L’ictus cerebrale è una delle principali cause di mortalità e morbilità in tutto il mondo con un numero crescente di rapporti e studi clinici eseguiti ogni anno. L’unico trattamento farmacologico approvato per l’ictus ischemico è l’attivatore del plasminogeno tissutale (tPA) entro 4,5 ore dall’evento ischemico. Tuttavia, a causa dell’aumentato rischio di conversione emorragica della zona infartuata, la somministrazione di tPA dopo 4,5 ore dall’insorgenza dell’ictus è controindicata e generalmente si traduce in esiti negativi. Ad oggi, l’identificazione di una terapia neuro-protettiva rimane un’esigenza insoddisfatta. La patogenesi dell’ictus è complessa e coinvolge numerosi processi tra cui eccito-tossicità, danno ossidativo, infiammazione e morte dei neuroni. Negli ultimi anni diversi studi hanno dimostrato che i cambiamenti epigenetici si verificano durante l’ischemia cerebrale. In particolare, la deacetilazione di alcune proteine nucleari sembra essere coinvolta nella fisiopatologia intima dell’ictus. Tra le modificazioni degli istoni, l’acetilazione svolge un ruolo essenziale nell’accessibilità della cromatina ai fattori di trascrizione.
Qualche anno fa, l’applicazione di inibitori HDAC ha mostrato un’efficacia terapeutica nei modelli di topo di occlusione dell’arteria cerebrale media (MCAO) (Wang Z et al. 2012). In un altro studio, la soppressione dell’enzima HDAC2 nella corteccia peri-infartuale dei roditori promuove il recupero della funzione motoria al giorno 8 dopo l’ictus, aprendo una nuova finestra terapeutica per il trattamento dell’ictus (Lin YH et al., 2017). Per questa ragione, un gruppo di ricercatori congiunto dall’Università di Brescia e dell’Università Federico II di Napoli, hanno testato l’effetto di dell’inibizione della HDAC2 con acido valproico, un farmaco antiepilettico che viene spesso prescritto a seguito di un’ictus cerebrale per prevenire eventi convulsivi. L’acido valproico è stato somministrato assieme al resveratrolo, un polifenolo antiossidante contenuto nell’uva e dotato di effetto regolatore del metabolismo. Il resveratrolo, infatti, è un attivatore della sirtuina 1 (SIRT-1), una proteina che controlla il rapporto fra metabolismo energetico ed invecchiamento cellulare.
Il team ha sottoposto cellule cerebrali di topo ad una condizione per mimare l’ischemia, ossia un ambiente privo di ossigeno e senza glucosio nel brodo di coltura. Le cellule esposte a questa ischemia chimica hanno variato l’acetilazione delle proteine nucleari (istoni) come previsto). Ma quelle che erano state pretrattate qualche ora prima con acido valproico + resveratrolo, hanno avuto livelli di acetilazione istonica molto bassi. Anche il fattore nucleare NF-kB, che sintetizza citochine e crea un ambiente infiammatorio, si è attivato marginalmente. E’ stato interessante notare che l’acido valproico da solo non ha stranamente condizionato l’acetilazione degli istoni del DNA. Questo farmaco infatti è un inibitore provato delle HDAC-1, -2 e -3, quindi gli autori aspettavano di trovare un effetto “di controllo”. E invece solo la co-presenza di resveratrolo ha indotto una potente soppressione delle modifiche nucleari, inclusa la soppressione del fattore NF-kB. Il trattamento combinato ha impedito ai neuroni sottoposti ad “ischemia” di morire come di conseguenza.
L’esperimento è stato così allargato a topi cui è stata eseguita l’occlusione dell’arteria cerebrale media. Nei topi sottoposti a 60 minuti di MCAO, i farmaci sono stati iniettati nel peritoneo 30 minuti dopo l’inizio del periodo di riperfusione. Ventiquattro ore dopo l’ischemia, la funzione neurologica è stata valutata nei topi secondo due scale: una scala neurologica generale e una scala neurologica focale. L’associazione di resveratrolo + valproato ha ridotto significativamente il volume dell’infarto. Se usati separatamente alle stesse dosi, nessuno dei farmaci ha prodotto neuroprotezione. Solo quando usati a dosi più alte (resveratrolo 6,8 mg/kg o valproato 20 mg/kg) hanno limitato il volume dell’infarto. In particolare, nella combinazione sinergica con resveratrolo, il valproato ha ridotto i deficit neurologici ad una dose almeno cento volte inferiore a quella comunemente usata nel trattamento delle crisi. Questo aspetto della sinergia potrebbe rivelare un uso molto più sicuro del valproato per la gestione clinica di lesione cerebrale in pazienti post-ischemici.
Gli autori hanno concluso che valproato e resveratrolo, mostrando un’attività sinergica, possono rappresentare una strategia promettente e pronta all’uso per la terapia clinica del danno cerebrale post-ischemico. Inoltre, uno studio in aperto ha già dimostrato che il trattamento post-ictus con valproato (500 mg per tre mesi) ha migliorato il recupero in pazienti con infarto acuto cerebrale medio, suggerendo un suo effetto neuroprotettivo e rimodellante alle dosi antiepilettiche (Tang Y et al. 2017). Sfruttando la combinazione con resveratrolo, questi dati rivelano il potenziale clinico di utilizzare valproato nei pazienti post-ictus a dosi molto più basse, riducendo anche drasticamente gli effetti collaterali del farmaco nei trattamenti cronici.
- a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, Medico specialista in Biochimica Clinica.
Letteratura scientifica
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