A parte i grassi insaturi e gli acidi nucleici, le proteine sono tra i bersagli più immediati dello stress ossidativo ad opera dei radicali liberi (ROS). Che la loro produzione sia generalizzata o localizzata, i ROS provocano delle modifiche a carico delle proteine cellulari. Molto spesso rendono le proteine inutilizzabile se, per esempio, possiedono una funzione enzimatica. La stragrande maggioranza delle modifiche a carico delle proteine riguarda l’ossidazione di residui di cisteina libera, che genera ponti zolfo (S-S). Fortunatamente, questo è un fenomeno reversibile che può essere risolto da enzimi, e di per sé è utilizzato in numerose risposte biologiche. Ma se l’intensità dello stress ossidativo è superiore alla media, si possono instaurare modifiche a carico delle proteine che ne compromettono la funzione in modo decisivo, sia essa strutturale o enzimatica. I fenomeni ossidativi irreversibili a carico delle proteine sono la carbonilazione, la S-ossidazione, l’alchilazione e la formazione di legami crociati.
Il tasso di carbonilazione proteica nell’organismo è ormai direttamente misurabile attraverso esami specifici, dai quali si ricava il grado di stress ossidativo dell’intero organismo (Levine RL et al., 1994; 2000). In molte strutture mediche del territorio nazionale, infatti, oggi è possibile eseguire tests di “diagnosi cellulare” e dosare tutti i markers di stress ossidativo (ossi-lipidi, cataboliti, tossine, ecc.), per intervenire successivamente tramite una “medicina personalizzata”. La determinazione del tasso di carbonilazione proteica è uno strumento diagnostico della Medicina Anti-Aging, una branca della Medicina Molecolare. Dopo l’analisi completa di metabolismo, ormoni sanguigni, stile di vita e marker di stress ossidativo, questa branca seleziona quale nutrizione seguire ed i tipi di alimenti antiossidanti da preferire a tavola. Per maggiori dettagli si può consultare l’articolo “Medicina Anti-Aging: il benessere diventa personalizzato”, nell’archivio di questo sito.
Non si parla solo di polifenoli, vitamine e minerali antiossidanti, ma anche di amminoacidi. Spostare la tendenza verso uno dei nutrienti (grassi, proteine, vitamine, zuccheri) a sfavore degli altri, nel lungo termine si può tradurre in un vero e proprio sbilanciamento. Ad esempio, una dieta prevalentemente zuccherina, a sfavore dell’assunzione di proteine, può preparare il terreno allo stress ossidativo in almeno due modi. Primo, un eccessivo introito di glucosio incrementa il metabolismo ossidativo, generando più ROS attraverso la respirazione cellulare. Secondo, non introducendo proteine a sufficienza, non si supplisce per quegli amminoacidi essenziali che l’uomo non sa sintetizzare, e dai quali possono derivare molecole protettive. Come esempio molto pratico, dalla fenilalanina deriva il DOPA che oltre ad essere il diretto precursore della dopamina, è il mattone della melanina. A parte conferire colorazione a pelle, capelli ed altri annessi, la melanina funge da barriera naturale della pelle contro i raggi ultravioletti, che possono causare lesioni al DNA sia direttamente, che tramite radicali liberi. Quindi, l’assunzione di proteine deve essere proporzionale a tutti gli altri nutrienti, per garantire la sintesi di altre sostanze che possono risultare protettive a livello dei tessuti.
L’istidina è un aminoacido essenziale che da sempre ha mostrato particolari proprietà ossido-riduttive. La sua presenza è spesso richiesta nel sito catalitico di enzimi che usano ferro o zinco come cofattori. Inizialmente si notò che l’istidina libera era capace di chelare ioni come lo zinco, il rame ed il nichel. Questo portò a pensare che fosse antiossidante perché impediva le reazioni metallo-dipendenti. Di seguito si è appurato che essa neutralizza direttamente il radicale ossigeno singoletto (O2¹) e l’ossigeno atomico o nascente (O:). Queste due specie reattive poco frequenti aumentano drammaticamente nell’organismo per azione dei raggi ultravioletti e delle infezioni batteriche. In questo caso, perciò, rilevare istidina ossidata nelle proteine modificate (saggio non ancora disponibile) potrebbe fungere da marker con significato protettivo in atto da parte del sistema biologico.
La citrullina è un aminoacido che entra a far parte del ciclo dell’urea. La sua presenza nelle proteine è molto rara: la si può ritrovare soltanto nella proteina basale della mielina nervosa (MBP) e in poche proteine del materiale genetico. Un elevato tasso di citrullina proteica, per contro, è stato rinvenuto nelle infiammazioni croniche associate a malattie autoimmuni, come l’artrite reumatoide. Gli anticorpi anti-citrullina (ACPA) rilevano proteine citrullinate nella sinovia dei pazienti cpon artrite reumatoide. I tests per la rilevazione di anticorpi anti-citrullina dimostrano un’accuratezza media del 90% nella diagnosi di artrite reumatoide, e sono recentemente stati approvati. Anticorpi anti-citrullina si ritrovano anche in altre situazioni patologiche con forte componente ossidativa, come la sclerosi multipla, la malattia di Alzheimer e la psoriasi. Dunque, nel caso della citrullina, lo stress ossidativo cellulare fa diventare le proteine modificate bersaglio dei marker per diagnosi.
Emerge nella diagnostica medica il ruolo della metionina, amminoacido essenziale che controlla anche alcuni aspetti del metabolismo dei lipidi e degli acidi nucleici. Non è conosciuta alcuna sua funzione antiossidante diretta al momento e, a parte delle eccezioni, essa non ha un ruolo catalitico negli enzimi. Ma la metionina nelle proteine sottoposte a stress ossidativo diventa metionina-sulfossido (Met-SO), che è riconoscibile come marker di danno ossidativo. Essa diventa dosabile nelle broncopatie croniche ostruttive (BPCO) da tabagismo, nella deficienza congenita di alfa-1-antitripsina e nelle sindromi trombotiche. Il fattore di von Willebrand e la apo-lipoproteina A1 sono due tra le proteine vascolari che possono subire ossidazione su residui di metionina. Perciò, in forma ossidata, il loro dosaggio plasmatico può rappresentare um marker di lesione ossidativa in queste condizioni. La presenza di metionina proteica ossidata è stata ritrovata, infine, anche nel plasma di soggetti con sindrome di Alzheimer dovuta a mutazioni familiari per il beta-amiloide.
La tirosina è un aminoacido che deriva dalla fenilalanina e serve alla sintesi di celebri neurotrasmettitori come adrenalina e dopamina. A livello delle proteine, la tirosina si ritrova anche nel sito catalitico di alcuni enzimi. Ma la biologia molecolare ha scoperto da quasi un decennio che due residui di tirosina sulla stessa proteina, o su due proteine diverse, possono legarsi stabilmente sotto l’effetto dei ROS. Origina così il ponte ditirosinico, un legame crociato irreversibile che impedisce il corretto funzionamento della proteina colpita. La sua formazione sembra essere una costante nel morbo di Parkinson, a carico della proteina sinucleina-alfa. Questa, per effetto dello stress ossidativo nelle cellule della sostanza nera cerebrale, subisce drammatiche modifiche nella sua forma, il che provoca la sua aggregazione cellulare visibile al microscopio (corpi di Lewy). Ponti ditirosinici sono stati anche evidenziati a carico dell’albumina plasmatica, in pazienti affetti da insufficienza renale cronica in stadio finale e, in maggior misura, dopo trattamento dialitico (Colombo G et al., 2017).
Ma la tirosina, sfortunatamente, pare essere bersaglio parallelo dei radicali liberi dell’azoto (RNS) prodotti durante le infiammazioni croniche. Queste comprendono condizioni di autoimmunità come artrite reumatoide, spondilite anchilosante e sclerosi multipla. Recentemente, in queste patologie sono stati trovati residui di nitro-tirosina (YNO2) negli istoni, proteine responsabili del mantenimento del nostro materiale genetico (si consulti la letteratura di fine articolo). Ma residui di nitro-tirosina proteica sono stati provati comparire anche in malattie come l’anemia falciforme, enfisema polmonare da polveri, cirrosi epatica silente, aterosclerosi e fibrillazione atriale cronica. Particolare interesse è stato focalizzato sul riscontro di proteine modificate a carico delle lesioni ateromasiche mature. Fibrinogeno, apolipoproteina A-1 e apolipoproteina B100 sono identificati come i maggiori bersagli delle specie RNS nelle lesioni aterosclerotiche, ed anche nel plasma sanguigno.
Sono correntemente disponibili anticorpi per rilevare marker proteici ossidati su specifici aminoacidi. Ciò permetterà di sviluppare tests sempre più raffinati e precisi per una precocità diagnostica sempre maggiore carico di malattie molto invalidanti.
- a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
Gryszczyńska B et al. Biomed Res Int. 2017; 2017:4975264.
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