Le lesioni del sistema nervoso centrale e le malattie neurodegenerative mostrano un ampio spettro di processi fisiopatologici comuni, tra cui stress ossidativo, neuro-infiammazione, eccito-tossicità (da glutammato), demielinizzazione (es. sclerosi multipla) e disfunzioni della neurotrasmissione (es. le epilessie). Negli ultimi decenni, preziose indagini sperimentali hanno contribuito a chiarire il ruolo e la tempistica di questi molteplici meccanismi molecolari e cellulari in ciascuno di questi disturbi particolari, che di solito si sovrappongono e contribuiscono in modo critico alla disabilità a lungo termine. Tuttavia, fino ad ora, non sono disponibili cure definite o terapie efficaci per modificare la malattia per nessuna di queste condizioni. Ciò ha portato a una ricerca attiva di nuovi approcci terapeutici, incluso il riposizionamento di farmaci esistenti per nuove indicazioni, come un approccio valido per spostare prontamente le molecole candidate agli studi clinici. Il progesterone, uno steroide con un ruolo cruciale nella funzione riproduttiva, è una di queste promettenti molecole di riposizionamento, per modulare la complessa serie di eventi cellulari e molecolari osservati in molte di queste malattie nervose.
In effetti, un gran numero di studi preclinici ha fornito solide basi per sostenere un effetto protettivo del progesterone nell’ictus, lesioni cerebrali traumatiche, traumi del midollo spinale, neuropatie centrali e periferiche, sclerosi multipla e morbo di Alzheimer e Parkinson. Il progesterone, che agisce come uno steroide neuroattivo, mostra una quantità significativa di azioni neuroprotettive, antinfiammatorie e pro-mieliniche in diverse lesionidel sistema nervoso, ottenute con modelli sperimentali. Il sistema nervoso centrale presenta un’ampia diversità di recettori del progesterone, sia nei neuroni che nelle cellule gliali, compreso il recettore nucleare “classico” (PR), presente nelle due isoforme PR-A e PR-B. Utilizzando topi knockout per il PR privi di entrambi i recettori, gli scienziati hanno fatto luce sul loro ruolo cruciale nel mediare le azioni benefiche del progesterone nel sistema nervoso. In effetti, il PR sembra essere il principale mediatore degli effetti rimielinizzanti del progesterone. Ad esempio, può ridurre il danno cerebrale e la compromissione motoria dopo l’ictus mediante l’induzione del fattore neurotrofico chiamato BDNF, un potenziale mediatore degli effetti neuroprotettivi di questo ormone.
Sebbene la maggior parte degli studi si sia concentrata principalmente sulle azioni genomiche del PR “classico” ben caratterizzato, recettori aggiuntivi e diversi bersagli intracellulari possono spiegare le molteplici azioni del progesterone. Infatti, nel sistema nervoso centrale sono stati descritti anche i recettori di membrana del progesterone (mPR) e la proteina di membrana legante il progesterone (PGRMC1). Senza essere correlati ai recettori steroidei nucleari, mPR e PGRMC1 e 2 possono impostare azioni veloci sulla superficie cellulare nel sistema nervoso, apparendo come potenziali attori da considerare quando si progettano terapie a base di steroidi. L’espressione dei sottotipi di recettori mPR in specifiche sedi cellulari e del SNC convalida il loro ruolo nel mediare le azioni protettive del progesterone durante l’infiammazione e l’alterazione dell’omeostasi ionica e dell’acqua nelsistema nervoso centrale danneggiato. hanno scoperto che il progesterone migliora significativamente il metabolismo del glucosio sia nei modelli cellulari che transgenici della malattia di Alzheimer, attraverso un meccanismo che coinvolge l’attivazione di PGRMC1.
In particolare, il progesterone e molti dei suoi metaboliti correlati sono modulatori di alcuni sistemi e canali neurotrasmettitori, come i recettori GABA ed NMDA, i canali del potenziale transitorio (TRPs, legati al dolore) e il recettore sigma-1 (Sigma-1R), aggiungendo complessità alle azioni degli steroidi nel sistema nervoso. Il recettore sigma-1 è una proteina cellulare che è molto rappresentata nel sistema nervoso e media gli effetti della dipendenza da farmaci e droghe, la percezione del dolore e comportamenti legati alla dopamina cerebrale, con la quale dialoga a livello di recettori. Esso agisce a livello delle membrane, soprattutto quelle interne (mitocondri e reticolo endoplasmatico), lavorando sulla redistribuzione dei grassi, fra cui gli sfingolipidi che sono i costituenti base della mielina. Infine, esistono prove che il progesterone sembra efficace nel prevenire la degenerazione dei neuroni della retina in caso di maculopatia senile e retinopatia genetica legata al cromosoma X (XLRP). La sua associazione con l’acido lipoico, un fattore vitamino-simile ad azione antiossidante, è addirittura sinergica con questo ormone.
Tuttavia, e nonostante la ricchezza di prove sperimentali a sostegno degli effetti benefici del progesterone, questo steroide, come molti farmaci che hanno avuto successo negli studi pre-clinici, non ha funzionato come previsto negli studi clinici. E i motivi possono essere i più svariati, come succede sempre nel campo della ricerca. Certamente, molte lezioni sono state apprese dalle sperimentazioni cliniche che hanno costretto a rivedere molti aspetti del loro design. Inoltre, affinare la conoscenza sui meccanismi di azione del progesterone per le diverse patologie, dovrebbe essere obbligatorio per fornire un solido supporto per il successo in campo clinico.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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