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Riabilitazione: un approccio multidisciplinare tra fisioterapia, farmaci e nutrizione

La riabilitazione rappresenta l’atto finale del programma chirurgico, essendo una fase fondamentale che guida il paziente a riacquistare la propria autonomia, per riprendere al meglio le attività lavorative e/o quotidiane. L’evoluzione delle tecniche chirurgiche ha certamente velocizzato i tempi di recupero funzionale. Non per questo, però, bisogna sottovalutare l‘iter terapeutico post-chirurgico, poiché non eseguendo un’adeguata riabilitazione si riscontrano complicanze, si rischia di allungare i tempi di recupero e la loro qualità. In sintesi, nessun intervento chirurgico è ottimo se non è seguito da un’ottima riabilitazione. E’ chiaro che gli interventi spaziano dalla protesi ‘d’anca a quella di ginocchio, alla sintesi di una frattura di femore, alla frattura di spalla, fino ai crolli vertebrali. Qualunque intervento chirurgico a carico di ossa, muscoli, tendini e nervi necessita di una fase di riabilitazione più o meno lunga.

Ci si riferisce alle protesi articolari, alla stabilizzazione di fratture ossee o lussazioni articolari, alla liberazione di nervi periferici “intrappolati” come nella sindrome del tunnel carpale. Ma anche alle ricostruzioni di legamenti crociati del ginocchio, a ricostruzioni tendinee ed agli interventi alla colonna vertebrale. Secondo recenti studi scientifici la riabilitazione va iniziata il prima possibile, rispettando le indicazioni del chirurgo ortopedico che, come tale, ha una visione “anatomica” della parte trattata. Quando possibile, il trattamento riabilitativo si può eseguire anche prima dell’intervento come fase preparatoria. Il paziente può quindi contattare il centro di riabilitazione prima dell’intervento, per prenotare una visita fisiatrica. Il medico specialista (Fisiatra) farà un’analisi globale del paziente impostando un progetto riabilitativo individuale con adeguato programma postumo che sarà svolto dal fisioterapista.

Uno dei primi obiettivi della riabilitazione è recuperare il più possibile la libertà di movimento delle articolazioni e riportare tutto il sistema muscolare ad una ottima funzionalità, con esercizi di controllo attivo del movimento, equilibrio, propriocezione. Ciò può ottenersi tramite varie tecniche di terapia manuale ed eventualmente associando delle terapie fisiche. I tempi della riabilitazione non possono essere standardizzati esclusivamente in base al tipo di intervento eseguito. Vi sono molti parametri da considerare per ogni patologia. La durata del trattamento, inoltre, dipende dal grado di miglioramento obiettivo ottenuto durante la riabilitazione.

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Una particolare attenzione va riservata alla riabilitazione del paziente reumatologico. L’artrosi primitiva è fra le patologie più facilmente riscontrabili fra gli ultrasessantenni ed è anche una fra le maggiori cause di sostituzione protesica in regioni come l’anca o il ginocchio. Escludendo le lesioni di tipo traumatico (es. incidenti, cadute), la sostituzione protesica di ginocchio ed anca è diventata frequente anche per ragioni di tipo degenerativo, a causa di fattori come obesità e tabagismo, per menzionare quelli più classicamente associati. Nel caso di artrosi d’anca sembra che possano concorrere un’anamnesi di lussazione congenita e pregresse infezioni giovanili. La spondilite anchilosante è un’altra patologia degenerativa osteoarticolare, decisamente più grave della regolare artrosi, che affligge la colonna vertebrale.

La terapia fisica, l’uso di tutori e la terapia farmacologica non hanno finora dimostrato di poter significativamente prevenire l’irrigidimento vertebrale. L’unica precauzione che a livello medico può essere attuata, è quella di prevenzione del danno in senso flessorio, preferendone uno in senso estensorio. Questo può essere ottenuto con l’uso di materassi rigidi per il sonno notturno, e raccomandando al paziente di tenere una postura la più eretta possibile, magari con l’ausilio di un corsetto. Altra grave condizione reumatologica che necessiterebbe di un programma riabilitativo costante è l’artrite reumatoide. Escludendo la terapia farmacologica ed antalgica, la lotta alla prevenzione delle deformità è una componente sulla quale insistere, poiché responsabile dell’intera qualità di vita del paziente.

L’uso di tutori, la manipolazione articolare gentile e costante, esercizi muscolari atti a prevenire la lassità muscolare e l’applicazione di calore umido, possono tutti risultare di giovamento. E’ stato provato che i pazienti con artrite reumatoide e simultaneo quadro psicologico pessimistico, hanno una maggiore probabilità di aggravamento generalizzato e propensione a sviluppare deformità. Ecco perché, secondo le visioni più recenti, un “counseling” psicologico può risultare utile alla migliore gestione degli aspetti emotivi di questa patologia così invalidante. Tale intervento è ancora più giustificato in caso di allettamento per frattura, una condizione che porta molto spesso all’abbattimento psicologico nei pazienti più anziani.

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La terapia riabilitativa con mezzi fisici comprende classicamente gli la magnetoterapia, la TENS e gli ultrasuoni. La magnetoterapia dovrebbe ricevere maggiori attenzioni e incentivi, dato che rappresenta una forma di stimolazione cellulare priva di effetti collaterali, ma con azioni lente e cumulative. L’applicazione di campi magnetici controllati, stimola primariamente le funzioni degli ioni cellulari, e può influenzare una maggiore ossigenazione dei tessuti condizionando l’afflusso di globuli rossi (il ferro dell’emoglobina). Gli ultrasuoni, invece, si avvalgono di stimolazioni a frequenze molto alte che producono due effetti: uno meccanico pulsante (micro-massaggio) ed uno termico (riscaldamento localizzato). Sommandosi, queste due azioni facilitano l’afflusso di sangue, l’ossigenazione e gli scambi cellulari. La TENS è una tecnica medica complementare, che sfrutta correnti a bassa intensità per antagonizzare gli stimoli propriocettivi ed alleviare il dolore. Viene usata sempre meno, perché ha una bassa efficacia ed i suoi benefici sono di scarsa durata.

La terapia del dolore è soggettiva, tenendo conto della soglia del dolore tipica di ogni individuo. Generalmente si avvale dei classici farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS) e del paracetamolo. E’ molto raro ricorrere a cortisonici o morfino-simili, mentre in caso di dolore neuropatico possono essere utilizzati antidolorifici appositi (es. tramadolo). Le mono-infiltrazioni di cortisonico localizzate nell’articolazione colpita, sono indicate in casi particolari e soprattutto in soggetti giovani adulti con uno stile di vita non sedentario. L’abuso di FANS è sconsigliato, secondo gli ultimi dati della letteratura scientifica, pechè questi farmaci possono danneggiare le cartilagini durante una terapia cronica. In caso di documentata lesione cartilaginea (es. erosioni, calcificazioni), specialmente se il soggetto operato è ancora relativamente giovane (50-60 anni), è utile introdurre cicli di integratori alimentari ad azione protettiva sulle cellule della cartilagine. Sono disponibili formulazioni a base di glucosammina, condroitinsolfato, con minerali, antiossidanti, vitamine ed eventualmente antidolorifici naturali (Artiglio del diavolo, Ulmaria, Boswellia).

Qualora si appuri la presenza di una sofferenza neuropatica possono essere prescritti cicli di integratori ad azione neurotrofica. Classicamente, si ricorre all’acetil-carnitina ed all’acido lipoico, due fattori vitamino-simili che il nostro organismo produce regolarmente, ma la cui azione protettiva sulle strutture nervose è sfruttata a dosaggi terapeutici. L’acetil-carnitina serve alla sintesi di proteine protettive del nervo, oltre a migliorare la stabilità delle membrane nervose. L’acido lipoico, invece, oltre ad essere un potente regolatore del metabolismo cellulare, è anche un antiossidante diretto molto efficace. Lo si impiega, in aggiunta, nella cura delle neuropatie su base diabetica. Gli antiossidanti non hanno un ruolo marginale nel contesto della riabilitazione, poichè infiammazione, edema e trauma cellulari sono situazioni associate allo stress ossidativo. Sono altresì prescrivibili, a discrezione del medico curante o dello specialista, complessi di vitamine B che possono avere un effetto trofico sulle strutture nervose sofferenti e attenuare, possibilmente la sintomatologia dolorosa.

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E l’alimentazione? Come può contribuire al recupero riabilitativo?

Questo dipende dal tipo di trauma cui si è andato incontro. In caso di fratture, è ovvio che un buon apporto di minerali come calcio, fosforo, magnesio può servire primariamente alla ricostruzione della lesione ossea. Ma non si deve dimenticare che il calcio ed il magnesio servono anche alla contrazione muscolare, che con l’immobilizzazione viene menomata, portando a debolezza (ipostenia). Un minerale che viene spesso sottovalutato nell’integrazione reumatologica è il silicio. Non è un’assurdità menzionare questo elemento nell’ambito del corpo umano: esso è naturalmente presente nelle ossa, nelle cartilagini, nei tendini e nelle strutture elastiche dei grossi vasi. Come ioni silicato organico è presente nelle proteine articolari e serve alla loro stabilizzazione e resistenza. Ricchi di silicio organico sono il riso integrale, la soia, le verdure a foglia larga, le cipolle e le bietole.

Due piante molto ricche di silicio sono l’ortica e l’equiseto: servono infatti alla preparazione di integratori alimentari a base di questo minerale. In parallelo, l’introito di proteine non va trascurato, per impedire che l’immobilizzazione causi perdita spinta di massa muscolare. In situazioni che interessano fasce, legamenti e tendini, l’apporto di proteine serve alla ricostruzione della struttura danneggiata. Dato che queste strutture contengono polisaccaridi specifici, una loro migliore ricostruzione si otterrebbe con l’assunzione di integratori a base di glucosammina, proteoglicano e collagene. L’accesso a formulazioni commerciali apposite è vario quanto vasto. L’utilizzo di supplementi di vitamina D o suoi precursori/derivati non è auspicabile nelle comuni situazioni ortopediche, specie a carico dei soggetti giovani. Essi possono giovare a pazienti più anziani, a quelli con osteoporosi importante e con artrite reumatoide, per via del suo effetto immuno-modulante.

Il consumo di frutta ricca di vitamina C è raccomandato per una semplice ragione: questa vitamina serve da cofattore per la maturazione del collagene, costituente proteico sia delle ossa che delle strutture elastiche. Si consigliano a tal riguardo, kiwi, fragole, papaya, mirtilli rossi e ribes. Qualunque sia il trauma fisico che si è subito, la sua gravità e la regione del corpo che è rimasta danneggiata, il recupero della giusta mobilità è un requisito basilare di ogni riabilitazione. Ma i farmaci non sono tutto: servono la giusta terapia fisica, il giusto riposo, la giusta analgesia fino alla giusta alimentazione. Una palese dimostrazione del proverbio “l’unione fa la forza”.

  • a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Klausen HH et al. Mech Ageing Dev. 2017; 164:67-75.

Bartholdy C et al. Semin Arthritis Rheum. 2017 Mar 18.

Nikolaidou O et al. Open Orthop J 2017; 11:154-162.

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Zwolińska J et al. Reumatologia. 2016; 54(4):201-206.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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