La crescita della popolazione, una maggiore durata della vita umana e stili di vita malsani porteranno a un grave problema globale di malattie croniche della tarda età, che creeranno un notevole onere economico in tutto il mondo. In effetti, l’età cronologica avanzata è il più grande fattore di rischio perla maggior parte delle malattie croniche del mondo, ma la nostra comprensione dei meccanismi biologici fondamentali che guidano l’invecchiamento non ha tenuto il passo. Caratterizzato da un progressivo declino funzionale dei tessuti e delle cellule nel tempo, il processo di invecchiamento è una caratteristica universale di quasi tutti gli organismi biologici che colpisce più sistemi di organi portando allo sviluppo di diverse patologie degenerative. Recenti prove crescenti, tuttavia, suggeriscono che l’invecchiamento dei mammiferi può forse essere ritardato prendendo di mira i meccanismi di invecchiamento fondamentali che contribuiscono a una serie di condizioni patologiche associate all’età.
La National Osteoporosis Foundation (NOF) riferisce che negli Stati Uniti, 10 milioni di persone vivono con l’osteoporosi, che è una condizione in cui le ossa diventano fragili e si rompono. Si ritiene che altri 44 milioni di individui degli Stati Uniti abbiano una bassa densità ossea. Inoltre, l’NOF avverte che circa la metà di tutte le persone nel paese di età pari o superiore a 50 anni “sono a rischio di rottura di un osso e dovrebbero preoccuparsi dellasalute delle ossa. I ricercatori della Mayo Clinic di Rochester, alcuni anni fa hanno scoperto una nuova causa per l’osteoporosi nei topi. Il team è guidato da Joshua N. Farr, del Kogod Center on Aging and Division of Endocrinology. Le cosiddette cellule senescenti del corpo sono quelle coinvolte nel normale processo di invecchiamento e nelle malattie legate al processo stesso. Per la nuova ricerca, Farr e colleghi hanno progettato diversi modelli di topi in cui i topi avevano una perdita ossea e avevano un’età compresa tra 20 e 22 mesi –l’equivalente di avere più di 70 anni negli anni umani.
I ricercatori hanno preso di mira queste cellule in vari modi. Hanno “spento” certi loroi geni per queste cellule scopo di “uccidere” le cellule senescenti. Infine, hanno usato un farmaco che inibisce l’attività di un tipo di enzima chiamato Janus kinase (JAK2) per bloccare la produzione di una citochina infiammatoria secreta dalle cellule senescenti, conosciuta come interleuchina-6. Gli effetti di tutti e tre gli approcci sull’invecchiamento osseo erano sorprendentemente simili. Tutti hanno potenziato la massa e la forza ossea riducendo il riassorbimento osseo ma mantenendo o aumentando la formazione ossea, che è fondamentalmente diversa da tutti gli attuali farmaci per l’osteoporosi. Alcuni di questi approcci sono stati anche testati su giovani topi di età compresa tra 12 mesi. Inibendoli con farmaci senolitici non ha avuto alcun effetto benefico sulle ossa dei topi giovani, il che rafforza ulteriormente il nesso causale tra le cellule senescenti e l’osteoporosi legata all’età.
I farmaci senolitici utilizzati erano dasatinib e quercetina, e sono stati somministrati in combinazione una volta alla settimana. Il dasatinib è un inibitore di JAK2: la quercetina è un inibitore non specifico di questa proteina, ma esercita un effetto senolitico attraverso meccanismi antiossidanti, antinfiammatori ed epigenetici. Anche se questa combinazione di farmaci senolitici era presente nei topi solo per un paio d’ore, ha eliminato le cellule senescenti e ha avuto un effetto a lungo termine. Questo è un altro elemento della crescente evidenza che i farmaci senolitici prendono di mira i processi di invecchiamento di base, e potrebbero avere un’applicazione diffusa nel trattamento di più malattie croniche. I ricercatori sono anche convinti dei benefici della somministrazione di questa combinazione di farmaci solo a intermittenza, ovvero a intervalli mensili chiaramente stabiliti, rispetto ai farmaci per osteoporosi attualmente disponibili, che devono essere assunti quotidianamente e possono avere gravi effetti collaterali.
Gli attuali farmaci per l’osteoporosi hanno un significativo effetto negativo, in quanto diminuisco il riassorbimento osseo ma non promuovono la ricrescita ossea. I farmaci senolitici utilizzati a intermittenza in questo studio hanno ridotto il riassorbimento osseo, ma hanno preservato la formazione ossea e talvolta a volte l’hanno aumentata. La novità di questo lavoro per il campo osseo sta nel fatto che non mira a un percorso specifico per l’osso, come nel caso di tutti i trattamenti attuali per l’osteoporosi. Piuttosto, è finalizzato a un processo di invecchiamento fondamentale che ha il potenziale per migliorare non solo la massa ossea, ma anche alleviare altre condizioni legate all’età come gruppo. Il team ha un crescente interesse per l’Ipotesi della Geroscienza, che postula che la manipolazione dei meccanismi di invecchiamento fondamentali ritarderà l’aspetto o la gravità di più malattie croniche, perché queste malattie condividono lo stesso fattore di rischio sottostante: l’età.
È interessante notare che il team, oltre a dasatinib e quercetina, ha scoperto composti aggiuntivi che si comportano come farmaci senolitici. Uno di questi è la fisetina, un polifenolo correlato alla quercetina e presente nelle mele; un altro è la piperlongumina, un alcaloide del pepe nero. La quercetina, d’altronde, è possibile trovarla in tutti gli alimenti vegetali di colore scuro (dalle melenzane ai frutti di bosco al vino). Il team ha ottenuto ulteriori prove e dati nel corso degli anni, dimostrando che i topi trattati con farmaci senolitici secondo protocolli stabiliti hanno effettivamente un’estensione della durata della vita. Riassumendo, la senescenza cellulare è un meccanismo fondamentale che presiede al nesso delle malattie croniche legate all’età. A causa delle sfide e dei limiti tecnici nell’identificazione e nella caratterizzazione delle cellule senescenti negli organismi viventi, solo di recente sono stati scoperti alcuni degli importanti ruoli diversi in vivo di queste cellule uniche.
Nuove scoperte indicano che le cellule senescenti e il loro SASP possono avere funzioni benefiche acute, come nella rigenerazione dei tessuti e nella guarigione delle ferite. Tuttavia, al contrario, quando le cellule senescenti si accumulano cronicamente in eccesso nei siti di patologia o nei tessuti vecchi, guidano più malattie croniche associate all’età. Le opzioni senoterapeutiche, inclusi i farmaci senolitici che eliminano selettivamente le cellule senescenti, o quelli senomorfici che inibiscono il loro fenotipo dannoso, sono stati sviluppati e testati in modelli preclinici invecchiati. I ricercatori continueranno a perseguire questi potenziali interventi che mirano a meccanismi fondamentali dell’invecchiamento. In tal modo si spera di contrastare l’osteoporosi e altre condizioni, come diabete, cardiovasculopatie e deperimento muscolare senile (sarcopenia). La ricerca è praticamente una dichiarazione più tecnica della solita raccomandazione “mangiate sano e naturale a tavola”.
- a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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