I glucocorticoidi come il cortisone sono stati usati per trattare malattie infiammatorie come l’asma o il reumatismo per molti decenni e sono i farmaci anti-infiammatori più comunemente prescritti. Inoltre sono frequentemente utilizzati nelle malattie autoimmuni, nei trapianti di organi e nel cancro. Si stima che circa il 2% della popolazione occidentale stia attualmente assumendo questi farmaci. Tuttavia, sebbene i glucocorticoidi siano prescritti per un’ampia gamma di condizioni, il loro uso è limitato dai vari effetti collaterali – inclusi effetti metabolici indesiderati – che possono verificarsi durante il trattamento. Una volta che i glucocorticoidi si legano al loro recettore all’interno della cellula, il recettore inizia a attivare e disattivare numerosi geni. Questi includono vari geni metabolici, che possono quindi causare il cosiddetto diabete steroideo. I pazienti sottoposti a trattamento a lungo termine con steroidi possono soffrire di effetti collaterali metabolici. I ricercatori del Helmholtz Zentrum München e della Ludwig Maximilians University di Monaco (LMU), partner del Centro tedesco per la ricerca sul diabete (DZD), hanno ora individuato un meccanismo che porta al cosiddetto diabete farmacologico.
Nel presente studio, il team guidato dal Prof. Henriette Uhlenhaut, Leader del Gruppo presso l’Istituto per il Diabete e l’Obesità (IDO) presso il Helmholtz Zentrum München e il Centro Gene della LMU – insieme ai colleghi del Centro Max Delbrück per la Medicina Molecolare a Berlino, il Salk Institute di San Diego e l’Università di Friburgo – si sono proposti di identificare l’esatta sequenza di eventi che si verificano una volta che gli steroidi legano il loro recettore. Sono rimasti scioccati dal fatto che una proteina nucleare, il fattore di trascrizione E47, insieme al recettore dei glucocorticoidi (GR-alfa), sia responsabile dei cambiamenti nell’espressione genica, in particolare nelle cellule epatiche. Successivamente, sono stati in grado di identificare il percorso sottostante conducendo analisi genome-wide e studi genetici. Per corroborare le loro scoperte, gli scienziati hanno quindi esaminato un modello di topi privo del gene E47. La perdita di E47 effettivamente protegge dall’impatto negativo dei glucocorticoidi, mentre un gene E47 intatto ha portato a cambiamenti metabolici come glicemia alta, elevati livelli di grassi nel sangue o un fegato grasso (steatosi) come risposta al trattamento con steroidi.
E47 è un membro di una famiglia di proteine che legano il DNA per regolare l’espressione di molti geni. Il suo network di interazione nel nucleo cellulare è molto complesso, ma coinvolge enzimi ed altri regolatori del materiale genetico o cromatina. E’ stato sbalorditivo vedere che questa proteina, che originariamente è stata studiata perchè condizionava la maturazione dei linfociti B (quelli che producono anticorpi), ha avuto la capacità di condizionare l’azione del recettore per i cortisonici. Era già risaputo che topi con mutazioni per queste proteine avessero difetti nel metabolismo del colesterolo, dei trigliceridi e del glucosio, ma non ci sono mai state indagini approfondite. Si sa che il recettore GR-alfa regola geni del metabolismo del glucosio (PEPCK, G6PDH), del colesterolo (DHCR24, HMGCoA1S) e dei lipidi (GPAM) incentivando la sintesi dei grassi e del glucosio. Ecco perchè i cortisonici producono, a lungo andare, innalzamento dei trigliceridi, insulino-resistenza e iperglicemia resistente ai farmaci anti-diabetici. Ma la novità è che il GR-alfa per fare questo necessita della cooperazione della proteina E47.
Curiosamente gli effetti anti-infiammatori dei cortisonici sono stati mantenuti nonostante i topi sperimentali non avessero il gene E47. Questo significa che esso non è necessario perché gli steroidi sopprimano l’infiammazione. Resta tuttavia il problema che i glucocorticoidi nelle terapie croniche danno un sacco di effetti collaterali sul metabolismo. E non si parla solo di terapia steroidea per i trapianti o la leucemia o le malattie autoimmuni. L’asma è una condizione che vede un largo impiego di steroidi per combattere l’infiammazione e la sua sintomatologia clinica. E la sua diffusione non è inferiore a quella delle autoimmunità o delle malattie tumorali o ancora dell’osteoporosi, che può essere anch’essa secondaria a terapia steroidea. Poiché i componenti del meccanismo recentemente scoperto sono conservati anche nell’uomo, la Dr.ssa Henriette Uhlenhaut ha commentato: “Ora vogliamo sapere se i risultati ottenuti nel modello di laboratorio possono essere tradotti in studi sull’uomo. Se questo è il caso, potrebbe aprire nuove opportunità per l’intervento terapeutico e l’uso di immuno-soppressori più sicuri al fine di combattere gli effetti collaterali della terapia steroidea”.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
Hemmer MC et el. Nat Commun. 2019 Jan 18; 10(1):306.
Moraitis AG et al. J Ster Biochem Mol Biol. 2017;165:114-120.