E’ dal 2000 che si registra un costante aumento di tutti gli interventi chirurgici, per gli impianti di protesi ortopediche, soprattutto per le donne tra i 65 e i 74 anni. A fine dicembre 2017 si registrava già un raddoppio del numero di interventi sul ginocchio e quintuplicato il numero di quelli alla spalla. L’anca (56,3%) e il ginocchio (38,6%) restano ancora le articolazioni più operate, seguite da spalla (3,9%), caviglia (0,3%) e articolazioni minori (0,9%). Un volume di interventi molto importante per gli oneri del SSN: 181.738 casi già nel 2015 con un impatto sul Fondo sanitario, per il solo intervento chirurgico, stimabile intorno al 1,5%. Le strutture italiane che effettuano interventi primari di sostituzione totale di anca e del ginocchio sono oltre 760. L’artrosi la diagnosi più frequente: ne soffre il 63% dei pazienti operati all’anca e il 95% di quelli operati al ginocchio; nel 30% dei casi si impianta una protesi di anca per trattare una frattura del collo del femore. E proprio questo è il contesto che è maggiormente implicato nella chirurgia protesica. Nel caso delle fratture di femore gli anziani sono la fetta predominante che subisce interventi a seguito di cadute (68%) e problemi legati all’osteoporosi (15%).
Le infezioni hanno riguardato il 7,7% degli interventi di revisione di anca e il 27% di quelli di ginocchio. Negli interventi di elezione è prevalente l’utilizzo di protesi di ginocchio cementate (61,4%) e di protesi di anca non cementate (82,7%); in queste ultime prevale l’utilizzo delle teste in ceramica accoppiate con inserti in polietilene. Questi i risultati scaturiti dal Quarto Report del registro Italiano di ArtroProtesi (RIAP) in seguito alle analisi svolte sui dati nazionali delle Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO) dell’anno 2015 (anca, ginocchio e spalla e, per la prima volta, caviglia) e sui dati raccolti dal RIAP nelle 11 regioni e nelle due provincie autonome partecipanti nel 2016, circa 60.000 interventi di anca e di ginocchio che rappresentavano a quel tempo il 34% del volume nazionale. Nel 2006, la Direzione Generale dei Farmaci e Dispositivi Medici (DGDMF) del Ministero della Salute ha incaricato l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) di studiare un possibile flusso per implementare, su scala nazionale, la raccolta dei dati degli interventi di protesi di anca, il primo nucleo di quello che poi è diventato il RIAP.
L’esperienza RIAP ha mostrato chiaramente che il traguardo della copertura nazionale potrà essere raggiunto solo con l’adozione di provvedimenti che sanciscano l’obbligatorietà della registrazione. La pubblicazione del DPCM 3/3/2017 sui Registri è un grande passo avanti in questa direzione e l’obiettivo di arrivare a raccogliere i dati sull’intero territorio nazionale è più vicino. Il provvedimento ha rafforzato il ruolo dell’ISS e costituisce allo stesso tempo il coronamento del lavoro di molti anni, oltre che un essenziale punto di partenza per la stesura dei Regolamenti necessari a rendere operativa la volontà del legislatore. E gli obiettivi del RIAP sono proprio implementare un sistema di monitoraggio che copra tutto il territorio, sostenere l’offerta delle migliori cure per i pazienti e tutelare la loro sicurezza che, avviato 15 anni fa su mandato del Ministero della Salute, rappresenta oggi una estesa rete di stakeholder che collaborano per creare una raccolta dati nazionale efficiente e di qualità. L’obiettivo del Registro è tutelare la sicurezza dei pazienti e per raggiungerlo non si può prescindere dall’avviare un percorso che analizzi la qualità dei dati raccolti.
Dal Report del 2017 è risultato inoltre che il 46% delle strutture che operano l’anca e il 53% di quelle che operano il ginocchio effettuano meno di 50interventi di artroprotesi l’anno, un numero al di sotto del quale è più probabile che si verifichino delle complicanze post-operatorie. Un altro dato interessante riguarda il genere: le donne sono predominanti, sia per anca, ginocchio e spalla, con un picco nella fascia 65-74. Il contrario accade per la caviglia, per la quale il numero maggiore di interventi è effettuato sugli uomini e l’età è più bassa per entrambi i sessi: meno di 45 gli uomini, 55-64 l edonne. E’ probabile che in questo caso la causa sia più legata a fattori sul lavoro. Confermato il dato dell’anno 2016 precedente sulla mobilità interregionale per gli interventi di anca, ginocchio e spalla: un fenomeno che interessa tutte le regioni e che mostra valori maggiori degli indici di attrazione al Nord e di quelli di fuga al Sud, a conferma della propensione ad essere operati in regioni diverse da quella di residenza. Per la caviglia, invece, gli interventi sono prevalentemente effettuati in tre regioni: Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna.
Nel 2019 sono stati registrati 220.447 interventi di chirurgia protesica, praticamente uno ogni 3 minuti. Con l’arrivo della pandemia si è avuto un abbattimento della casistica che ha visto a partire dal 2001 un aumento del numero degli interventi annuali medio del 4.3%. Solamente nei primi tre mesi della pandemia scattata a Marzo 2020 hanno fatto stimare un calo di almeno 50.000 casi. Dalle prime analisi si è evinto che a marzo 2020 il numero degli interventi in elezione (programmati ma non urgenti) è diminuito del 56% rispetto a marzo 2019 per poi calare drasticamente in aprile(-83% rispetto ad aprile 2019). In maggio e giugno si è osservata una ripresa, senza però registrare valori in linea con gli stessi mesi degli anni precedenti. Secondo i dati del Report RIAP 2019, oltre il 20% degli interventi si concentrava in Lombardia, seguita da Emilia-Romagna, Veneto, Toscana, Piemonte e Lazio. In queste sei regioni, si effettua oltre il 67% degli impianti. Nel Sud, le regioni più attive sono Campania, Puglia e Sicilia che in totale coprono oltre il 15% del volume nazionale.
A distanza di alcuni anni si mantiene sempre il fenomeno della “migrazione” interregionale dei pazienti ortopedici, monitorata dal RIAP attraverso il calcolo degli indici di fuga e di attrazione. In caso di interventi in elezione il 18.3% di pazienti che risiedono al Sud sceglie di essere operato in strutture delle regioni del Nord. Anche per la tipologia di intervento si continua a vedere una netta disparità di sesso: il 60% dei pazienti operati di protesi dell’anca e il 68% di quelli operati di protesi di ginocchio erano donne. Per la spalla la disparità è particolarmente evidente: 72% donne vs 28% uomini. L’età media dei pazienti è oscillata poco negli anni mantenendosi sempre più alta nelle donne rispetto agli uomini nel caso delle protesi di anca, ginocchio e spalla.
- a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD; specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
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