L’inquinamento atmosferico ambientale causato dai gas di scarico dei veicoli e dalla produzione industriale può innescare un’immunità adattativa, per cui il corpo reagisce a una specifica entità che causa la malattia. Ma a volte questa risposta adattiva non funziona, provocando infiammazione sistemica, danno tissutale e, in definitiva, malattia autoimmune. Esempi di malattie autoimmuni includono la sclerosi multipla, l’artrite reumatoide, le dermatomiositi, il lupus sistemico e le malattie infiammatorie intestinali. Sia l’incidenza che la prevalenza di queste condizioni sono aumentate costantemente negli ultimi dieci anni, le ragioni per le quali non sono del tutto chiare. Ci sono prove che l’inquinamento particolato predisponga cardiovasculopatie, malattie polmonari croniche e diabete. Se l’inquinamento atmosferico sia collegato a un aumentato rischio di malattie autoimmuni, tuttavia, rimane oggetto di dibattito. La sua influenza sul sistema immunitario trova però prove crescenti. A parte l’azione cancerogena degli idrocarburi policiclici, infatti, questi composti possono alterare le risposte immunitarie tramite specifici recettori intracellulari.
Una ricerca nuovissima pubblicata online sulla rivista ad accesso pubblico RMD Open, riporta che l’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico è collegata a un aumentato rischio di malattie autoimmuni, in particolare l’artrite reumatoide, le malattie infiammatorie intestinali e leconnettiviti. Per cercare di fare luce sui problemi, i ricercatori hanno estratto il Database Nazionale italiano sul rischio di FRAttura (DeFRA) e hanno recuperato informazioni mediche complete su 81.363 uomini e donne presentate da più di 3500 medici tra giugno 2016 e novembre 2020. I ricercatori erano particolarmente interessati al potenziale impatto del particolato (PM10 e PM2.5). Livelli di 30μg/m3 per PM10 e 20μg/m3 per PM2.5 sono le soglie generalmente considerate dannose per la salute umana. La maggior parte erano donne (92%) con un’età media di 65 anni il 22% di esse aveva almeno una condizione di salute coesistente. Ciascun partecipante è stato collegato alla stazione di monitoraggio della qualità dell’aria più vicina gestita dall’Istituto italiano per la Protezione e la Ricerca ambientale tramite il proprio CAP.
A circa 9723 persone (12%) è stata diagnosticata una malattia autoimmune tra il 2016 e il 2020. Le informazioni sulla qualità dell’aria sono state ottenute da 617 stazioni di monitoraggio in 110 province italiane. L’esposizione media a lungo termine tra il 2013 e il 2019 è stata di 16 μg/m3 per il PM2,5 e 25 μg/m3 per PM10. L’esposizione a PM2,5 non era associata a un aumentato rischio di diagnosi di una malattia autoimmune. Ma il PM10 era associato a un rischio maggiore del 7% per ogni aumento di 10 μg/m3 dei livelli, dopo aver tenuto conto di fattori potenzialmente influenti. L’esposizione a lungo termine a PM2,5 superiore a 20 μg/m3 ed a PM10 superiore a 30 μg/m3 era associata, rispettivamente, a un rischio di malattie autoimmuni maggiore del 10%. E l’esposizione a lungo termine al PM10 era specificamente associata a un aumentato rischio di artrite reumatoide, mentre l’esposizione a lungo termine a PM2,5 oltre all’artrite reumatoide, trovava più elevata associazione con connettiviti e malattia di Crohn.
Nel complesso, l’esposizione a lungo termine al traffico e agli inquinanti atmosferici industriali è stata associata un rischio maggiore del 20% di morbo di Crohn, a un rischio maggiore di circa il 40% di artrite reumatoide, e un rischio maggiore del 15% di autoimmunità del tessuto connettivo. Questo è uno studio osservazionale e, in quanto tale, non può stabilire la causa. E i ricercatori riconoscono diversi limiti che potrebbero aver influenzato le loro scoperte. Questi includono: la mancanza di informazioni sulle date della diagnosi e l’inizio dei sintomi della malattia autoimmune; che il monitoraggio della qualità dell’aria potrebbe non riflettere l’esposizione personale agli inquinanti; e che i risultati potrebbero non essere più ampiamente applicabili perché i partecipanti allo studio comprendevano in gran parte donne anziane a rischio di frattura. Ma i ricercatori sottolineano che l’inquinamento atmosferico è già stato collegato ad anomalie del sistema immunitario e il fumo, che condivide alcune tossine con le emissioni di combustibili fossili, è un fattore predisponente per l’artrite reumatoide.
Non a caso, tutti i reumatologi che trattano i loro pazienti con AR sono concordi che costoro dovrebbero assolutamente abolire il fumo di sigaretta, per poter vedere miglioramenti soggettivi e far lavorare meglio i farmaci antinfiammatori. Ma se si abita in città, è impossibile non esporsi alle emissioni veicolari, eccetto che si abiti in periferia o nelle zone immediatamente limitrofe. Dato che non tutti gli esposti al particolato urbano non sviluppano malattie correlate o vedono un aumento personale del loro rischio, è verosimile che il particolato e i suoi composti chimici possano trovare terreno fertile in soggetti la cui situazione immunitaria e genetica permette lo sviluppo di risposte autoimmuni.
- a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
Adami G et al. RMD Open 2022 Mar; rmdopen 2021-002055.
Bellinato F, Adami G et al. JAMA Dermatol. 2022 Feb 16:e216019.
Adami G et al. Rheumatology (Oxford). 2021; 60(10):4591-4597.