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Arteriopatia periferica: gli studi condotti sui benefici degli acidi omega-3

L’arteriopatia periferica è una malattia del sistema circolatorio caratterizzata dalla riduzione dell’afflusso di sangue alle arterie degli arti superiori e inferiori, dovuto all’ostruzione e al restringimento di queste ultime. Interessa più spesso gli arti inferiori. Il tabagismo, l’assenza di esercizio fisico e la presenza di patologie come il diabete aumentano fortemente il rischio. Il trattamento di questa condizione è essenziale principalmente per evitare due condizioni: la perdita dell’arto colpito, ma soprattutto quella peggiore dell’ictus cerebrale. All’origine dell’arteriopatia periferica c’è l’aterosclerosi, condizione patologica dei vasi sanguigni, caratterizzata dalla comparsa di placche costituite da materiale grasso (colesterolo, fosfolipidi ossidati, ecc.), proteico e cellulare che portano al restringimento del lume del vaso. Una modalità di prevenzione della condizione è l’adozione di uno stile di vita sano e privo (o quasi) dei fattori di rischio sopracitati. Anche l’alimentazione può avere il suo peso. Ci sono nutrienti alimentari che sono positivamente associati ad una buona salute cardiovascolare.

Ad esempio, tutti conoscono gli acidi grassi omega-3, tanto sponsorizzati per la salute del cuore e molto rappresentati in cibi come pesce azzurro, certi olii vegetali e frutta a guscio. Gli omega-3 sono stati al centro della ricerca cardiologica da almeno 30 anni, poiché sono risultati anti-infiammatori e anti-coagulanti per il sistema circolatorio. Essi sono precursori di importanti molecole simil-ormonali chiamati prostacicline, epossiline e, molto più recentemente, resolvine e protectine. Le prostacicline sono tra le più importanti a livello sanguigno perché impediscono l’aggregazione delle piastrine, un evento primario per la comparsa di trombi arteriosi che possono causare infarto cardiaco, embolia polmonare o ictus cerebrale. Le prove che gli acidi omega-3 sono benefici per la salute cardiaca sono ormai accettate.  Ma non ci sono molti studi definitivi o su larga scala del loro effetto benefico anche sulla circolazione periferica. Prove da altri studi suggeriscono che gli omega-3 influenzano molti passaggi del processo aterosclerotico.

 

Più specificamente, migliorano la funzione endoteliale; promuovere la vasodilatazione attraverso il rilassamento delle cellule muscolari lisce; esercitare azioni antiossidanti, anti-infiammatorie e anti-trombotiche; ritardare lo sviluppo delle placche e aumentarne la stabilità; e ridurre l’irrigidimento della parete. Poiché la PAD è essenzialmente l’aterosclerosi delle arterie delle gambe, i ricercatori di questo studio ritengono che i pazienti con PAD possano presentare una carenza di acidi grassi omega-3. Una nuova ricerca pubblicata nella rivista Lipids ha dimostrato che le persone che hanno una malattia delle arterie periferiche (PAD) hanno un Indice Omega-3 più basso rispetto a quelli che non hanno la malattia. Per studiare la relazione tra l’Omega-3 Index e PAD, i ricercatori hanno confrontato l’indice Omega-3 in 145 pazienti con DAUC a 34 controlli senza PAD. Hanno trovato che l’indice di Omega-3 era significativamente più basso nei pazienti PAD rispetto ai controlli (5% vs 6%).

Quando controllavano altre caratteristiche del paziente che avrebbero potuto influenzare questi risultati (come età, tabagismo, pressione sanguigna, diabete, droghe, ecc.), l’Indice Omega-3 era ancora più basso nei casi rispetto ai controlli.  In ultima analisi, per ogni riduzione unitaria dell’1% nell’Indice Omega-3, le probabilità di essere un paziente PAD sono aumentate del 39%, e per ogni ulteriore anno di pacchetti di fumo le probabilità di essere un caso PAD sono aumentate del 4%. Il team di ricercatori, guidati dal Dr. Grenon, ha eseguito qualche anno fa anche due piccoli trials clinici. Due diverse coorti  di soggetti con arteriopatia periferica hanno assunto integratori a base di omega-3 per un mese, per testare le variazioni di composizione delle membrane dei globuli rossi. L’effetto di integrazione nelle membrane cellulari è risultato positivo. Gli acidi omega-3 aumentavano anche i mediatori anti-infiammatori (5-HEPE, 15-HEPE), mentre riducevano la concentrazione di acidi omega-6, associati ad un profilo infiammatorio.

Un altro trial clinico è stato pubblicato lo scorso Febbraio (vedere bibliografia scientifica) ed ha studiato la sintesi di altri mediatori risolventi dell’infiammazione (idrossi-derivati), come le resolvine e le marensine.  Indici di infiammazione come la proteina C-reattiva, non hanno fatto registrare cambiamenti. Il dott. Bill Harris, PhD, uno degli autori dello studio, ha dichiarato: “È probabile che il carico infiammatorio inferiore associato a un più alto indice Omega-3 possa essere parte della spiegazione dei nostri risultati. In che modo gli integratori a base di omega-3 o un aumento del consumo di pesce grasso potrebbero impedire lo sviluppo dell’arteriopatia periferica, sarà oggetto di studi futuri”.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Ramirez JL et al., Grenon SM. Lipids. 2019 Mar 18.

Ramirez JL et al. J Surg Res. 2019 Feb; 238:164-174. 

Capó X et al. Eur J Med Chem. 2018 Jun; 153:123-30.

Iwasaki T et al. Ann Vasc Dis. 2018 Mar; 11(1):96-100.

 

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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