Normalmente l’osteoartrosi è tenuta ben distinta dall’osteoporosi, sia da parte del medico che chi ne è affetto. A parte i sintomi, anche le terapie farmacologiche differiscono nettamente in queste due condizioni. Normalmente la sintomatologia dolorosa dei sofferenti di artrosi è tenuta sotto controllo con gli antidolorifici della famiglia dei anti-infiammatori non steroidei (FANS). Questi bloccano la sintesi delle prostaglandine, ossia dei principali mediatori dell’infiammazione, riducendo in tal modo anche il dolore. La diminuzione dell’attività degli osteoblasti è la causa principale dell’osteoporosi. La terapia corrente prevede supplementi di calcio, vitamina D e farmaci anti-riassorbimento (alodronati), ma non c’è prescrizione di integratori speciali per le cartilagini in questa patologia. La glucosammina ad alto dosaggio (1 grammo/die o maggiore) è efficace nel trattamento dell’osteoartrosi, ma non è nota alcuna sua indicazione per i pazienti osteoporotici. Questo però potrebbe cambiare.
Alcuni anni fa, un gruppo di ricerca dell’Università di Zhei-Jiang in Cina ha esaminato gli effetti della glucosammina sugli osteoblasti, indagando i potenziali meccanismi cellulari sottostanti.I risultati hanno mostrato che la glucosammina ha un effetto bifasico sulla vitalità degli osteoblasti. A basse concentrazioni, la molecola stimola la proliferazione di queste cellule, mentre ad alte concentrazioni le portano a morte. Non capendo l’origine di questo fenomeno, il team ha pre-trattato gli osteoblasti in coltura con 3-metil-adenina, una sostanza sperimentale che interferisce con un fenomeno chiamato autofagia, ossia l’autodistruzione di parte dei componenti cellulari per avere energia a disposizione. L’induzione della morte cellulare da alte concentrazioni di glucosammina è stata potenziata da questo inibitore, mentre la promozione della proliferazione cellulare da basse concentrazioni è stata significativamente soppressa. È diventato così chiaro che la glucosammina può indurre le cellule ossee a distruggere parte della loro costituzione, per mettere a disposizione nuovo materiale organico.
Ma non si capisce ancora il perché. L’autofagia attivata dalla glucosammina, inoltre è strettamente dipendente dal tempo di esposizione e dalla concentrazione. Lo studio del meccanismo sottostante ha mostrato che la molecola ha interferito con un complesso di proteine cellulari chiamato mTOR. Questo è un sensore degli amminoacidi esterni e controlla la sintesi generale delle proteine dentro le cellule stimolate da svariati fattori di crescita. Il fenomeno non è stato immediato: esso si è verificato entro 48 ore dal trattamento con glucosammina. Ciò vuol dire che comporta l’attivazione di risposte cellulari precoci e tardive: è sicuramente un effetto tardivo e i ricercatori non hanno ancora molti dettagli di cosa ci sta dietro. Ma la conferma del fenomeno ed il comportamento cellulare in risposta alla glucosammina è stata indagata più recentemente da un gruppo italiano dell’Università di Ferrara, che ha pubblicato una ricerca proprio quest’anno.
Al fine di chiarire ulteriormente la rilevanza farmacologica e la potenziale efficacia terapeutica/nutraceutica, l’effetto del trattamento con glucosammina è stato studiato in osteoclasti primari umani (hOC) e osteoblasti (hOB) che sono stati coltivati con metodi tradizionali bidimensionali (2D) o co -coltivate in un sistema dinamico 3D più simile al microambiente osseo in vivo. È stato scoperto che la glucosamina solfato cristallina era efficace nel ridurre la differenziazione e la funzione delle cellule osteoclastiche. Gli hOC isolati da pazienti con osteoartrosi erano più sensibili rispetto a quelli di donatori sani. Inoltre, la molecola ha mostrato effetti anabolici sugli hOC sia nella coltura cellulare convenzionale 2D che nella co-coltura dinamica tridimensionale. Dopo il trattamento con glucosammina, gli osteoblasti hanno aumentato la deposizione di matrice minerale e l’espressione di specifici marcatori di differenziazione, come l’osteopontina (OPN), dimostrandola capacità della molecola di esercitare effetti anabolici.
È noto che la deposizione ossea da parte degli osteoblasti e il riassorbimento da parte degli osteoclasti sono strettamente accoppiati e il loro equilibrio definisce sia la massa che la qualità del tessuto osseo. È importante sottolineare che l’identificazione di molecole in grado di modulare contemporaneamente l’attività di osteoblasti e osteoclasti è un importante beneficio per i pazienti affetti da perdita ossea, in quanto offre l’opportunità di controllare un equilibrio complesso. I farmaci attuali per l’osteoporosi, infatti, o impediscono l’azione degli osteoclasti (es. alodronati) o potenziano quelli degli osteoblasti (vitamina D e calcitonina). Quanto esposto è affascinante, perché è stata scoperta per la prima volta una connessione fra cellule delle cartilagini e cellule ossee, due compartimenti che la reumatologia tiene abbastanza ben separati. Se i risultati delle ricerche verranno ampliati e confermati, si potrebbe suggerire il potenziale della glucosamina anche come agente terapeutico per l’osteoporosi.
A fronte di un integratore il cui costo rispetto ad altri farmaci è molto inferiore, con uno sgravo economico sia per i pazienti che per le spese del sistema sanitario alle prese con un problema di salute pubblica così diffuso.
a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
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