sabato, Novembre 23, 2024

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Acido urico alto: il fattore di rischio da controllare per la comparsa di demenza o Parkinson

La gotta, che viene spesso definita iperuricemia, è la forma più diffusa di artrite infiammatoria, in quanto colpisce tra l’1% e il 4% della popolazione. La gotta è il risultato della deposizione di cristalli di urato monosodico nelle articolazioni e nei tessuti periarticolari, che successivamente porta a una reazione infiammatoria, gonfiore e dolore. Recenti studi hanno fatto osservazioni contrastanti sulla relazione tra gotta e malattie neurodegenerative. Ad esempio, alcuni studi osservazionali hanno riportato che la gotta è associata a un ridotto rischio di demenza, in particolare il morbo di Alzheimer, mentre gli studi di randomizzazione mendeliana non hanno confermato questi risultati. È stato anche dimostrato che una storia di gotta aumenta il rischio di ictus cerebrale. Questi risultati contraddittori sottolineano la necessità di ulteriori studi, in particolare quelli che coinvolgono l’analisi della struttura cerebrale, per comprendere meglio la relazione tra gotta e malattie neurodegenerative.

C’è da sottolineare che la prevalenza della gotta oggi non è come quella del passato: oggi raramente l’acido urico alto si traduce nella comparsa di pomfi dolorosi alle estremità, soprattutto nei piedi. E’ molto più probabile che esso venga scoperto durante dei controlli medici di routine e trattato con ipouricemizzanti come allopurinolo e febuxostat. L’acido urico alto è stato associato al fenomeno dell’insulino-resistenza e allo stress ossidativo, soprattutto a carico dell’endotelio dei vasi sanguigni. Considerato che le ultime scoperte affermano che sia il metabolismo del glucosio delle cellule cerebrali, che la circolazione sanguigna arteriosa sono compromesse prima che compaia la demenza senile, capire come si eserciti la tossicità dell’acido urico nel cervello è fondamentale. Una nuova ricerca ha arruolato volontari di età compresa tra 40 e 69 anni dallo studio United Kingdom Biobank (UKB) tra il 2006 e il 2010. Un sottogruppo di questi pazienti è stato sottoposto a imaging, inclusa la risonanza magnetica (MRI) del cervello.

I livelli sierici di tutti i partecipanti sono stati stimati all’inizio dello studio. I risultati della risonanza magnetica sono stati utilizzati per determinare se le relazioni causali potessero spiegare le associazioni osservate con la struttura cerebrale. Sono state eseguite anche valutazioni MRI lineari a un campione (gotta) e a due campioni (urati) utilizzando statistiche riassuntive ottenute da partecipanti europei. Nello studio in corso sono stati inclusi un totale di 11.735 partecipanti con gotta, 1.165 dei quali sono stati sottoposti a imaging cerebrale. Circa il 31% di tutti i pazienti affetti da gotta era attualmente in trattamento con farmaci ipouricemizzante. La maggior parte dei pazienti con gotta erano anziani e maschi. In particolare, i livelli di urato nei pazienti con gotta maschile erano positivamente correlati con l’assunzione di alcol. Durante il periodo di follow-up, 3.126 partecipanti hanno riportato demenza, con il doppio delle probabilità di morte dei pazienti affetti da gotta rispetto ai controlli.

I livelli di urato erano inversamente associati al cervello globale, alla materia grigia, alla materia bianca e ad alti volumi di liquido cerebrospinale. In effetti, si è scoperto che la gotta esercita lo stesso impatto sul volume globale della materia grigia di quello che si osserva confrontando le scansioni cerebrali di un individuo sano con quelle di un individuo di due anni più vecchio. Alcune delle regioni specifiche della materia grigia del cervello colpite dalla gotta includevano il cervelletto, il ponte e il mesencefalo. Allo stesso modo, le regioni della sostanza bianca, compreso il fornice, hanno mostrato una diffusività media più elevata e un’anisotropia frazionaria inferiore nei pazienti con gotta. Una storia di gotta e alti livelli sierici di urato erano anche associati a un maggior grado di deposizione di ferro nel putamen bilaterale e nel caudato, strutture dei gangli della base. Non casualmente, questi ammassi cellulari sono quelli che degenerano proprio nel Parkinson.

Livelli elevati di ferro all’interno di queste strutture cerebrali possono essere dovuti a processi infiammatori correlati alla gotta o a una scarsa escrezione urinaria di ferro, poiché è stato riscontrato che il controllo della funzione renale riduce questa associazione. La gotta era positivamente associata alla demenza, in particolare alla demenza vascolare (la forma più comune di demenza senile), con il più alto rischio di diagnosi di demenza che si verificava nei primi tre anni dopo una diagnosi di gotta. Tuttavia, i ricercatori non hanno osservato alcun marcatore di imaging classico della malattia di Alzheimer o della demenza vascolare nel cervello dei pazienti affetti da gotta. Molto probabilmente le anomalie cellulari a questo stadio non sono ancora così severe da compromettere la vitalità e il trofismo del tessuto cerebrale. Questi dati però, possono fornire nuove informazioni sui diversi percorsi coinvolti nella patogenesi delle malattie neurodegenerative che possono essere utilizzate per identificare nuovi bersagli terapeutici.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Topiwala A, Mankia K et al. Nature Commun. 2023; 14(1):1-9.

Li Q, Cen K, Cui Y et al. Neurol Sci. 2023; 44(6):2017-2024.

Aerqin Q, Jia SS et al. J Alzheimers Dis. 2022;90(2):761-773.

Zhou Z et al. Front Aging Neurosci. 2021 Feb 25; 13:625690. 

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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