I ricercatori della Kanazawa University riportano sul Journal of Neuroscience uno studio di microdialisi sui topi, per determinare i meccanismi alla base della risposta infiammatoria nel cervello associata alla febbre che potrebbero essere utilizzati per sviluppare nuove strategie terapeutiche. La comparsa di febbre è associata al rilascio nell’ipotalamo di un mediatore chiamato prostaglandina E2 (PGE2), che ha un ruolo importante nella regolazione della temperatura corporea. La PGE2 è un derivato dell’acido arachidonico, un acido grasso poli-insaturo costituente delle membrane cellulari ed acido grasso essenziale per il nostro organismo. Dalla sua trasformazione derivano molti mediatori chimici, coinvolti principalmente nelle risposta infiammatorie. I più conosciuti sono sicuramente le prostaglandine, di cui ne esistono circa otto varianti, ognuna con delle azioni biologiche tutte proprie. Dall’acido arachidonico provengono anche i leucotrieni, che sono attivamente coinvolti nell’asma e nelle manifestazioni eczematose. Altri due derivati sono il trombossano (TxA2), che è vasocostrittore e aggregante delle piastrine; e la prostaciclina (PGI2), che ha esattamente l’effetto opposto.
L’inibizione della sintesi delle prostaglandine è il meccanismo d’azione di una classe di farmaci anti-infiammatori, antipiretici e analgesici molto diffusa, i FANS, a cui appartengono comuni farmaci come l’aspirina, l’ibuprofene ed il diclofenac. Tuttavia, come la PGE2 viene fornita o mantenuta nel cervello, e il ruolo dei trasportatori di membrana (in particolare del trasportatore di prostaglandine OATP2A1, codificato dal gene SLCO2A1) in questo processo, deve ancora essere chiarito. Per far luce su questa domanda, il Dr. Takeo Nakanishi dell’Università di Kanazawa, in Giappone, e colleghi hanno eseguito uno studio di microdialisi sui topi, pubblicato sul Journal of Neuroscience. I ricercatori hanno usato topi con SLCO2A1 normale, con carenza totale di Slco2a1 o con suo deficit specifico per i macrofagi. Inizialmente hanno iniettato i topi con soluzione salina fisiologica, osservando la stessa temperatura corporea per i topi con e senza SLCO2A1, indicando che la presenza di OATP2A1 non influenza la temperatura corporea basale. Hanno poi somministrato ai topi lipopolisaccaride batterico (LPS), che normalmente provoca la febbre. Infatti, i topi con SLCO2A1 hanno sviluppato febbre dopo 2 ore, mentre l’effetto pirogenico del LPS non è stato osservato nei topi con SLCO2A1 totale.
Essi dimostrano, inoltre, che la temperatura corporea dei topi con deficit di SLCO2A1 specifico per i macrofagi è stata parzialmente attenuata. Curiosamente, un inibitore di OATP2A1 iniettato nel cervello di ratti con SLCO2A1 normale ha inibito la risposta febbrile; in questo caso è stato osservato solo un aumento iniziale della temperatura corporea. Lo studio rivela che l’insorgenza della febbre è associata ad un aumento della concentrazione di PGE2 nel liquido interstiziale dell’ipotalamo, ma non nel liquido cerebrospinale, quindi OATP2A1 sembra funzionare mantenendo alti livelli di PGE2 nell’ipotalamo, stimolando la sua secrezione dalle cellule gliali nell’ipotalamo e dalle cellule endoteliali del capillare cerebrale o facilitando il suo trasporto attraverso la barriera emato-encefalica. OATP2A1 sembra essere coinvolto nella secrezione di PGE2 dai macrofagi, ma OATP2A1 in cellule diverse dai macrofagi può anche contribuire alla risposta febbrile. Questa intuizione recentemente acquisita dei meccanismi alla base della risposta infiammatoria nel cervello associata alla febbre potrebbe essere utilizzata per sviluppare nuove strategie terapeutiche, indicando OATP2A1 come un utile bersaglio terapeutico.
- a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
Eskilsson A et al. J Neurosci. 2017 May 10; 37(19):5035-5044.
Nakanishi T et al., Tamai I. Sci Rep. 2017 Nov 29; 7(1):16567.
Kawano et al., Katayama Y. Blood. 2017 Feb 2;129(5):587-97.