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Morbo di Crohn

Che cos’è il morbo di Crohn (MC)?

E’ un’infiammazione cronica che può colpire teoricamente tutto il canale alimentare, dalla bocca all’ano, ma che si localizza prevalentemente nell’ultima parte dell’intestino tenue chiamato ileo (ileite) e/o nel colon destro/cieco (ileocolite) oppure solo il colon in una sua qualsiasi parte (colite). I tratti intestinali colpiti si presentano infiammati, ulcerati (con perdita di tessuto) con lesioni che interessano a tutto spessore la parete intestinale. La MC può anche colpire la zona perianale, con fistole e ascessi in corrispondenza dell’ano. Le fistole sono dei tramiti che possono mettere in comunicazione la parte bassa dell’intestino (ano, talora retto) con la superficie cutanea o terminare a fondo cieco. L’ascesso è invece una massa contenente una raccolta di materiale infiammatorio con produzione di pus, simile a qualsiasi altro ascesso, come ad esempio i denti.

Perché si chiama così?

La malattia fu descritta in modo accurato per la prima volta nel 1932 in un articolo pubblicato sulla rivista JAMA (dell’American Medical Association) da tre medici di specialità diverse che operavano al Mount Sinai Hospital a New York Burrill B. Crohn, Leon Ginzburg e Gordon Oppenheimer. Il nome Crohn fu usato per la prima volta l’anno successivo dal Dr. Brian Brook in un Editoriale sulla rivista Lancet. Da allora è rimasto a identificare la malattia. La Cattedra di Gastroenterologia della Facoltà di Medicina del Mount Sinai, per ricordarlo è ancora oggi dedicata a “Burrill B. Crohn”.

Quali sono le cause della MC?

Tuttora le cause sono ignote e ciò limita la terapia medica al solo uso di farmaci che controllano l’infiammazione.  Le scoperte più recenti indicano un’attivazione sproporzionata come entità e protratta nel tempo del sistema immunitario. Ciò avverrebbe da parte di un comune stimolo antigenico (batteri-alimenti), o interno, (es. batteri intestinali), al nostro organismo. Il paziente con MC perde la sua tolleranza intestinale ai batteri intestinali determinando un continuo stimolo del suo sistema di difesa con conseguente. E’ possibile tuttavia che a determinare l’infiammazione non siano i comuni batteri intestinali ma batteri con caratteristiche patogeniche come ad esempio il Mycobacterium Avium Paratuberculosis. Stando alle attuali conoscenze, si può dire che non è una malattia contagiosa, non è causata dagli alimenti e non è psicosomatica (cioè non è provocata da fattori psicologici individuali). Tuttavia è riconosciuto che lo stress mentale può rappresentare un fattore aggravante o favorente le riacutizzazioni.

D’altro canto, le più moderne analisi genetiche hanno trovato forti associazioni con loculs genetici, polimorfismi e vere mutazioni predisponenti. I primi segni per la base genetica nella MC sono iniziati con studi sui gemelli monozigoti e altri gruppi familiari di IBD. Ultimamente, gli studi di associazione genome-wide (GWAS) hanno identificato più di 150 loci di rischio genetico per IBD, 70 dei quali possono essere associati a CD. C’è anche una grande variazione tra le popolazioni europee, americane e asiatiche con diverse mutazioni genetiche che possono predisporre alla MC. L’associazione più importante è, di gran lunga, il polimorfismo del gene NOD2/CARD15, che partecipa alla risposta immunitaria innata. NOD2 è una proteina nella via NF-kB, che funge da sensore intracellulare per muramil dipeptide (componente della parete batterica). Diversi studi sperimentali hanno dimostrato che i pazienti con mutazioni NOD2 hanno una risposta antibatterica inadeguata, forse attraverso una minore produzione di alfa-defensine (molecole antibatteriche prodotte dalle cellule di Paneth) o da una compromissione nella cascata dell’autofagia, che porta a livelli aumentati di NF-kB.

L’autofagia è un meccanismo di riciclaggio lisosomiale del citoplasma che svolge un ruolo importante nella risposta immunitaria innata verso i batteri intracellulari. Un altro percorso con una stretta interazione con il percorso autofagico è la risposta proteica spiegata indotta dallo stress del reticolo endoplasmatico. Il gene 16-like 1 correlato all’autofagia (ATG16L1) e il gene della guanosina trifosfatasi correlata all’immunità (IRGM) sono stati collegati a una maggiore suscettibilità del CD. Clinicamente, le varianti di NOD2 sono associate a coinvolgimento ileale, un pattern di malattia stenosante o fistolizzante e un rischio più elevato di intervento chirurgico. Tuttavia, gli studi GWAS in Corea hanno scoperto che la mutazione NOD2 non è presente nei loro pazienti, anche se il pattern clinico è simile a quello dei caucasici. Altre varianti genetiche che possono portare ad un aumento del rischio di MC sono: recettore Toll-like 4 (TLR-4), CARD9, recettore dell’interleuchina 23 (IL-23R), il fattore di trascrizione STAT3 per l’immunità innata; antigene leucocitario umano, ligando 15 della superfamiglia del TNF (TNFSF15); fattore 5 regolatore dell’interferone (IRF-5), la tirosina fosfatasi 22 non recettoriale (PTPN-22) per il sistema immunitario adattativo.

La MC è ereditaria?

Non è una malattia ereditaria nel senso stretto del termine, come lo possono essere l’anemia mediterranea e l’emofilia, che sono considerate malattie genetiche, trasmissibili cioè attraverso i cromosomi. Tuttavia esiste una predisposizione familiare nello sviluppo di questa malattia e un aumentato rischio, per la progenie, di averla a sua volta. Tale rischio è difficile da quantificare perché gli studi in questo ambito sono pochi.

La possibilità che un figlio sviluppi la malattia non deve però impedire a una coppia che lo desideri di avere figli. Tale possibilità, infatti, appare al momento piuttosto bassa. Inoltre, verosimilmente in futuro saranno disponibili dei test non invasivi per sospettare una diagnosi di MC anche nella persona asintomatica ma a rischio (come, appunto, chi ha un genitore con MC). C’è da dire, infine, che non è mai stato dimostrato che un componente della famiglia possa trasmettere la malattia ad un altro in modo orizzontale (per contatto diretto come, per es. le malattie infettive).

Quante sono in Italia le persone affette da MC e colite ulcerosa?

Allo stato attuale non esiste un Registro Nazionale, e i dati non sono molto attendibili. Sulla base di una ricerca svolta proprio da AMICI si calcola che in Italia ci siano almeno 100.000 persone affette da malattie infiammatorie intestinali di cui probabilmente 30-40% affetti da MC. Tale malattia si presenta prevalentemente in età giovanile (20 – 30 anni) piu’ raramente nella terza età (65 anni), ma non sono rari casi anche nei bambini e negli adolescenti. La MC pare essere più frequente nei Paesi Occidentali ed è rara se non assente nei Paesi in via di sviluppo. Mentre l’incidenza (numero di nuovi casi descritti ogni anno per numero di abitanti) della colite ulcerosa pare stabile, quella della MC sembra in continuo aumento nei paesi ad alto sviluppo. Tale aumento appare reale anche se, in parte, può essere dovuto ad una maggiore accuratezza nel formulare la diagnosi da attribuire alla maggior conoscenza della malattia e a piu’ evolute tecniche.

Quali sono i sintomi della MC?

Anche se ci possono essere delle variazioni da caso a caso, nella MC sono predominanti i dolori addominali (talvolta, se acuti, possono simulare un attacco d’appendicite) associati a diarrea e talora a febbre. Il dolore addominale si localizza prevalentemente in basso a destra (sede del cieco e dell’ultima ansa ileale, le zone più frequentemente colpite). Possono comparire, meno frequentemente, sangue visibile nelle feci, dolori alle articolazioni, diminuzione dell’appetito con conseguente dimagrimento. Altri segni precoci della malattia possono essere le fistole e ascessi perianali che si possono manifestare con un orifizio cutaneo, arrossato, dolente che perde del liquido (fistola) o, rispettivamente, con una piccola massa locale pure arrossata, estremamente dolente e tesa, e febbre (ascesso).

Diagnostica clinica

La malattia va sospettata quando vi siano i sintomi e segni sopra descritti. Peraltro i sintomi, essendo talora poco specifici (comuni, per es. alla sindrome del colon irritabile, alla celiachia o ad altre malattie), è necessario eseguire degli esami diagnostici. Non esiste un singolo test per identificare la MC con sicurezza, anche se rivestono un ruolo fondamentale soprattutto l’endoscopia con biopsie e la radiologia.

La prima è diagnostica quando la sede interessata è raggiungibile durante una ileo-colonscopia (in genere parte destra del colon/cieco e ultima ansa ileale), mentre la seconda diventa fondamentale quando la sede sospetta non è raggiungibile endoscopicamente (es. ansa più a monte) e per stadiare la malattia (ossia per valutare la malattia intestinale globalmente, sia come estensione sia come gravità). Tradizionalmente l’esame eseguito nella MC è lo studio seriato del tenue (mezzo di contrasto somministrato per bocca prima di eseguire dei radiogrammi). Il tenue puo’ essere visualizzato con più accuratezza somministrando il mezzo di contrasto attraverso un sondino naso gastrico.

Più di recente, la Risonanza Magnetica intestinale e l’enteroTC sono teoricamente più accurati in quanto sono in grado di dare informazioni anche sui tessuti circostanti l’intestino. Al momento tali metodiche, non  eseguite in tutti i Centri, attendono una maggior validazione della loro utilità nella pratica clinica. Pure utile, (ma altamente dipendente dall’esperienza specifica dell’operatore), è l’ecografia addominale. Un ruolo al momento limitato riveste, invece, l’endoscopia con capsula.

Nella diagnosi, gli esami del sangue hanno un ruolo poco specifico in quanto possono solo indicare, in generale, uno stato infiammatorio (aumento della VES e della PCR, aumento dei globuli bianchi) o una patologia immune (Anticorpi anti-ASCA e anti-ANCA). Sono utili se considerati insieme agli altri esami e per monitorare la malattia. Vi sono, infine, degli altri esami non invasivi (es. delle feci, la calprotectina fecale), che possono pure suggerire un’infiammazione dell’intestino, e consigliare quindi l’esecuzione di esami più approfonditi.

Perché la MC è definita malattia cronica?

Per malattia acuta s’intende quella che si manifesta con un decorso breve e che in genere evolve con la guarigione, come per esempio l’influenza. Una malattia cronica come la MC, invece, non guarisce definitivamente, e presenta un decorso caratterizzato da periodi di benessere alternati ad altri in cui i sintomi sono presenti. Sfortunatamente, sino ad oggi, non abbiamo nessuno strumento che possa predire con certezza una probabile ricaduta, cioè una riacutizzazione della malattia dopo trattamento medico o intervento chirurgico.

Quali sono le complicanze della MC?

Le complicanze di una malattia possono essere definite come degli eventi che ne rendono più complesso e grave l’andamento clinico. Nella MC possiamo avere delle complicanze intestinali e delle complicanze extraintestinali che riguardano circa il 10-15% dei pazienti.

Quali sono le complicanze intestinali della MC?

Gli episodi d’ostruzione intestinale rappresentano la complicanza locale più comune. Tali episodi sono dovuti al fatto che il processo infiammatorio, nel tempo, può dare vita a restringimenti di alcuni tratti dell’intestino, con conseguente riduzione del lume dello stesso. Tali restringimenti di tipo fibrotico, sono poco distensibili, e possono causare crampi, meteorismo, distensione addominale sino ad arrivare, a volte, a un’ostruzione parziale (subocclusione), o anche a un’ostruzione completa, (occlusione), del transito intestinale con stipsi importante.
In quest’ultimo caso, i sintomi suddetti possono essere associati a nausea e vomito. L’ostruzione si può verificare più facilmente in presenza di cibo non digerito, come ammassi di fibre, che impediscono il passaggio di altro materiale. Questa è una delle ragioni per cui le persone con MC che presentano zone stenotiche dovrebbero evitare cibi con fibre grossolane, difficili da digerire. Questi restringimenti possono essere un’indicazione all’intervento chirurgico se danno episodi ricorrenti di tipo occlusivo o sub-occlusivo. C’è, peraltro, da notare che un restringimento del lume intestinale può anche essere dovuto all’infiammazione (cioè alla presenza di liquido e cellule nella parete
intestinale).

In questo caso la stenosi (che si chiama infiammatoria e non fibrotica come la precedente), può essere reversibile con la terapia medica. Infine, c’è da tenere presente che un’occlusione intestinale può dipendere – oltre che dai vari tipi di stenosi descritte – anche da angolazioni o aderenze (che modificano il normale transito intestinale) – a seguito di intervento chirurgico. La diagnosi differenziale tra tutte queste diverse cause di occlusione è spesso difficile.

Le perforazioni sono un’altra complicanza (e possibile causa successiva di fistole o ascessi all’interno dell’addome), nei casi di malattia molto attiva. Infatti, fistole e ascessi si possono presentare in sede perianale come manifestazione primaria di malattia, ma possono anche complicare una malattia intestinale, localizzandosi appunto nella cavità addominale.

I sintomi di un ascesso o di una fistola dipendono dalla loro localizzazione. Un ascesso di solito produce febbre, dolore addominale e distensione localizzata: può essere necessario un intervento chirurgico d’incisione e drenaggio ed una terapia antibiotica. La cura di una fistola può richiedere la vera e propria rimozione della parete d’intestino, gravemente infiammata, dalla quale trae origine. In alcuni casi, però, le fistole possono guarire combinando insieme la terapia medica con il riposo dell’intestino (sospensione dell’alimentazione orale).

Quali sono le complicanze extraintestinali del MC?

Molte complicanze extraintestinali della MC sono simili a quelle della colite ulcerosa. Alcune sono correlate all’attività della malattia, ed altre sembrano seguire un decorso relativamente indipendente. Complicanze correlate all’attività della malattia possono interessare la cute e le grosse articolazioni. Complicanze non correlate includono la spondilite anchilosante e la sacroileite (che si manifestano con rigidità della colonna e dolore lombare), oltre ad alcune malattie del fegato e vie biliari (non molto frequenti) e alcune lesioni oculari. E’ da tenere presente che nella MC sono più frequenti che nella popolazione generale i calcoli del fegato e del rene, l’osteoporosi e vi è, inoltre, una tendenza trombofilica (ossia ad avere eventi trombotici).

Terapia medica del MC

Nella fase di acuzie (dolore addominale e diarrea importante), specie alla prima presentazione, si fa spesso uso di cortisone a dosi piuttosto elevate e per periodi di diverse settimane. Questo nel caso che non vi sia un’immediata indicazione all’intervento chirurgico. Successivamente, per mantenimento della remissione, (se la malattia ha risposto), si elimina il cortisone e si può fare uso di mesalazina. Tale farmaco, però, comunemente impiegato ed efficace nella colite ulcerosa, è molto meno utile nella MC. Viene dato nelle forme più lievi di malattia. Nelle forme lievi-moderate può essere utilizzato un cortisonico topico (cioè ad azione locale, con scarso assorbimento sistemico) quale il budesonide o il beclometasone dipropionato.

In diverse fasi della malattia, specialmente nel caso di colite, antibiotici quali il metronidazolo, la ciprofloxacina e la rifaximina possono essere particolarmente utili. Qualora gli attacchi si ripetano e vi sia la necessità di fare uso molto spesso di cortisone (oppure vi sia una mancata risposta al cortisone) si possono usare, come terapia di fondo, gli immunosoppressori ossia l’azatioprina o la 6- mercaptopurina o il metotrexate. Sono farmaci, questi, che andrebbero somministrati per lunghi periodi. Possono a volte provocare intolleranza (nausea, malessere) e richiedono controlli di laboratorio frequenti. Peraltro, il cortisone non deve essere dato su base continua perché potenzialmente responsabile di importanti effetti collaterali a lungo termine (ipertensione arteriosa, diabete, osteoporosi ecc.). Febbre e dolori rispondono bene al paracetamolo senza interferenze.

Lo schema terapeutico di cui sopra è relativo all’era precedente l’utilizzo dei farmaci biologici che, (vedi sotto), rappresentano un’importante evoluzione della terapia della MC. 

Ci sono novità nelle possibilità terapeutiche?

Già da diversi anni in Italia è disponibile un anticorpo monoclonale (Infliximab). L’anticorpo è diretto contro la citochina TNFα, una delle cause del processo infiammatorio. Dunque l’Infliximab, benché sui generis, è in effetti un farmaco antinfiammatorio. Fa parte di una famiglia di farmaci chiamata “biologici” per indicare che il razionale, per il loro sviluppo e uso, è basato su una profonda conoscenza della biologia della malattia. L’uso di questo farmaco è attualmente approvato in Italia per:

  • MC in fase attiva, di grado grave in pazienti che non hanno risposto o sono intolleranti o hanno controindicazioni alla terapia con cortisone o immunosoppressori quali l’azatioprina/6-mercaptopurina.
  • MC fistolizzante in fase attiva, che pure non ha risposto a un adeguato ciclo di terapia convenzionale (incluso, in questo caso, anche antibiotici e drenaggio.)
  • Rettocolite ulcerosa in fase attiva, di grado moderato o severo con le stesse limitazioni del MC.

Benché questo farmaco si debba utilizzare con una certa prudenza e siano necessari degli stretti controlli presso un centro di riferimento, la tendenza attuale è di utilizzarlo in pazienti con malattia molto aggressiva, nelle fasi più precoci di malattia rispetto a quanto è stato fatto sinora. Questo perché, almeno in teoria, la malattia risponderà in modo tanto più completo quanto più sono assenti complicanze irreversibili quali le stenosi fibrotiche.

Di recente è stato approvato dall’EMA, (European Agency for the Evaluation of Medicinal Products), ed è in fase di approvazione da parte dell’AIFA (l’Agenzia Italiana del Farmaco), un nuovo anticorpo monoclonale anti-TNFα, chiamato Adalimumab, per il trattamento della MC in fase attiva di grado grave in pazienti che non hanno risposto o sono intolleranti o hanno controindicazioni alla terapia con corticosteroidi e/o immunosoppressori. E’ auto-somministrabile da parte del paziente per via sottocutanea attraverso una penna/siringa pre-riempita pronta per l’uso. L’Adalimumab e’ un anti-TNF (come l’Infliximab) totalmente umano. La sua minore immunogenicità dovrebbe ridurre le reazioni avverse di tipo allergico e la formazione di anticorpi.

Oltre all’Infliximab e all’Adalimumab, sono in fase di sperimentazione numerosi altri farmaci biologici diretti sia contro il TNFα, che contro altre citochine (oppure sono di per sé delle citochine di tipo antiinfiammatorio). Quello che sarà disponibile a breve è il Certolizumab, anch’esso anti-TNFα. Esistono, infine, studi preliminari con risultati incerti sull’uso del trapianto di cellule staminali per i casi più gravi e resistenti. Non si prevede una loro diffusione in tempi molto brevi, ma sono già utilizzati a scopo di ricerca in alcuni centri. Da evitare terapie omeopatiche o a base di erbe senza alcun fondamento scientifico. Possono essere addirittura dannose se ritardano l’inizio di terapie adeguate.

Ci sono, in alternativa, altri farmaci che interferiscono col TNF-alfa. La talidomide ha spiccate proprietà anti-angiogeniche e antinfiammatorie, inibendo la produzione di TNF-alfa, IL-6, IL-10 e IL-12, modulando l’attività delle cellule natural killer e stimolando le citochine Th2 (IL-2, IL-4, IL-5). Sebbene il suo preciso meccanismo d’azione rimanga parzialmente noto, numerosi saggi clinici mostrano un vantaggio nell’introdurla nei casi refrattari e pediatrici di MC. Uno studio retrospettivo di Gerich et al., in cui 47 pazienti sono stati trattati per una mediana di 4,4 mesi, hanno ottenuto risposte cliniche nel 54% dei casi e remissione clinica nel 19% dei pazienti. Gli steroidi avrebbero potuto essere sospesi nel 40% dei pazienti.

La “targeted therapy” si potrebbe avvantaggiare di inibitore selettivi delle proteina chinasi cellulari che regolano le funzioni immunitarie. Due di questi sono il tofacitinib ed il baricitinib, inibitori selettivi dell’asse JAK2/STAT3 necessario alle citochine per compiere i loro effetti biologici. Il baricitinib non ha ancora raggiunto risultati conclusivi, ecco perchè un altro analogo, il masitinib, è sotto indagine clinica. Parimenti in fase 2 di analisi è il laquinimod, un farmaco immunomodulatore che ha trovato applicazione per la sclerosi multipla di tipo RRMS. Due studi di Fase II in doppio cieco hanno dimostrato che a basse dosi di 0,5 mg potrebbe indurre la risposta clinica e la remissione, riducendo la calprotectina fecale.

Come capire se la MC è sotto buon controllo terapeutico?

In generale i sintomi (dolore, diarrea, peso corporeo, appetito) sono buoni indicatori dello stato di controllo della malattia. Molto importanti anche gli esami del sangue quali emocromo, VES, PCR. In certi casi puo’ essere utile anche la calprotectina fecale. Gli esami di imaging (endoscopia, ecografia, radiologia) sono meno utili per il follow-up di quanto lo siano per la diagnosi. Possono essere indicati in particolari situazioni (es. discrepanza tra quadro clinico ed esami del sangue, controllo dell’evoluzione di una stenosi o di altre complicanze).

Si deve adottare una particolare alimentazione?

Nella maggior parte dei pazienti non vi sono particolari accorgimenti da prendere riguardo l’alimentazione. Da ricordare però alcune situazioni specifiche:

a) In caso di esteso interessamento dell’intestino o estesa resezione chirurgica (dai 60 cm e più) può essere necessario un supplemento di minerali (come calcio, ferro e magnesio) e di vitamine (come l’acido folico, le vitamine B12, C e D.) Questi nutrienti, però, devono essere assunti solo se vi è loro provata carenza ossia sotto il controllo medico. Ci può essere in questi casi una malnutrizione generalizzata (con riduzione del peso e della massa corporea, gonfiore alle caviglie, importante spossatezza)

b) In caso di stenosi serrata dell’ultima ansa del piccolo intestino (specie in presenza di sintomi ostruttivi: dolore, stipsi) è importante escludere alimenti ad alto contenuto di scorie c) In generale, evitare cibi a rischio di causare infezioni intestinali e tutelarsi nell’alimentazione in Paesi dove l’igiene è scarsa. Una tossinfezione alimentare o una comune gastroenterite possono, infatti, riacutizzare la malattia intestinale.

Infine, non bisogna dimenticare che la presenza di MC non esclude la presenza concomitante di altre malattie quali la celiachia (intolleranza al glutine cioè grano e altri cereali) e l’intolleranza al lattosio. Deve essere comunque lo specialista a guidare l’eventuale esecuzione di esami al riguardo.

Com’è la prognosi della MC?

Le prospettive sono molto variabili e dipendono da molti fattori tra cui:

– focalizzazione ed estensione della malattia;
– complicanze;
– risposta individuale alle cure.

La maggioranza dei pazienti presenta problemi di modesta importanza (dolori addominali lievi e intermittenti, diarrea pure di modesta entità) e ben controllabili con la terapia medica e la dieta.

Alcuni pazienti, invece, richiedono cure costanti con somministrazione di alte dosi di cortisonici e altri farmaci al fine di controllare l’attività della malattia. Altri possono richiedere più interventi chirurgici per trattare frequenti occlusioni intestinali. Altri ancora possono subire un solo intervento per “ileite” senza avere più grossi problemi. E’ da sottolineare, comunque, che la storia naturale della malattia, com’è nota e viene descritta oggi, si riferisce all’era precedente l’uso dei farmaci biologici. Ossia a un periodo in cui la terapia medica non si era mai dimostrata in grado di ritardare o impedire l’aggravamento della malattia. Almeno potenzialmente, i nuovi farmaci potrebbero essere in grado di farlo.

E’ necessario ricorrere all’intervento chirurgico?

L’intervento chirurgico fa parte della storia naturale della MC aggressiva che conduce a una stenosi e ostruzione intestinale di tipo fibrotico in una considerevole proporzione di pazienti. L’intervento chirurgico può anche essere necessario per la malattia fistolizzante. Purtroppo, come noto, a seguito dell’intervento chirurgico, la malattia spesso si ripresenta immediatamente a monte della zona rimossa. Non vi sono prove convincenti che i farmaci utilizzati sinora siano in grado di impedire questa recidiva.
Esiste la possibilità, almeno teorica, che una terapia medica assai efficace, instaurata nelle fasi ancora iniziali della terapia, possa forse controllare a lungo la MC e posticipare o addirittura fare evitare l’intervento chirurgico. Numerosi studi sono in corso per testare questa ipotesi.

Quali sono i problemi nella sfera sessuale?

Com’è noto non vi è alcun problema nel formare una famiglia. Gli uomini con MC sono di solito fertili, sebbene in rari casi l’assunzione di particolari farmaci possa dare transitorie alterazioni a carico degli spermatozoi. Da tenere presente che l’uso di metotrexate, un immunosoppressore usato a volte al posto dell’azatioprina, va interrotto almeno sei mesi prima della concezione, essendo un farmaco altamente teratogeno (dannoso per l’embrione).

Come ci si comporta in gravidanza?

Benché sia stata dimostrata una maggiore incidenza di parti prematuri e di basso peso alla nascita, non è mai stato dimostrato un aumentato rischio di aborti spontanei, nati morti o morti neonatali. In generale, le donne possono condurre in porto una gravidanza senza complicanze, purché il concepimento avvenga in un periodo di remissione. Infatti, il rischio maggiore, per il feto e per la madre è l’attività della malattia e non i farmaci assunti in gravidanza (con l’eccezione del metotrexate, tutti appaiono sicuri anche se i dati che si riferiscono a Infliximab e azatioprina sono al momento ancora scarsi).

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  • a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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