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Le azioni del glutine sulla salute: il punto di forza è la sua struttura

Il glutine è una miscela complessa di proteine: le più patogeniche, riferendosi alle patologie indotte, sono le gliadine. Vi sono alfa-gliadine, gamma-gliadine, le omega-gliadine e le recentissimamente scoperte isoforme delta. Queste sono le stesse responsabili della malattia celiaca; per questi pazienti rappresentano la componente proteica più tossica. Poi vi sono le glutenine, proteine a peso molecolare molto superiore rispetto alle gliadine (HMW), che rappresentano in genere il 10-15% delle proteine totali del glutine. Nonostante la minore presenza, sono fondamentali per la formazione degli impasti, poiché forniscono tenacità e consistenza alla massa. Come chiunque sa, chi è affetto da celiachia diagnosticata con certezza deve assolutamente evitare tutti i prodotti da forno fatti di grano regolare (pane bianco, pane di semola, pasta, pizza, ecc.) inclusi quelli del ramo dolciario. Ma qui non ci occuperemo di celiachia, né di disordini recentemente caratterizzati e che comprendono tutto lo spettro delle “enteropatie glutine-correlate”.

Il glutine, infatti, non sembra bersagliare unicamente l’intestino. O meglio, in caso di integrità intestinale la sua azione potrebbe rimanere confinata in questo compartimento. In accordo alle ultimissime teorie ezio-patogenetiche, l’odierno smodato introito di pane e pasta potrebbe essere in grado di scatenare una risposta auto-immune diretta contro le isole pancreatiche. Qualche anno fa, si era notato che vi era una esagerata stimolazione dei linfociti CD4+ in bambini con diabete autoimmune (DM1), quando assumevano per bocca peptidi derivati dal grano. L’ipotesi è stata approfondita ed il primo dato interessante è stato osservare uno stato infiammatorio della mucosa intestinale tenue dei pazienti con diabete mellito tipo 1 (DM1). Le biopsie hanno rilevato una maggiore presenza di interferone gamma (IFN-γ) e fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-α), rispetto ai controlli negativi. La conferma è venuta da biopsie intestinali di bambini affetti da diabete autoimmune, che sono state incubate con gliadina di grano, ed esaminate successivamente per attivazione linfocitaria ed infiltrazione tissutale.

Immediatamente, la mucosa è stata infiltrata da linfociti CD3+ e CD25+, mentre la lamina propria con linfociti CD25+ e CD80+. La gliadina-alfa ha permesso l’espressione degli HLA-DR e di molecole di adesione per le stesse cellule immunitarie. Infine, linfociti T integrina-positivi sono stati recuperati dalle cellule pancreatiche di pazienti con DM1, fornendo un diretto legame tra cellule T attivate dalla gliadina e distruzione delle cellule beta. Quindi il meccanismo lesivo cellulare del glutine sembra essere primariamente indiretto (linfocitario e/o anticorpale). Proprio l’anno scorso, infatti, è stato confermato da studi pilota che una dieta priva di glutine provoca ingrandimento delle cellule beta, migliorando le loro funzioni metaboliche ed energetiche principali. Dopo che bambini neo-diagnosticati con DM1 hanno seguito una dieta gluten-free per 12 mesi, i bambini hanno mostrato una più bassa escrezione urinaria di citochine infiammatorie (diverse interleuchine, MIP-1 e TNF-alfa), una migliore possibilità di gestire l’emoglobina glicata (HbA1c) per sé, e quella dipendente dalla terapia insulinica (IDAA1c).

Una ulteriore correlazione fra glutine e diabete è la comparsa di IgA dirette contro la transglutaminasi tissutale (TGasi-2), in certi sottogruppi (45%) di pazienti affetti da DM1. La TGasi-2 è il principale auto-antigene nel morbo celiaco e la presenza degli stessi anticorpi anche nei pazienti con DM1, rafforza l’ipotesi che una reazione infiammatoria intestinale innescata dal glutine possa avere due effetti. In prima battuta, esercitare effetto tossico sulle cellule beta attraverso un attacco diretto da parte dei linfociti T attivati; le citochine prodotte le porterebbero prima ad atrofia e poi a morte. In secondo piano, permettere il passaggio in circolo di peptidi del glutine, che potrebbero avere un effetto tossico diretto sulle cellule beta, interferendo con la produzione di insulina. Accertato questo, la strategia vincente di prevenzione sarebbe adottare una dieta a bassissimo contenuto di glutine dall’età neonatale fino all’età matura. Si comprende bene che questo può costituire un problema a più livelli.

Motivi culturali, riluttanza a seguire una simile strategia da parte dei genitori o altri fattori personali, possono contribuire alla non accettazione della stessa. Eppure l’adozione di una dieta prevalentemente gluten-free (eccezioni periodiche ovviamente concesse), potrebbe risultare di giovamento per ritardare la comparsa della patologia. In caso di accettazione, l’educazione continua del bambino sarebbe d’obbligo da parte dei genitori. Il glutine trova difficoltà per la sua digestione completa, da parte del nostro corredo enzimatico intestinale. Ciò vale a dire che la produzione di frammenti proteici (peptidi o polipeptidi) derivati dalla digestione delle sue proteine, è praticamente costante in tutti gli individui. Questo deriva dalla struttura stessa delle gliadine e delle glutenine del grano, la cui composizione è ricca di glutammina (Q) ma soprattutto di prolina (P). Se la prima determina la composizione e la reattività dei siti antigenici, la seconda contribuisce in due modi: mantiene le glutammine nella posizione antigenica giusta, ma soprattutto determina la resistenza all’attacco degli enzimi digestivi.

 Una modalità con cui scavalcare il problema potrebbe essere quella di assumere periodicamente o ciclicamente preparazioni a base di probiotici o fermenti lattici. I Lattobacilli, infatti, sono naturalmente possessori di endo-prolidasi, un gruppo di enzimi che riescono a tagliare i legami peptidici proprio a ridosso dei residui di prolina. Nel caso del glutine, questo comporta una perdita di almeno l‟80% della sua antigenicità. Sull’esempio portato prima, introdurre periodicamente fermenti lattici nella propria dieta, potrebbe rappresentare una modalità sicuramente più economica del seguire una dieta con prodotti senza glutine, ma soprattutto più accettata. Esistono in commercio decine di formulazioni a base di fermenti lattici, che vengono indicate generalmente per il mantenimento della salute intestinale. In caso di accertamento positivo della presenza di HLA diabetogenici nel proprio corredo antigenico, invece, la loro assunzione segue un razionale mirato a contrastare uno dei fattori di rischio accertati, cioè il glutine alimentare che nel tempo può innescare fenomeni autoimmunitari.

Non è corretto assumere preparazioni mono-ceppo (es. solo Lactobacillus casei o solo L. reuteri, solo L. acidophilus, ecc.) poiché si rischierebbe di creare una flora batterica prevalente, a scapito di altri membri. Le preparazioni complesse (>3-4 ceppi) sono le migliori, sia per evitare squilibri di colonizzazione intestinale e garantire più ceppi che elaborano endoprolidasi per degradare il glutine. Si accenna, per finire, alle sempre maggiori evidenze che la presenza di frammenti di glutine nel plasma sanguigno possano alterare le funzioni della tiroide. Una prima evidenza della presenza di anticorpi anti-endomisio (come nella celiachia) in pazienti con tiroidite di Graves fu notato agli inizi del ventunesimo secolo. Ma la comparsa di problemi tiroidei autoimmunitari nei pazienti affetti da celiachia è un fenomeno rilevato già alla fine degli anni ’70, e confermato più recentemente (Ventura A et al., 2000; Toscano V et al., 2000). Tuttavia, si riteneva che la malattia celiaca in cronico potesse portate a carenze di iodio e, quindi, ad ipotiroidismo secondario lasciando nel buio la causa della comparsa di tiroidite autoimmune.

Nel 2002, un piccolo gruppo d pazienti con tiroidite di Hashimoto non affetti da celiachia, è stato analizzato per markers sierologici ed intestinali di sensibilità al glutine (Valentino R et al., 2002). Nel 43% dei casi vi erano segni istologici (infiltrazione linfocitaria) di lesione della mucosa nell’intestino tenue, con espressione di antigeni HLA-DR sui villi intestinali. La presenza di anticorpi anti-gliadina nelle tireopatie autoimmuni è stata confermata subito dopo (Akçay MN et al. 2003). Meta-analisi recentissime hanno trovato inequivocabilmente un’aumentata incidenza di malattie autoimmuni tiroidee in pazienti celiaci e, viceversa, comparsa di intolleranze al glutine in pazienti già affetti da autoimmunità tiroidee. Non vi sono ancora conferme definitive se sia la celiachia, o una enteropatia da glutine latente, a scatenare una reazione autoimmune verso la tiroide; oppure che il glutine possa col tempo causare la comparsa di tiroiditi autoimmuni. Come sempre, solo i dati concreti sono giudici ultimi.

  • a cura del Dr Gianfrancesco Cormaci, medico specialista in Biochimica Clinica.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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