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Retinite pigmentosa: la malattia genetica si curerà con due molecole naturali

La retinite pigmentosa è una malattia neurodegenerativa rara ed ereditaria che causa perdita della vista, a causa della morte dei fotorecettori nella retina e per la quale non esiste attualmente alcun trattamento. Il gruppo di ricerca dell’Universidad CEU Cardenal Herrera sulle strategie terapeutiche per le patologie oculari, guidato dalla professoressa Maria Miranda Sanz, aveva già testato in uno studio precedente l’efficienza del progesterone per migliorare la morte delle cellule dei fotorecettori nella retina causata da questa malattia. Ora, in un nuovo progetto pubblicato sulla rivista scientifica Frontiers in Pharmacology, hanno osservato un maggiore effetto protettivo del progesterone quando combinato con un forte antiossidante: l’acido lipoico. Come sottolineato dal dottor María Miranda, professore del CEU UCH e principale ricercatore del gruppo: “In questo nuovo studio abbiamo verificato che sia il progesterone che l’acido lipoico sono separatamente in grado di proteggere i fotorecettori nella retina dalla morte cellulare, ma la loro simultanea applicazione fornisce risultati ancora migliori rispetto a quelli individuali: questi risultati, ottenuti in modelli animali, somministrando entrambe le sostanze per via orale, potrebbero essere la base per lo sviluppo di trattamenti futuri per migliorare il deterioramento della vista causato dalla retinite pigmentosa”.

Anche se oggi più di 100 geni sono stati collegati alla RP, i meccanismi esatti alla base di questa degenerazione retinica che portano alla morte dei fotorecettori rimangono controversi. Infatti, anche se alcuni cambiamenti retinici risultano come un effetto di mutazione diretta, alcuni altri cambiamenti derivano da modifiche del sistema trascrizionale. Una notevole quantità di dati suggerisce che l’aumento dello stress ossidativo, le alterazioni della risposta infiammatoria e il rimodellamento della retina svolgono anch’essi un ruolo cruciale nella patogenesi della RP. Attualmente non esiste un trattamento per una malattia che rappresenta la metà di quelli che degenerano la retina in tutto il mondo. Anche se la causa della retinite pigmentosa è genetica, l’evoluzione della malattia e la conseguente perdita di vista possono essere correlate a fattori di stress ossidativo e infiammazione. Questi fattori possono essere migliorati da un lato dall’ormone progesterone, che ha dimostrato la sua efficacia neuroprotettiva in diversi studi, compreso quello precedentemente eseguito dal dottor Miranda e dal suo team anche sulla retinosi. L’acido lipoico (LA) è una molecola naturale con proprietà antiossidanti e antinfiammatorie.

Può esercitare azioni antiossidanti indirette, come l’induzione del glutammato-cisteina ligasi (GCL), l’enzima che limita la chiave nella sintesi del glutatione (GSH). LA può anche essere convertita in acido diidrolipoico, che può rigenerare diversi antiossidanti, come la vitamina C, l’α-tocoferolo e lo stesso GSH. L’acido lipoico è in grado di ridurre lo stress ossidativo nella retina, come hanno anche determinato studi precedenti, tra cui un altro diretto dalla professoressa Miranda. “Questo è il motivo per cui abbiamo deciso di testare i possibili effetti sinergici combinando il progesterone e l’acido lipoico in questo nuovo studio, per migliorare la morte dei fotorecettori nella retina. L’acido lipoico ha un” privilegio molecolare “per superare la barriera ematoencefalica (BBB) senza problemi, a causa della sua natura idrofobica. Potrebbe usare trasportatori cellulari ma è abbastanza solubile nei grassi per attraversare liberamente la mielina e le membrane cellulari. Il coinvolgimento dei neurosteroidi nella fisiologia e patologia della funzione visiva è stato dimostrato sia negli esseri umani che in animali sperimentali.Inoltre, i recettori del progesterone sono stati identificati nei fotorecettori e nelle cellule Müller, questo ormone, inoltre, è di natura steroidea così idrofobico persino migliore dell’acido lipoico nell’attraversare la BBB.

Lo studio nel complesso dimostra che queste due molecole endogene possono essere associate e utilizzate in modo sicuro, per trattare una condizione oculare più importante. Inoltre, sono già utilizzati nella pratica clinica e non hanno effetti collaterali clinicamente rilevanti.

  • a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Ramirez-Lamelas DT et al. Front Pharmacol. 2018 May 9; 9:469.

Sánchez-Vallejo V et al., Miranda M. Pharmacol Res. 2015; 99:276-88.

Zhao L et al. Invest Ophthalmol Vis Sci. 2014 Aug 21; 55(9):5979-88.

Miranda M, Arnal E et al. Free Radic Biol Med. 2010; 48(2):216-22.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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