Le malattie gengivali colpiscono milioni di persone nel mondo, ma le persone con diabete hanno un rischio maggiore di svilupparle. La malattia gengivale si manifesta quando i livelli di batteri all’interno della bocca sono sbilanciati e provoca infiammazioni croniche all’interno del corpo. Questa infiammazione è stata collegata a complicazioni cardiovascolari e renali, all’artrite reumatoide nonché alla resistenza all’insulina. Oltre a causare malattie del cavo orale, infatti, i batteri nella cavità orale sono anche strettamente correlati allo sviluppo di varie malattie sistemiche. La cattiva salute orale e la perdita dei denti possono essere correlate allo sviluppo di aterosclerosi coronarica. Una volta stabilita la malattia parodontale, i batteri ei loro prodotti entrano nel flusso sanguigno, attivando la risposta infiammatoria dell’ospite. Questo è noto per incoraggiare la formazione, la maturazione e la vulnerabilità delle placche vascolari.
L’infezione da batteri orali provoca infiammazione in tutto il corpo, come i tessuti parodontali e l’endotelio vascolare, e induce risposte aterosclerotiche di vari gradi a seconda dell’immunità dell’ospite. Uno dei batteri più comuni della bocca, il Porphyromonas gingivalis, è anche il maggiore responsabile della malattia parodontale e induce infiammazione cronica nel tessuto parodontale. Come risposta, il sistema immunitario fabbrica citochine infiammatorie come il TNF-α, le interleuchine 6 e 8 e la proteina C reattiva, che si possono dosare e si ritrovano in alte concentrazioni nella saliva o nel versamento gengivale a causa di reazioni infiammatorie locali nel cavo orale. È stato riportato che queste proteine inducono una reazione infiammatoria sistemica penetrando e circolando attraverso il sistema vascolare. Nei pazienti con parodontite, la carica microbica sottogengivale contribuisce alla comparsa di endotossina batterica nel sangue (LPS).
Il LPS o lipopolisaccaride è un possibile mediatore molecolare tra malattia parodontale e malattia coronarica. È stato confermato che il DNA di P. gingivalis è rilevato nell’ateroma delle cellule endoteliali vascolari in modelli sia di laboratorio che da campioni bioptici post-chirurgici vascolari. Questo conferma che i batteri coinvolti nella parodontosi sono strettamente legati all’aterosclerosi. Ma il problema del diabete non è da meno. Uno studio inglese del 2018 ha provato che curare la parodontite può giovare ad una fetta sostanziale di pazienti diabetici. Nello studio sperimentale in questione, la metà dei partecipanti ha ricevuto un trattamento intensivo per la malattia gengivale, che ha comportato una pulizia profonda delle gengive e un intervento chirurgico minore. L’altra metà ha ricevuto cure standard, che comportano una pulizia euna lucidatura regolari dei denti. Dopo 12 mesi, i partecipanti che hanno ricevuto il trattamento intensivo avevano ridotto i loro livelli di emoglobina glicata (HbA1c) rispetto al gruppo di cure standard.
Ciò suggerisce che il trattamento intensivo delle malattie gengivali potrebbe aiutare alcune persone con diabete di tipo 2 a migliorare i livelli di glucosio nel sangue. I ricercatori hanno anche osservato un legame tra il trattamento e una migliore qualità della vita. L’infiammazione può far parte dei percorsi biologici che portano a diverse condizioni di salute tra cui diabete, malattie cardiache, demenza e malattie reumatiche come l’artrite reumatoide o l’osteoartrosi. I risultati secondo cui la riduzione della parodontite, che è una causa comune di infiammazione, migliora il controllo vascolare, renale e della glicemia nelle persone con diabete di tipo 2, sono eccitanti e potrebbero portare a nuove strategie per migliorare la cura. Il prevenire la progressione del diabete grazie all’igiene orale, di riflesso previene anche le sue complicanze che hanno un peso sanitario quasi pari a quello della malattia stessa.
Attualmente le persone con diabete di tipo 2 non ricevono consigli o cure per la salute orale come parte della loro cura di routine per il diabete. Assieme alla carente informazione medica, probabilmente dovuta alla settorialità e alla non aderenza universale agli aggiornamenti clinici continui, si aggiunge la sconoscenza degli avanzamenti scientifici da parte della popolazione generale. Nel caso delle malattie reumatiche, invece, c’è un progressivo ampliamento degli avvisi e consigli da parte dei clinici specialisti. Dopo le raccomandazioni a chi soffre di artrite reumatoide di ridurre o abolire il fumo di sigaretta, si sta progressivamente aggiungendo quella di curare l’igiene orale. La comunità medica degli ultimi 7-8 anni è ormai consapevole del contributo del microbiota interno nella comparsa di malattie in casi di sbilanciamento o disbiosi. La quasi totalità delle branche specialistiche riconosce ormai molte alterazioni organiche riconducibili a disbiosi interne.
Si va dalla gastroenterologia, all’endocrinologia, diabetologia, ginecologia per passare alla cardiologia e ovviamente infettivologia e immunologia, per citare le più direttamente interessate. L’informazione generale di questo contesto è che si raccomanda sempre di tenere una buona igiene orale. Anche se si ha a che fare con germi invisibili, gli effetti visibili possono comparire nel tempo senza rendersene conto.
- a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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