebrali colpite, questa perdita neuronale si traduce in sindrome depressiva, gravi turbe del comportamento e/o dell’umore (persino sindromi depressive vere e proprie, perdita della memoria, parkinsonismo secondario, un quadro che è popolarmente conosciuto con la dizione “sindrome tipo-Alzheimer”.
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Ma si può intervenire per impedire tutto questo?
Come detto in anticipo, questo dipende fortemente dalla correzione di cattivi stili di vita (fattori volontari), e la gestione disciplinata di patologie che costituiscono uno o più fattori di rischio. Una dieta che sia a base di alimenti con un buon contenuto di antiossidanti è fortemente raccomandata. Gli studiosi sono concordi all’unanime sulle proprietà protettive degli antiossidanti naturali (es. polifenoli), nei confronti delle cardiopatie, delle vasculopatie in genere e degli ictus cerebrali. Studi decennali hanno ormai provato, sia su animali da esperimento che su pazienti, come l’assunzione di estratti ricchi di polifenoli siano efficaci nel prevenire o ritardare la comparsa delle vasculopatie. Tra questi i più efficaci risultano quelli di fragole, cacao, semi di uva, thè verde, propoli, gingko, melograno e frutti di bosco.
Consumare queste sorgenti di antiossidanti può essere di aiuto in senso preventivo e, comunque, preparare un terreno biologico favorevole in caso di evento ischemico, specie se i fattori di rischio citati non sono presenti o sono minimi. Ma a parte l’alimentazione, risulta utile assumere supplementi di antiossidanti per la prevenzione in toto e, ancora meglio, dopo che l’ischemia si è verificata lasciando danni? Senza dubbio la risposta è si. L’introito controllato, periodico o ciclico di agenti antiossidanti, non fa altro che arricchire le scorte endogene. In caso di ischemia cerebrale focale, dunque, le cellule cerebrali si ritrovano con un grado maggiore di molecole protettive cui possono attingere, sia dalle scorte che dal sangue circolante.
► Sicuramente una molecola che può sia attenuare gli effetti di un’ischemia cerebrale, che migliorare il decorso post-lesione è l’acido lipoico. Pur essendo un fattore vitamino-simile che noi produciamo per alcune reazioni enzimatiche, a dosaggi farmacologici (>200mg) è un antiossidante molto potente, azione dimostrata in vitro, negli animali da esperimento e su coorti selezionate di pazienti. Esso è già indicato per il recupero funzionale durante il decorso post-ischemico, col nome commerciale di Tiobec®. In caso di evento ischemico la sua somministrazione non dovrebbe essere ritardata (dopo 15-20 giorni dall’ictus), ma iniziata subito, poiché lo stress ossidativo esercita un danno biologico nel giro di minuti/ore e non giorni.
► Assumere integratori a base di coenzima Q non incontra alcuna obiezione. Si ritrovano normalmente sotto-dosati (5-10-20mg), ;per esercitare azione protettiva anticipata sull’ischemia cerebrale, tuttavia, la dose deve essere maggiore (da 50 a 100 mg), poiché il coenzima Q è utilizzato anche dai muscoli e dal cuore in particolare. Alcune preparazioni di ubichinone e derivati (edaravone) sono presenti in commercio. Considerato che le cardiovasculopatie croniche sono il maggiore fattore predisponente alle ischemie cerebrali, assumere coenzima Q può giovare perciò sia al cuore che al cervello. Studi clinici sulla sua efficacia, come agente singolo o combinato, esistono già e sono statisticamente significativi.
► Un miglioramento del trofismo nervoso può essere realizzato assumendo supplementi di acetil-carnitina e citicolina, due precursori di molecole strutturali delle cellule. Fortunatamente, essi sono già prescritti ai pazienti con cerebrovasculopatia cronica, sebbene non di routine. La loro prescrizione nelle sequele post-ictus è razionalmente corretta, essendo la fase ricostruttiva possibile solo dopo aver eliminato la componente morta (tessuto necrotico). L’acetil-carnitina, sperimentalmente, è anche capace di incrementare le riserve antiossidanti secondarie, stimolando la sintesi di enzimi. Un effetto terapeutico di queste sostanze è evidente solo per somministrazioni superiori agli 800 mg/die. Sono anche pubblicati alcuni studi sull’efficacia della combinazione coenzima Q + citicolina nello stroke ischemico (vedere bibliografia).
► L’assunzione di integratori ad alte dosi di vitamina E (es. olio di germe di grano) è molto utile, sia nella prevenzione che nel trattamento postumo dell’ischemia nervosa, per almeno tre ragioni. Questa vitamina è liposolubile e non trova nessuna difficoltà a farsi strada nell’ambiente lipidico della mielina. Secondo, ha la massima biocompatibilità e non sono noti effetti tossici da sovra-dosaggio. Terzo, esistono già studi clinici sulla sicurezza ed efficacia di derivati del tocoferolo, dei loro effetti anti-infiammatori e delle loro proprietà antiossidanti nella materia cerebrale sottoposta ad ischemia. La vitamina E, inoltre, a livello cellulare dialoga con i sistemi ossido-riduttivi dipendenti dal glutatione, potendo rigenerare questo antiossidante endogeno principale.
In conclusione, assumere antiossidanti per i pazienti con cerebrovasculopatia cronica è sicuramente di beneficio, non solo per ritardare il fenomeno ma anche per rimpolpare le difese antiossidanti in caso di evento ischemico grave acuto. La qualità dell’alimentazione, assieme alla correzione di fattori di rischio (es. tabagismo, ipertensione) funge da prevenzione primaria, anche se la parallela assunzione di integratori specifici può risultare di aiuto. La scelta di prescrivere come aggiunta degli integratori, dopo consulto medico specialistico, non è una manovra sbagliata specie quando permane qualche fattore di rischio mal-gestibile Ma una volta che l’ischemia ha causato il danno biologico, il fattore critico è solo il tempo: prima si inizia l’intervento preventivo, migliore sarà il decorso e la possibilità di recupero funzionale.
- a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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