La capacità della Omicron di eludere l’immunità indotta dai vaccini è diventata fonte di preoccupazione in tutto il mondo. La variante Omicron è stata stimata da tre a sei volte più infettiva rispetto alle varianti precedenti con un tempo di raddoppio molto breve. In effetti, le prime proiezioni suggeriscono un raddoppio della durata di 1,6 giorni (Danimarca), 1,8 giorni (Regno Unito), 2 giorni (Scozia e Stati Uniti) e 2,4 giorni (Scozia). Inoltre, è stata segnalata la diffusione della variante di preoccupazione Omicron anche tra individui che sono stati completamente vaccinati contro SARS-CoV2 e in quelli con una storia di COVID-19. I dati sulla trasmissione della variante Omicron sono inadeguati; tuttavia, questa informazione è essenziale per l’effettivo controllo globale di questa variante. Inoltre, è fondamentale determinare se il vantaggio di crescita di questa variante è dovuto all’evasione immunitaria o all’aumentata trasmissibilità intrinseca per questa variante.
Una meta-analisi preliminare degli studi di neutralizzazione ha rilevato che l’efficacia del vaccino si è ridotta a circa il 40% contro i sintomi e l’80%contro le malattie gravi; tuttavia, le vaccinazioni di richiamo sembrano avere un’efficacia rispettivamente dell’86% e del 98%. Una ricerca molto recente e preliminare pubblicata sul server di prestampa medRxiv ha cercato di indagare sulla trasmissione domestica della VOC Omicron esaminando il tasso di attacco secondario e l’aumento dell’evasività immunitaria di entrambe le varianti Omicron e Delta. Questo studio ha anche valutato l’efficacia dell’immunizzazione di richiamo nel ridurre i tassi di trasmissione del virus. Il presente studio ha valutato le dinamiche di trasmissione che si verificherebbero se Omicron VOC si diffondesse tra le famiglie danesi. Qui, il tasso di attacco secondario delle famiglie (SAR) è stato stimato utilizzando i dati dei registri danesi.
I partecipanti allo studio sono stati suddivisi in tre categorie in base al loro stato di vaccinazione, inclusi non vaccinati, completamente vaccinati e vaccinati di richiamo. I partecipanti che erano stati parzialmente vaccinati sono stati considerati non vaccinati in questo studio. I dati hanno indicato che il SAR era del 31% nelle case che hanno riscontrato l’Omicron e del 21% nelle famiglie esposte alla Delta. In tutti i gruppi di età, il SAR stimato perla Omicron era maggiore di quello per la Delta. I potenziali casi secondari non vaccinati hanno avuto tassi di attacco simili nelle famiglie con le varianti Omicron e Delta rispettivamente del 29% e del 28%. Tuttavia, gli individui completamente vaccinati avevano SAR del 32% nelle famiglie con Omicron e del 19% nelle famiglie con Delta. Nel frattempo, Omicron ha reso un SAR del 25% in individui vaccinati con richiamo, mentre Delta è correlato a un SAR solo dell’11% in questa coorte.
Sette giorni dopo l’episodio primario, considerato un risultato positivo del test in questo studio, la possibilità cumulativa di probabili casi secondari è aumentata dal 33-41% a circa l’87-89%. Le probabilità di infezione secondaria erano maggiori nei casi in cui il caso primario, che era il primo individuo all’interno di una famiglia a risultare positivo, era con il Delta piuttosto che con la Omicron. Il settimo giorno dopo che il caso primario è risultato positivo, la probabilità di potenziali casi secondari è aumentata di due volte. Quando il caso primario è stato infettato dalla variante Delta oppure Omicron, il rischio di probabili casi secondari positivi è aumentato dal 3% al 4% il primo giorno. Comparativamente, la probabilità è aumentata al 21% e al 31% il settimo giorno quando il caso primario è stato infettato rispettivamente da Delta e Omicron. Lo studio ha infine esaminato la distribuzione dei valori di soglia del ciclo nei casi primari con queste varianti.
I risultati hanno indicato che la differenza nella trasmissione delle varianti Omicron e Delta non è correlata alle variazioni della carica virale nel caso primario. In particolare, la distribuzione del tempo dall’ultima vaccinazione/richiamo/infezione tra i casi secondari positivi era quasi identica tra le due variazioni. L’attuale studio ha anche rivelato un’associazione intrafamiliare del 98% e del 97,7% tra il caso primario e le varianti del caso secondario nelle famiglie con casi primari di Omicron e Delta, rispettivamente. Ciò ha confermato l’ipotesi che le infezioni successive all’interno della stessa casa possano essere causate dalla stessa variante. In tutti i gruppi di età, il SAR per la variante Omicron è risultato essere superiore a quello per la Delta. Da notare che il SAR per le persone di età pari o superiore a 70 anni era rispettivamente del 32% e del 18% per le varianti Omicron e Delta.
Per riassumere, i risultati dello studio dimostrano che le persone non vaccinate erano più suscettibili all’infezione da parte della variante Omicron. Inoltre, c’era una maggiore trasmissibilità da individui non vaccinati e una diminuzione della trasmissibilità da individui vaccinati di richiamo. Tuttavia, la vaccinazione come strategia di controllo dell’epidemia può vacillare a causa dell’evasività immunologica della variante stessa. Ciò ha conseguenze per le strutture ospedaliere, poiché sottolinea la necessità di una maggiore protezione dalla trasmissione per prevenire la diffusione della variante Omicron. L’unica nota positiva è che gli studi hanno ormai confermato che il COVID da Omicron è molto più leggero di quello da altre varianti, ed i tassi di ricovero nelle rianimazioni o nelle terapie intensive non sembrano essere maggiori rispetto a quelli attribuiti alla variante Delta. Al contrario, questa estrema contagiosità potrà contribuire ad un maggior contributo di ricoveri nei reparti ordinari.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
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