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Noduli polmonari: arriva lo screening per evitare la biopsia

Dati recenti indicano che attualmente, negli Stati Uniti, vengono rilevati circa 1,6 milioni di noduli polmonari all’anno che richiedono ulteriori test per accertare se siano maligni. Le biopsie sono invasive e spesso gli operatori sanitari consigliano soluzioni ancora più invasive, come la chirurgia, per rimuovere i noduli e i dubbi del paziente. Per tali organi sensibili e fragili come i polmoni, tuttavia, un metodo invasivo comporta una serie di rischi che possono potenzialmente peggiorare le cose. Il dott. Gerard Silvestri, della Medical University of South Carolina di Charleston, ha condotto uno studio per esplorare un metodo non invasivo per determinare se i noduli polmonari siano benigni o maligni. Spiega perché questa ricerca è importante. “Pensate al polmone come a una bottiglia da 2 litri di soda e al nodulo come a un pisello al centro di esso”, osserva il Dr. Silvestri. “Durante una biopsia, ad esempio, il polmone potrebbe collassare e necessitare di un tubo per espanderlo”, spiega.

Questo è il motivo per cui lui e un gruppo di ricercatori hanno esplorato i pregi di un esame del sangue incentrato sulla presenza di markers che indicherebbero quanto sia probabile che i noduli rilevati siano maligni. I risultati delle loro ricerche sono stati pubblicati sulla rivista Chest. Il Dr. Silvestri e la ricerca del team fanno parte dello Studio Proteomico Plasmatico del Nodulo, che gli autori dello studio chiamano “uno studio prospettico, multicentrico, osservazionale”. Esso ha lo scopo di valutare retrospettivamente l’efficaca di un esame del sangue appositamente progettato che può valutare due proteine ​​marker e cinque fattori di rischio clinici per il cancro del polmone. Lo scopo del test del sangue è quello di determinare se i pazienti con noduli polmonari, che hanno un rischio basso o moderato di cancro ai polmoni, hanno probabilmente sviluppato tumori innocui o maligni. I principali markers valutati dal test sono le proteine ​​LG3BP e C163A, le cui concentrazioni plasmatiche predicono questo tipo di cancro.

Se i risultati del test sono negativi e la persona sottoposta a test ha una probabilità di cancro al polmone inferiore al 50%, la possibilità di cancro è molto ridotta. In questo caso, gli operatori sanitari possono ideare un piano di trattamento appropriato e una routine di follow-up. Il dott. Silvestri dice del test del sangue: “Serve come test di esclusione per quelli con rischio da basso a moderato. Il biomarker è uno strumento per aiutare a calcolare il rischio generale di cancro e presentare un paziente con raccomandazioni e opzioni. può spingere le persone fuori dal rischio indeterminato e in basso rischio – senza dover sottoporsi a procedure invasive e potenzialmente rischiose”. I risultati del presente studio indicavano che il test del sangue era efficace al 98% nel escludere la possibilità di cancro ai polmoni. Per maggiore certezza, tuttavia, i pazienti con risultati negativi – e quindi con una bassa probabilità di tumori maligni – sarebbero comunque monitorati periodicamente per assicurarsi che non fossero stati commessi errori.

Per questo studio, i ricercatori hanno valutato retrospettivamente i dati di 685 partecipanti alla sperimentazione clinica di 40 anni o più, tutti i quali presentavano noduli polmonari appena rilevati al basale. Gli specialisti suggeriscono che, se il test del sangue che avevano studiato fosse usato per informare il paziente, il 40% in meno di procedure invasive avrebbe avuto luogo nel caso di persone con innocui noduli. Tenendo conto di ciò, il Dr. Silvestri e colleghi dicono che il prossimo passo da qui dovrebbe essere quello di condurre uno studio di utilità clinica per valutare come il processo decisionale clinico e l’uso di procedure invasive sono alterati con la conoscenza dei risultati del test recentemente studiato. Il dott. Silvestri prosegue e conclude: “Un tumore a basso rischio verrà seguito con l’imaging seriale. Dopo due anni di scansioni della tomografia eseguite periodicamente e senza evidenza di crescita, potremo dire che è benigno. Tutto questo per fornire ai medici maggiore fiducia su come potrebbero gestire i pazienti”.

  • a cura del Dr Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

 

Bibliografia scientifica

Mazzone PJ, Silvestri GA et al. Chest. 2018 Apr;153(4):954-985. 

Bade BC et al. Clin Chest Med. 2018 Mar; 39(1):31-43. 

Bach PB et al. Lancet Oncol. 2018 Mar; 19(3):e133-e134.

Silvestri GA et al., Mazzone PJ. Chest. 2018 Mar 1.

Mazzone PJ et al. Am J Respir Crit Care Med. 2017; 196(7):e15.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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