Le pazienti con carcinoma mammario triplo negativo (TNBC) hanno una prognosi molto sfavorevole e la sopravvivenza raramente si estende oltre i 12 mesi dal momento della recidiva. Il tasso di sopravvivenza globale a 5 anni nei pazienti con TNBC metastatico (mTNBC) è del 4-20%, molto peggiore rispetto agli altri tipi di carcinoma mammario. I pazienti con TNBC che non ottengono una remissione parziale/completa hanno una prognosi significativamente peggiore, in quanto il regime chemioterapico stesso è responsabile dell’alterazione dell’espressione genica e del potenziamento della capacità di auto-rinnovamento delle cellule staminali del cancro al seno (BCSC) e della selezione clonale. La resistenza alla chemioterapia è uno dei maggiori problemi nel trattamento del TNBC recidivato e del mTNBC. I dati di sopravvivenza provenienti da studi clinici indicano che l’ipossia intratumorale e l’aumento dell’espressione del fattore 1 alfa inducibile dall’ipossia (HIF-1 alfa) sono associati a tumori aggressivi.
HIF-1alpha è stato anche segnalato come prerequisito per la resistenza alla chemioterapia dei BCSC. Sia HIF-1 alfa che beta sono noti per attivare i fattori coinvolti nella pluripotenza e regolare il fenotipo delle cellule staminali, sia nelle cellule normali che in quelle tumorali. Ma ci sono altri fattori di trascrizione che possono condizionare la potenziali delle cellule staminali BCSC, fra cui lo stesso recettore per gli estrogeni. La forma alfa (ER-α) è quella prevalentemente espressa ni tumori mammari, eccetto nel triplo negativo. La forma beta (ER-β), di cui esistono 5 isoforme differiscono nelle porzioni finali della molecola. Mentre si sa abbastanza sulla isoforma beta1, gli scienziati non ne sanno ancora molto sulla isoforma beta4 nel contesto del carcinoma mammario e delle sue cellule staminali maligne. Nonostante il basso livello di espressione, tutti gli studi, confermano l’espressione delle varianti ER in tutti i sottotipi mammari; inoltre, confermano la perdita dell’espressione di ER beta1 in oltre l’80% dei tumori al seno.
Scienziati del Karolinska Institutet a Stoccolma hanno provato che in quattro diverse linee cellulari TNBC mutanti per p53, che hanno un recettore ER beta1con troncamento del dominio di legame del ligando, hanno mostrato una maggiore resistenza alla chemioterapia e sopravvivenza cellulare. Tuttavia, nelle stesse linee cellulari mutanti Tp53 TNBC, il knockdown di ER beta4 ha reso le cellule sensibili al paclitaxel. L’aumentata espressione di alcuni o tutti i fattori di pluripotenza indotti in tutte le cellule TNBC studiate, come risultato del troncamento di LBD in ER beta1, e l’attenuazione dello stesso con il knockdown di ER beta4, suggerisce che ER beta1 e ER beta4 influenzino la staminalità delle cellule TNBC in modo opposto. Le cellule staminali BCSC sono state descritte per la prima volta nel 2003, sulla base dell’espressione degli antigeni CD24 e CD44. Il trattamento con PTHPP, l’antagonista farmacologico di ER beta1, ha portato a un aumento medio di 5-9 volte nella popolazione di cellule staminali tumorali.
ER beta1 ha precedentemente dimostrato di inibire l’espressione di HIF-1 alfa sia nel cancro al seno che nel cancro alla prostata. Tuttavia, le varianti ER beta2 e ER beta 5 hanno dimostrato di stabilizzare HIF-1alpha, contrastando l’effetto inibitorio di ER beta1. Per quanto sia entusiasmante il fatto che fra i veri recettori estrogenici, i ricercatori siano stati in grado di identificare quello che con molta probabilità controlla il potenziale di rinnovamento del tumore mammario, resta un problema. Come detto prima, le 5 isoforme del ER-beta sono identiche nella regione che lega le molecole (LBD), quindi trovare una molecola che prenda di mira selettivamente l’soforma beta4 implica sintetizzare una molecola che si accomodi nella LBD, ma che abbia un prolungamento che interagisca anche con la regione finale (C-termine) che ha una sequenza unica. Questo potrebbe essere fatto con uno sforzo collaborativo con chimici e biologi molecolari che usino il modeling proteico computerizzato.
Non è uno sforzo da poco; ma se potesse essere portato a termine, si avrebbe nell’armamentario terapeutico una molecola specifica contro le cellule staminali che rinnovano la malignità del tumore mammario.
- a cura del Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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