Negli Stati Uniti la malattia di Alzheimer colpisce circa 5 milioni di persone, e almeno un milione fra questi riconosce come causa la produzione esagerata della famosa proteina beta-amiloide. L’Alzheimer è caratterizzato da lesioni neurologiche derivate dall’accumulo di questa proteina nelle cellule cerebrali, a formare strutture chiamate “placche amiloidee”. Dentro le cellule, queste placche ingolfano lentamente i neuroni facendoli morire, ma all’esterno interrompono la comunicazione fra neurone e neurone. Per anni, gli scienziati hanno cercato di capire il funzionamento del beta-amiloide e di sviluppare farmaci che impedissero la sua aggregazione in placche. Ci sono stati anche trials clinici ma quasi tutti sono stati senza successo.
Adesso, dei ricercatori del Sanford Burnham Prebys Medical Research Institute, in California, guidati dal professor Huaxi Xu, potrebbero offre una nuova strategia per fermare questa esagerata produzione di beta-amiloide. Il Prof. Xu ed il suo team hanno studiato un recettore che si trova in una sottospecie di cellule immunitarie del cervello, chiamate microglìa, eseguendo due esperimenti indipendenti. Il recettore si chiama TREM2 ed I ricercatori sanno da un pò di tempo che mutazioni di questa proteina possono aumentare significativamente il rischio di sviluppare l’Alzheimer. Ma il lavoro del Prof. Xu descrive adesso come TREM2 lavora per proteggere il cervello dall’amiloide beta. Il primo set di esperimenti ha provato che il beta-amiloide si lega proprio al TREM2, innescando dei segnali a catena cellulari che culminano nel rallentamento della progressione della malattia.
Di seguito il recettore “istruisce” le cellule della microglìa a cominciare a metabolizzare” il beta-amiloide per disfarsene. In aggiunta, il TREM2 può legare anche gli aggregati di beta-amiloide (oligomeri), delle forme molecolari che hanno ricevuto ultimamente molta attenzione per la loro probabile associazione con la progressione della malattia. Il TREM2 è essenziale per le cellule della microglia, poiché fra i suoi segnali ve ne sono alcuni di tipo ionico (elettrico), che servono proprio ad attivare le cellule in senso metabolico ed immunitario. Col secondo set di esperimenti fatti in vivo, invece, il team ha evidenziato che se le microglia esprime più TREM2, i topi hanno meno sintomi di tipo Alzheimer. Nello specifico, dopo aver modificato geneticamente dei topi per fargli sviluppare una forma aggressiva della malattia, hanno aggiunto geneticamente anche il TREM2.
Ebbene, i topi con Alzheimer aggressivo hanno cominciato a convergere verso una forma “clinica” molto più lenta. Già nel 2016 un altro gruppo di ricercatori aveva provato che TREM2 poteva legare le apo-lipoproteina E e J (ApoE – ApoJ), correlate alle vasculopatie, stimolando la microglìa a fagocitare il beta-amiloide per degradarlo. Questo conferma la correlazione fra profilo sanguigno delle lipoproteine e malattia simil-Alzheimer causata da vasculopatie cerebrali. L’obiettivo successivo del gruppo sarà quello di chiarire quali sono le vie cellulari attivate del recettore, che si potrebbero poi manipolare per massimizzare l’effetto del TREM2. Ancora meglio, se il team riuscirà a sviluppare una molecola che si lega al TREM2 meglio del beta-amiloide, potrebbe aprire la strada verso un trattamento farmacologico diverso da quelli che finora hanno fallito nello scopo.
- a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, Medico specialista in Biochimica Clinica.
Referenze specifiche
Zhao Y et al., Xu H. Neuron. 2018 Mar 7; 97(5):1023-1031.
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