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Acido oleico: l’acido grasso che condiziona l’infiammazione e l’immunità in molti modi

Introduzione

Nel 2010 la Dieta Mediterranea è stata riconosciuta Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità dall’UNESCO. Inoltre, nel 2012, è stata inserita dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) nel gruppo delle diete più sostenibili al mondo. È considerata la dieta più riconosciuta per la prevenzione delle malattie e un invecchiamento sano, in parte grazie alle sue dimostrate proprietà antinfiammatorie e antiossidanti, che possono influire sulla lunghezza dei telomeri. Questo modello dietetico è caratterizzato da un elevato consumo di verdure, olio d’oliva come principale grasso alimentare, un consumo moderato di pesce, un consumo da basso a moderato di latticini, un basso consumo di carne e un consumo moderato di vino.

L’olivo (Olea europaea L.) è diffuso nel bacino del Mediterraneo, ed è uno dei motivi del nome di questa dieta speciale. L’olio d’oliva, che si estrae dal suo frutto, è il nutriente più caratteristico di questa dieta. L’effetto benefico dell’olio d’oliva sulla salute è ormai consolidato. Gli aspetti utili dell’olio d’oliva sono stati comunemente attribuiti ai suoi componenti minori, come polifenoli, _-tocoferolo e altri composti insaponificabili, ma poca attenzione è stata prestata all’acido oleico (OA). Questo acido grasso è il componente principale dell’olio d’oliva (70-80%) ed è responsabile di molte proprietà salutari. L’OA è prodotto sia attraverso la dieta che attraverso la sintesi endogena.

Cos’è l’acido oleico?

Esso è l’acido grasso monoinsaturo più abbondante nella dieta umana e, a livello endogeno, è il principale tipo di acido grasso monoinsaturo omega-9 nel sistema circolatorio umano formato dalla stearoil-CoA desaturasi 1 (SCD1), principalmente da stearico acido. Nel cervello, è un grande componente dei fosfolipidi di membrana ed è molto abbondante nella mielina. Una significativa diminuzione dell’OA è stata osservata nel cervello di pazienti con disturbi depressivi maggiori e malattia di Alzheimer. Come tutti gli acidi grassi liberi, l’OA ha la funzione principale di essere una molecola energetica e un elemento delle membrane cellulari. Inoltre, dall’identificazione dei recettori di membrana per gli acidi grassi liberi, gli sono state attribuite nuove funzioni cellulari.

L’OA è quindi riconosciuta come una biomolecola nutraceutica versatile ed efficace. Uno dei suoi effetti più caratteristici è la sua capacità antiossidante dovuta alla regolazione diretta sia della sintesi che dell’attività degli enzimi antiossidanti. Questa capacità antiossidante può essere correlata all’effetto ipotensivo attribuito al miglioramento dell’OA della disfunzione endoteliale. Sotto stress ossidativo, la molecola vasodilatatrice ossido nitrico viene convertita in perossinitrito, producendo un effetto ipertensivo. Un’altra proprietà benefica è il suo effetto abbassante sul colesterolo: diminuisce l’espressione delle proteine legate al trasporto del colesterolo, diminuisce il suo assorbimento e l’ossidazione delle lipoproteine a bassa densità (LDL), possibilmente prevenendo l’aterosclerosi.

Le azioni dell’acido oleico nell’immunità

Mantenere un sistema immunitario ottimale è la migliore medicina preventiva. La principale funzione del sistema immunitario è la difesa contro patogeni e le proprie cellule maligne. Sebbene il sistema immunitario dipenda da fattori genetici, altri fattori possono essere modulati dallo stile di vita, come l’esercizio fisico, un buono stato emotivo, le relazioni, la meditazione e una buona alimentazione, perché il sistema immunitario è interconnesso con il sistema nervoso e quello endocrino. Gli immunomodulati possono indurre effetti negativi e positivi. La modulazione negativa è importante nei trapianti di organi e nelle malattie autoimmuni. L’effetto positivo è fondamentale per ripristinare e mantenere l’omeostasi corporea. Gli agenti immuno-modulatori, ad azione antiossidante e antinfiammatoria, hanno attirato grande attenzione come possibili agenti preventivi grazie alla loro capacità di neutralizzare l’infiammazione cronica.

Il meccanismo meglio caratterizzato evidenzia OA come attivatore naturale di SIRT1. Questa proteina è una deacetilasi espressa in modo ubiquitario, con un ruolo significativo nella prevenzione dell’infiammazione e dello stress ossidativo. Entrambi i processi sono fortemente legati a disturbi fisiopatologici, come diabete, malattie neurodegenerative, eventi cardiovascolari e molti disturbi cronici. SIRT1 è altamente espressa nel timo, a sostegno dell’idea che sia associato alla regolazione della funzione immunitaria. Lima et al. hanno riferito che l’OA stimola l’attività di SIRT1 attraverso l’elevazione dei livelli intracellulari di cAMP e la segnalazione della proteina chinasi PKA. SIRT1 ha numerosi bersagli che possono spiegare il suo potenziale terapeutico. SIRT1 deacetila la subunità p65 del fattore di trascrizione NFkB, inibendone l’attività, influenzandone la traslocazione nucleare e la sua capacità di legame al DNA.

Gli acidi grassi a catena lunga (LCFA) sono stati implicati nella modulazione immunitaria. In particolare, l’OA ha attirato grande attenzione negli ultimi anni come possibile nutraceutico. Studi preclinici hanno dimostrato la capacità dell’OA di modulare il sistema immunitario, influenzando sia le risposte immunitarie innate che quelle adattative. Sono state avanzati diversi meccanismi con cui l’acido oleico può condizionare le risposte immunitarie in senso positivo, la principale delle quali sino ad oggi è stata quelle di ritenere esso possa condizionare la fluidità delle membrane cellulari. I progressi della biochimica hanno invece, identificato altre modalità legate all’interazione dell’OA con proteine recettoriali, sia di superficie che dentro le cellule.  FFA1 e FFA4 sono recettori accoppiati a proteine G per gli acidi grassi lunghi, mentre i recettori FFA2 e FFA3 si legano agli acidi grassi a catena corta (SCFA).

Le cellule immunitarie sono state descritte nelle funzioni degli LCFA e nei processi infiammatori. Concretamente, il recettore FFA1 è stato trovato espresso nei neutrofili; tuttavia, questo recettore non è stato trovato nei linfociti o nei macrofagi. Il recettore FFA4 è stato trovato nei macrofagi e nei neutrofili ma non nei linfociti. L’OA ha stimolato la proliferazione dei linfociti umani isolati dal sangue periferico, mentre altri acidi grassi saturi o omega-3 l’hanno diminuita. L’OA è coinvolta nel mantenimento della funzione dei linfociti T regolatori (Treg). La funzione soppressiva delle cellule Treg è fondamentale per controllare le risposte immunitarie e prevenire l’autoimmunità. Uno studio recente ha rilevato che l’OA ha parzialmente ripristinato i difetti nella funzione soppressiva delle Treg isolate da pazienti con sclerosi multipla, migliorandone il metabolismo della fosforilazione ossidativa nei mitocondri.

I recettori perossisomiali (PPAR) sono i principali recettori cellulari per gli acidi grassi. Questi recettori nucleari hanno tre isoforme (alfa, delta e beta/gamma), che sono espresse nei tessuti ossidativi per regolare l’omeostasi energetica. Inoltre, sono stati descritti anche nelle cellule immunitarie, svolgendo ruoli antinfiammatori e di contrasto verso l’aterosclerosi. Le funzioni dei PPAR antinfiammatori sono mediate da diversi meccanismi, principalmente tramite l’espressione genica diretta ma è inclusa anche l’antagonismo versi il fattore NFkB. Un altro meccanismo antinfiammatorio proposto per l’OA è la mediazione del recettore dei glucocorticoidi. Pegorano et al. hanno dimostrato che le forme di dosaggio semisolide contenenti OA mostrano effetti antinfiammatori in vivo tramite i recettori dei glucocorticoidi, in un modello di infiammazione cutanea indotta da radiazioni ultraviolette tipo UVB.

L’effetto antinfiammatorio dell’OA è simile al desametasone (cortisonico) ma senza effetti avversi. Tutti sanno che i glucocorticoidi sono i principali farmaci antinfiammatori ed immuno-soppressori, ma nel tempo causano fastidiosi quando invalidanti effetti collaterali. C’è l’usanza fra chi è affetto da psoriasi di strofinare le parti colpite con olio d’oliva. Senza contare i possibili effetti antinfiammatori di tirosolo, oleuropeina ed altri componenti bioattivi nell’olio stesso, l’effetto antinfiammatorio dell’acido oleico potrebbe in parte centrare; e giustificherebbe il sollievo che provoca questa usanza popolare. Infine, l’acido oleico è il precursore della oleil-etanolamide (OEA), un biolipide cannabinoide-simile. L’OEA è prodotta dall’acido oleico alimentare nell’intestino tenue dopo i pasti. Può svolgere un ruolo importante nella regolazione dell’assunzione di cibo attraverso la stimolazione del nervo vago del centro dell’appetito nel cervello.

Attiva anche le vie edonistiche della dopamina, dell’istamina e dell’ossitocina cerebrale che influenzano l’umore e il desiderio del cibo. L’OEA è una biomolecola con proprietà antiossidanti e antinfiammatorie. Può modulare la risposta immunitaria a due livelli. In primo luogo, induce IkB (antagonista di NF-kB) e migliora l’espressione della interleuchina IL-10 tramite il recettore PPAR alfa. In secondo luogo, l’OEA può modulare la relazione tra PPAR e recettori immunitari Toll-like (TLR). Questa proprietà bifunzionale è essenziale per il trattamento delle malattie infiammatorie con stress ossidativo. Studi preclinici hanno dimostrato che l’OEA è un potente composto antinfiammatorio e antiossidante che esercita effetti neuroprotettivi. L’OEA somministrata per via intra-parenterale, entra attraverso la barriera ematoencefalica (BBB) ed esercitando questa azione rapidamente.

Questo può risultare utile in malattie come la sclerosi multipla, il neuro-lupus e la ormai famosa “nebbia cerebrale” da post-COVID. È stato suggerito che l’eccessiva infiammazione, l’ossidazione e una maggiore risposta immunitaria siano i principali contributori alla patologia COVID-19 ed anche nelle sue sequele. L’OEA attraverso gli effetti e antinfiammatori può essere efficace nell’attenuare la neuro-infiammazione e lo stress ossidativo cerebrale nei soggetti infettati da coronavirus. La maggiore preoccupazione per l’integrazione nei pazienti COVID-19 è stata la sua sicurezza. In precedenti studi clinici, dosi di 250 mg/die di OEA assunte per via orale da parte dei partecipanti hanno mostrato una sicurezza soddisfacente rispetto al placebo. Inoltre, anche quando somministrata all’uomo alla dose di 250 mg/die per 3 mesi, non sono stati segnalati effetti collaterali.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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