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Lotta all’osteoporosi: la terapia si evolve dai bifosfonati ai biolipidi azotati

L’osteoporosi colpisce prevalentemente gli anziani e, a livello globale, si stima che 200 milioni di persone abbiano l’osteoporosi. La condizione colpisce circa 1 su 3 donne di età superiore ai 50 anni, mentre 1 su 5 maschi presenterà fratture a cui l’osteoporosi si riferisce durante la loro vita. SI ritiene, infatti, che uno dei fattori promuoventi la comparsa della condizione sia la carenza di ormoni femminili in menopausa. Ci sono alcuni fattori di rischio per l’osteoporosi che le persone non possono evitare, come l’età avanzata e il sesso. Ma gli esperti hanno anche identificato alcuni fattori di rischio modificabili, ad esempio il fumo di tabacco e il consumo di alcolici aumentano il rischio. Gli scienziati ritengono inoltre che i fattori dietetici potrebbero svolgere un ruolo. L’osteoporosi è di fatto un grave fenomeno sociale ad elevato impatto sanitario.

L’allungamento della vita media, per contro, ha permesso lo stabilirsi di patologie croniche su base degenerativa. Le fratture conseguenti a questa patologia influenzano la morbidità, sicuramente comportano una severa disabilità motoria, specie per l’anziano, e compromettono la globale qualità di vita. La classica terapia dell’osteoporosi si basa sull’integrazione di calcio, vitamina D ed una categoria di farmaci di ampio uso chiamati bifosfonati.  Ma la regolazione del calcio e del fosforo nelle ossa è molto più complessa di quello che si creda. Gli scienziati credono che persino manipolare il metabolismo di certi grassi può stabilizzare o indebolire le ossa. Uno di questi è la sfingosina-1-fosfato (S1P). La sfingosina-1-fosfato è un lipide bioattivo naturale, che deriva dalle ceramidi, e un primo o secondo messaggero comune nei sistemi cardiovascolare e immunitario. Viene trasformata in sfingosina principalmente nell’endotelialio vascolare o nei globuli rossi / piastrine circolanti.

Inoltre, S1P può essere trasportata nei vasi sanguigni e circolare nel sangue legato all’albumina. In circostanze normali, la generazione e il degrado di S1P mantengono un equilibrio dinamico. L’interruzione di questo equilibrio porta a disfunzioni e malattie di molti organi. In sintesi, gli enzimi correlati a S1P potrebbero essere obiettivi futuri per il trattamento di disturbi ossei. Precedenti studi hanno scoperto che S1P è responsabile della migrazione e della differenziazione degli osteoclasti, quelli che degradano l’osso. La S1P possiede 5 recettori di superficie noti, ognuno con caratteristiche distintive e funzioni in vari tessuti. Fra questi, sembra che il terzo (S1PR3) sia quello con gli effetti più marcati sul tessuto osseo. Esso è espresso sugli osteoblasti maturi, le cellule strutturali dell’osso. La S1P può fungere da stimolante della loro divisione attraverso il S1PR3 e poi spingerle verso la maturazione. Inoltre, S1P regola anche la funzione degli ormoni associati all’osteoporosi.

La calcitonina (CT) è risultata coinvolta nella perdita ossea in modo non canonico, il che ha abolito la secrezione di S1P dagli osteoclasti per inibire la differenziazione degli osteoblasti. L’estrogeno agisce come un mediatore importante nella regolazione del metabolismo della matrice ossea, che partecipa anche all’attivazione di una rete intracellulare composta da molti mediatori citoplasmatici e nucleari. Inoltre, alcuni sfingolipidi possono anche mediare parte degli effetti degli estrogeni: pare che sia il recettore estrogeno (ER-alfa) che quello per la S1P possano avere degli intermedi di dialogo comune. Un altro ormone steroide che sembra connesso alla S1P è il cortisolo. Questo ormone regola lo stress, il metabolismo di carboidrati, grassi e sali minerali. Ma tutti conoscono l’osteoporosi indotta da farmaci, ovvero per terapie cortisoniche prolungate.  Con le loro azioni genomiche, gli ormoni corticosteroidi possono antagonizzare gli effetti positivi della S1P sull’osso.

Sono già stati sviluppati degli attivatori per i recettori della S1P che sono sotto studi di laboratorio. Invero, i meccanismi discussi estendono il loro campo d’interesse ad altre malattie delle ossa come il morbo di Paget, le displasie ossee e il grande tema dell’erosione ossea causata da metastasi tumorali. Tra i diversi tipi di diversi farmaci destinati a uno o più recettori S1P, fingolimod, ponesimod, siponimod, ozanimod e altri farmaci correlati sono coinvolti nell’applicazione clinica e nell’ulteriore sviluppo. Fingolimod (FTY720) agisce come agonista del recettore S1P (S1PR1). Oltre ai suoi effetti modulatori immunologici nella sclerosi multipla, il fingolimod può avere un effetto benefico sulla perdita di massa ossea nella donna osteoporotica. Esso può prevenire la perdita di tessuto osseo buccale in caso di periodontite batterica. Inoltre, è stato dimostrato che il fingolimod potrebbe attenuare anche il dolore indotto dal cancro.

Allo stesso modo, ozanimod è un modulatore specifico e potente per i recettori S1PR1e S1PR5, che ha mostrato effetti terapeutici sulla SM recidivante e sulla colite ulcerosa. In molte altre malattie autoimmuni, ozanimod svolge anche unruolo drammaticamente essenziale nel loro trattamento sperimentale.Fingolimod Non passerà molto tempo prima di veder spuntare sul palco della terapia contro l’osteoporosi una nuova classe di cure sperimentali e innovative.

  • a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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