L’obesità è un fattore predisponente per svariati disturbi organici, come le cardiovasculopatie, il diabete, le apnee notturne e osteoartrosi all’anca ed al ginocchio. Riguardo proprio a quest’ultimo problema, le persone obese che si sottopongono a chirurgia articolazioni (protesi), presentano maggiori probabilità nel tempo di andare incontro a disabilità. È quanto hanno evidenziato in uno studio pubblicato sul British Journal of Anaesthesia, Timothy Gaulton il suo team di ricerca, alla Perelman School of Medicine della Pennsylvania University Il gruppo ha studiato 2.519 adulti ultrasessantenni, che erano stati sottoposti a intervento a livello delle articolazioni per sequele di artrite. Circa i due terzi dei pazienti, di cui il 45% era obeso al momento dell’operazione, avevano subìto un intervento di sostituzione articolare.
Lo studio ha previsto che si chiedesse ai pazienti se avessero problemi fisici, mentali, emotivi o di memoria che influenzavano le loro attività quotidiane, come mangiare, alzarsi dal divano o dal letto o essere aiutati nell’igiene personale. La necessità di aiuto in una di queste attività è stata considerata dai ricercatori come una disabilità. Circa il 22% dei partecipanti ha segnalato una dipendenza o un peggioramento della dipendenza circa due anni dopo l’intervento chirurgico; la percentuale rappresentava 1 paziente su 4 fra quelli obesi e 1 su 5 tra i non obesi. I ricercatori hanno inoltre calcolato che i pazienti obesi avrebbero avuto un rischio di disabilità del 35% maggiore dopo l’intervento, rispetto ai pazienti normopeso.
L’autore dello studio spiega le implicazioni dello studio: “Per un paziente sovrappeso che deve scegliere se sottoporsi o meno a sostituzione di protesi, è importante sapere che, in alcune circostanze, si espone a un rischio maggiore di andare incontro a peggioramento dopo la chirurgia”. Questo elemento deve essere considerato sia dal paziente che dal chirurgo. Non siamo rimasti tanto sorpresi della correlazione, quanto dall’alta percentuale di pazienti con alto tasso di disabilità dopo l’intervento, confermando le previsioni stimate del 35% di probabile disabilità conseguente. “Non sappiamo ancora se ci sono fattori esterni, o legati ai pazienti, che possono influenzare questa tendenza”, continua il dottor Gaulton; “abbiamo bisogno di maggiori dati per capire cosa metta il paziente a rischio di sviluppare la disabilità”.
Se si entra nel merito della discussione, le ultime stime del 2017 hanno rivelato che in Italia gli interventi di artroprotesi al ginocchio si sono raddoppiati, mentre quelli alla spalla sono aumentati di cinque volte. Altre tipologie di sostituzione protesica (anca, omero) hanno subìto un aumento di circa due volte. Togliendo le cause traumatiche (incidenti stradali, infortuni sul lavoro o accidentali), una buona fetta di sostituzione artroprotesica è da imputare a cause miste come osteoartrosi primitiva, necrosi asettiche della testa del femore, erosione della cartilagine tibiale, ecc. Molto spesso, dietro questi problemi c’è una severa o grande obesità. Con i numeri clinici che non faranno altro che crescere, è probabile che si assisterà sempre più alla comparsa di disabilità anche dopo la loro correzione chirurgica.
- a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Bibliografia scientifica
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