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Gli effetti del caffè sull’intestino: le ultime novità scientifiche tra polifenoli e microbiota

Il caffè è tra le bevande più consumate del pianeta. A moltissimi conquista il suo aroma o semplicemente il pretesto di consumarne una tazzina per scambiare due chiacchiere. Come tutti sanno, il suo consumo eccessivo si associa spesso a due effetti collaterali: bruciore di stomaco e palpitazioni. Questo perché oltre una certa dose, la caffeina inizia ad esercitare effetti farmacologici intensi. Una nuova revisione scientifica, pubblicata su Nutrients, mette in evidenza gli effetti del caffè sulla digestione e sull’intestino e il suo impatto sugli organi coinvolti nella digestione. La revisione, supportata dall’Institute for Scientific Information on Coffee (ISIC), rileva che il caffè ha un effetto stimolante su alcuni processi digestivi e un possibile effetto protettivo contro i comuni disturbi digestivi come i calcoli biliari e alcune malattie del fegato. La revisione di 194 pubblicazioni di ricerca suggerisce che un consumo moderato di caffè (definito dall’EFSA come 3-5 tazze al giorno) non ha prodotto effetti dannosi sui vari organi del tratto digerente.

Due aree di particolare interesse che emergono dalla ricerca sono l’associazione tra caffè e un ridotto rischio di calcoli biliari e l’evidenza che collega il consumo di caffè con un ridotto rischio di pancreatite, sebbene siano ancora necessarie ulteriori ricerche. Nel suo viaggio attraverso il tratto gastrointestinale, il caffè ha tre impatti principali. Innanzitutto, è associato alle secrezioni gastriche, biliari e pancreatiche, tutte necessarie per la digestione degli alimenti. Si è scoperto che il caffè stimola la produzione dell’ormone digestivo gastrina. Senza contare che esso stimola la produzione di acido cloridrico (è la caffeina la principale responsabile), presente nel succo gastrico che aiuta a scomporre il cibo nello stomaco. Il caffè stimola anche la secrezione della colecistochinina (CCK), un ormone che aumenta la produzione della bile, coinvolta anche nella digestione. Una novità importante, non trattata dalle precedenti revisioni scientifiche è che il caffè sembra essere associato a cambiamenti nella composizione del microbiota intestinale.

Pare, infatti, che le fibre solubili ed i polifenoli del caffè possano incentivare l’omeostasi della flora batterica intestinale, al pari di come fanno i polifenoli vegetali di frutta e verdura. Negli studi esaminati, è stato riscontrato che il consumo di caffè induce cambiamenti nella composizione del microbiota intestinale, influenzando principalmente la popolazione dei Bifidobatteri, che sono onnipresenti del tratto gastrointestinale. Questo non vuol dire che si può sostituire la frutta o la verdura alimentari con il caffè, poiché i polifenoli vegetali sono abbastanza diversi da quelli dell’estratto di caffè. E le ricerche scientifiche hanno dimostrato che è la dieta per intero, con la sua varietà di polifenoli, che tiene in salute il microbiota intestinale. Il caffè non possiede flavonoidi come luteolina, kampferolo o quercitina che sono antinfiammatori e regolatori del metabolismo di certi batteri intestinali. I polifenoli del caffè sono principalmente acidi fenolici ed una piccola quantità di lignani, che sono strutturalmente diversi dai flavonoidi.

Il caffè è associato alla motilità del colon, il processo mediante il quale il cibo viaggia attraverso il tratto digestivo. E’ molto noto ai fumatori l’accoppiata “caffe e sigaretta” mattutini, che è riferito stimolare la peristalsi e l’evacuazione. I dati esaminati di quest’ultima revisione suggeriscono che il caffè può stimolare la motilità nel colon tanto quanto i cereali, il 23% in più rispetto al caffè decaffeinato o il 60% in più rispetto a un bicchiere d’acqua e può essere collegato a un ridotto rischio di costipazione cronica. Gli ultimi dati scientifici, infine, sostengono inoltre fortemente l’effetto protettivo del caffè contro le malattie del fegato, incluso il carcinoma epatocellulare, uno dei tipi più comuni di cancro al fegato. Nonostante le prove suggeriscano che il consumo di caffè possa supportare le prime fasi della digestione, la maggior parte dei dati non ha supportato la scoperta che il caffè avesse un effetto diretto sul reflusso gastroesofageo.

Invece, quest’ultimo è un effetto combinato o additivo di altri fattori di rischio come l’obesità e una cattiva dieta. Il consumo di caffè (a chi piace, ovviamente), dunque, non è scoraggiato. Anzi, la presenza dei polifenoli può arricchire la diversità di questi nella dieta quotidiana ed aiutare meglio la stabilità e la diversificazione della flora batterica intestinale. È dalla stabilità di quest’ultima, infatti, che deriva la maggior parte della nostra salute.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD; specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Nehlig A. Nutrients 2022 Jan 17; 14(2):399.

Nehlig A et al. Eur J Nutr. 2021; 60(3):1197-1235.

Correia H et al. Clin Nutr ESPEN 2021; 41:412.

Nehlig A, Cunha RA. Nutrients 2020; 12(10):3141.

Iriondo-DeHond A et al. Nutrients 2020; 13:88.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998, specialista in Biochimica Clinica dal 2002, ha conseguito dottorato in Neurobiologia nel 2006. Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. In libera professione, si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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