La ricerca esistente ha riportato che prendere di mira il metabolismo delle cellule T nell’autoimmunità può risultare vantaggioso dal punto di vista terapeutico. I linfociti T sono una cellula del sangue centrale che aiuta il corpo a combattere infezioni e malattie, ma nelle malattie autoimmuni si rivolgono contro i tessuti normali per causare malattie. Come tutte le cellule, anche essi usano sia glucosio e acidi grassi come fonte di energia, a secondo delle necessità. I ricercatori della Swansea University hanno scoperto che un farmaco comunemente usato per trattare il diabete di tipo 2 può essere potenzialmente utilizzato nel trattamento delle malattie autoimmuni. Gli accademici della Facoltà di Medicina, Salute e Scienze biologiche dell’Università hanno scoperto che il farmaco, canagliflozin (nome commerciale Invokana), potrebbe essere usato per trattare disturbi autoimmuni come l’artrite reumatoide e il lupus eritematoso sistemico poiché colpisce le cellule T, che formano un componente essenziale del sistema immunitario.
Canagliflozin è un farmaco che controlla i livelli di zucchero nel sangue nelle persone con diabete di tipo 2. Tuttavia i ricercatori hanno trovato un ruolo inaspettato per il farmaco che coinvolge il sistema immunitario umano. Il nuovo studio, finanziato dal Medical Research Council, ha scoperto che canagliflozin riduce l’attivazione delle cellule T, suggerendo che il farmaco potrebbe essere riproposto come trattamento per l’autoimmunità. Sono stati condotti esperimenti di laboratorio per esplorare i potenziali meccanismi molecolari alla base di questa nuova scoperta. Canagliflozin inibisce la segnalazione del recettore delle cellule T (TCR), con un impatto sull’attività delle vie di segnalazione di ERK e mTORC1, associata a una paralleal riduzione della funzione della proteina nucleare c-Myc. La compromissione di c-Myc è dipesa un mancato coinvolgimento della conversione mRNA-proteina (traduzione ribosomiale) con conseguente compromissione della produzione di proteine ed enzimi metabolici e trasportatori di membrana, tra i bersagli molecolari identificati.
È importante sottolineare che le cellule T trattate con canagliflozin derivate da pazienti con malattie autoimmuni hanno compromesso la loro funzione effettrice. I ricercatori sperano che il farmaco entri presto in una sperimentazione clinica per il trattamento di alcune malattie autoimmuni in futuro. Il Dr. Nick Jones, autore senior e leader dello studio, ha spiegato: “I nostri risultati sono significativi in quanto forniscono le basi per lo sviluppo clinico di canagliflozin per il trattamento di alcune malattie autoimmuni. Poiché il farmaco è già ampiamente utilizzato e ha un noto profilo di sicurezza negli esseri umani, potrebbe potenzialmente raggiungere la clinica più rapidamente di qualsiasi nuovo farmaco sviluppato e portare benefici più rapidamente ai pazienti con malattie autoimmuni. L’identificazione di nuovi ruoli per i farmaci attualmente utilizzati in altri contesti patologici è un’entusiasmante area di ricerca. Dato che la nostra ricerca si rivolge principalmente al metabolismo delle cellule immunitarie, speriamo che i potenziali benefici terapeutici delle nostre scoperte siano applicabili a un’ampia gamma di condizioni”.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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