La malattia di Huntington è una malattia neurodegenerativa che provoca la morte delle cellule cerebrali, portando a movimenti incontrollati del corpo, perdita della parola e psicosi. Le mutazioni nel gene huntingtina (mHTT) causano la malattia, determinando l’aggregazione tossica di questa proteina. L’accumulo di questi aggregati provoca la neurodegenerazione e di solito porta alla morte del paziente entro venti anni dall’esordio della malattia.
Ci sono due novità, elaborate da due gruppi di ricerca diversi, riguardo ai meccanismi di tossicità della mHTT e come potrebbero essere frenati.
Il neuroscienziato Dr. David Vilchez e il suo team al CECAD, il Cluster of Excellence for Aging Research dell’Università di Colonia, hanno compiuto un passo importante verso la comprensione dei meccanismi che causano il disturbo neurodegenerativo della malattia di Huntington. In particolare, hanno identificato un sistema che blocca l’accumulo di aggregati di proteine della tossina, responsabili della neurodegenerazione. Per esaminare i meccanismi alla base della malattia di Huntington, Vilchez e il suo gruppo hanno usato le cosiddette cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) dai pazienti con malattia di Huntington, che sono in grado di differenziarsi in qualsiasi tipo di cellula, come i neuroni. Queste cellule staminali mostrano una sorprendente capacità di evitare l’accumulo di aggregati di proteine tossiche, un segno distintivo della malattia. Anche se le iPSC esprimono la mHTT, non sono stati trovati aggregati. I ricercatori hanno esaminato le iPSC immortali e neuroni da esse derivati, per differenze nella loro capacità di evitare l’aggregazione della mHTT.
Hanno scoperto che il mHTT può essere degradato dal sistema di smaltimento cellulare noto come proteasoma. Tuttavia, questo sistema è difettoso nei neuroni, il che porta alla aggregazione patologica della proteina huntingtina mutata. I ricercatori hanno identificato una proteina chiamata UBR5 come meccanismo protettivo per le cellule, promuovendo la degradazione della mHTT. Vilchez e il suo team hanno scoperto che l’UBR5 è aumentata nelle cellule staminali pluripotenti per accelerare la degradazione dell’ huntingtina nelle cellule. Per esaminare il ruolo di UBR5 nella regolazione di mHTT, hanno ridotto i livelli di UBR5 e hanno potuto immediatamente vedere un accumulo di proteine aggregate nelle iPSC. Infatti, hanno scoperto che la disregolazione di UBR5 determina un massiccio aumento dell’aggregazione e degli effetti tossici nei neuroni. D’altra parte, la promozione dell’attività UBR5 blocca l’aggregazione mHTT nei modelli animali. Per testare la specificità dei risultati, i ricercatori hanno tenuto d’occhio anche altre malattie. Hanno controllato il meccanismo in altre malattie neurodegenerative come la sclerosi laterale amiotrofica, ma il risultato è molto specifico per la malattia di Huntington.
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Le fosfatasi sono importanti enzimi coinvolti nella segnalazione cellulare, che inizia principalmente con l’attivazione di un segnale quando un gruppo fosfato viene aggiunto ad una proteina per alterarne la funzione. La segnalazione viene quindi disattivata dagli enzimi fosfatasici che tagliano il gruppo fosfato. Centinaia di enzimi fosfatasici sono coinvolti in molti processi cellulari, quindi qualsiasi farmaco progettato per bersagliarli deve essere in grado di colpire specificamente solo una fosfatasi, per evitare di distruggere le cellule. Tuttavia, questo si è rivelato difficile perché la parte dell’enzima che elimina il gruppo fosfato è presente in tutte le fosfatasi e qualsiasi farmaco progettato per colpire una fosfatasi, quindi, inibisce tutte loro e causa la morte cellulare. Ora, la Dott.ssa Anne Bertolotti e colleghi hanno utilizzato un nuovo sistema di scoperta di farmaci per colpire una fosfatasi specifica e rallentare la produzione di proteine nelle cellule cerebrali dei topi. Come riportato nella rivista Cell (che sarà pubblicata questo agosto), il team è stato in grado di identificare una molecola che si rivolge a una fosfatasi specifica per ridurre l’accumulo di mHTT nella malattia di Huntington.
Molte malattie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer e di Huntington comportano l’accumulo di proteine mal ripiegate nelle cellule cerebrali. Bertolotti e il team speravano di rallentare i sistemi per la produzione di proteine di una cellula, lasciando i suoi “macchinari per il controllo della qualità” con maggiore capacità di eliminare le proteine mal ripiegate. Il team ha precedentemente studiato due inibitori delle fosfatasi. Guanabenz e Sephin1 sono inibitori selettivi della subunità regolatrice della fosfatasi PPP1R15A (R15A), che prolungano il beneficio della fosforilazione di eIF2α, proteggendo così le cellule dai difetti sulle proteine. Nei topi, Sephin1 previene due malattie neurodegenerative, la sclerosi laterale amiotrofica (ALS) di Charcot-Marie-Tooth 1B (CMT-1B). Utilizzando il nuovo sistema, il team è riuscito a trovare una molecola chiamata Raphin-1 che mirava specificamente a una sola fosfatasi in un modello murino della malattia di Huntington e ha ridotto l’accumulo di mHTT nei neuroni. Se questa molecola potesse trovare immediatamente approvazione per trials clinici pilota, si potrebbe valutare il suo beneficio nella lotta a questa malattia.
- a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
Koyuncu S et al., Vilchez D. Nat Commun. 2018 Jul 23; 9(1):2886.
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