Il Cardo mariano (Silybum marianum) è una specie erbacea appartenente alla famiglia delle Asteraceae, che può raggiungere 1-2 metri di altezza ed è caratterizzata da foglie alterne di colore verde brillante, chiazzate di bianco lungo le nervature, e provviste di spine gialle sui lobi. I fiori sono riuniti in infiorescenze a capolino, di un bel colore viola. Il Cardo mariano è nativo dell’Europa meridionale, dell’Asia minore e del Nordafrica; in Italia è presente su tutto il territorio, ad eccezione del Friuli, di gran parte della Pianura Padana e delle Alpi. E’ invece comunissimo nell’Italia meridionale, prediligendo un clima soleggiato con terreni asciutti e e spesso cresce spontanea sui bordi delle strade, sui ruderi e nelle siepi. Attualmente il Silybum marianum viene coltivato per la produzione dei frutti in Africa settentrionale, Argentina, Romania, Ungheria e Cina. Il Silybum marianum era conosciuto fin dall’antichità per il suo utilizzo alimentare, e per il suo impiego nella medicina popolare per le sue proprietà protettive per fegato e milza, per curare i problemi ginecologici e come antimalarico.
Il frutto maturo di Silybum marianum privo di pappo, viene utilizzato da secoli come rimedio tradizionale nelle malattie del fegato. Questo grazie alla silimarina, un complesso fitoterapico costituito quasi esclusivamente da un tipo di polifenoli chiamati etero-lignani. Il rappresentante maggiore del complesso è la silibinina (almeno 60%), con minori percentuali di silicristina, silibine, silidianine, ed altri composti. Silimarina e silibilina esercitano attività antiossidante in vitro reagendo con radicali liberi dell’ossigeno (ROS) a livello di piastrine, fibroblasti, e cellule epatiche. In queste ultime si comportano anche da antiossidanti indirette, per la capacità del fitocomplesso di inibire il citocromo P450, il nostro principale sistema per l’eliminazione dei farmaci. La silimarina, infine, è attiva contro la perossidazione lipidica indotta dallo stress ossidativo su globuli rossi del sangue umano, stabilizzando la struttura della loro membrana cellulare.
Agli inizi di questo secolo, la ricerca è riuscita a provare che la silimarina ha effetto anche sul sistema ormonale maschile (testosterone e suo recettore), come il recettore AR-alfa e la 5-alfa-reduttasi. Questo enzima è lo stesso bersaglio dei farmaci usati per trattare l’ipertrofia prostatica benigna legata all’età: ebbene la silibinina ha anch’essa effetto bloccante su questo enzima e sul recettore per il testosterone. A cavallo fra gli anni Novanta e Duemila un gruppo di ricerca indiano, condotto dal professor Agarwal, aveva già sospettato questa proprietà ed ha investigato sulle azioni della silimarina e del suo ingrediente principale, la silibinina, su vari tipi di tumore. Ha lavorato prima sui ratti di laboratorio, poi su colture di cellule tumorali umane ed infine su alcuni soggetti oncologici. I suoi studi dimostrano che l’estratto di cardi mariano e/o la silibinina sono efficaci nell’uccidere cellule tumorali derivate da carcinoma prostatico, mammario, del colon, dell’ovaio e del polmone. Non è un dato da sottovalutare; queste sono cinque fra le più diffuse e letali patologie tumorali.
Concretamente, perciò, esisterebbero potenziali effetti terapeutici del cardo mariano nei pazienti oncologici e potenziali indicazioni come terapia di supporto, sia come agente anti-cancerogeno che lenitivo sugli effetti collaterali delle chemioterapia. La prova dei suoi effetti e della sua sicurezza e le possibili interazioni con altri trattamenti contro il cancro, sono enfatizzati anche da diversi studi più recenti. La maggior parte di questi sembra provare oltre ogni dubbio che la silimarina potenzia l’azione antitumorale di farmaci già correntemente in uso per la chemio. I risultati disponibili sono supportati principalmente da studi in vitro e risultati della ricerca sugli animali. Il numero di studi clinici su pazienti oncologici è ancora povero di dati, ma sta aumentando di anno in anno. Sulla base dei risultati di questi studi, il cardo mariano o la silimarina potrebbero essere utili nei pazienti oncologici, in particolare per il trattamento degli effetti collaterali dei chemioterapici antitumorali. Prove da studi clinici dimostrano che l’estratto, a dosi comprese fra 160-600 mg al giorno, ha principalmente effetti benefici nella tossicità sul fegato, sulla pelle e sulle mucose indotta dalla radioterapia. Le più recenti recensioni dell’anno scorso sono tutte concordi sui dati.
Non resta che augurare buon lavoro agli esperti e attendere l’ennesimo aiuto concesso da Madre Natura.
- a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, Medico specialista in Biochimica Clinica.
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