Oltre ai batteri residenti nell’intestino, le infezioni batteriche, come la parodontite (malattia gengivale), aumentano l’LPS infiammatorio presente nel sangue e nel cervello e il rischio di malattia di Parkinson (PAR). Nell’intestino, le endotossine sono relativamente benigne; tuttavia, quando vengono traslocati nel flusso sanguigno, promuovono l’aggregazione dell’α-sinucleina (α-syn) per poter innescare poi l’infiammazione sistemica e cerebrale che esacerba la perdita neuronale. Curiosamente, poiché il PAR è una malattia neurodegenerativa biologicamente eterogenea, elevate endotossine LPS nel siero potrebbero essere particolarmente rilevanti per la patogenesi della malattia solo in un sottogruppo di pazienti con Parkinson. Di conseguenza, anche i sintomi gastrointestinali precoci nel PAR non sono universali, con solo il 30% circa dei pazienti con PAR di nuova insorgenza che riporta stitichezza.
Per molto tempo, i ricercatori hanno ipotizzato che le endotossine lipopolisaccaridiche (LPS) rilasciate dalla membrana esterna dei batteri Gram-negativi, ad esempio Bacteroides fragilis ed Escherichia coli residenti nell’intestino soprattutto nel colon, contribuiscano alla patogenesi della malattia di Parkinson. Data la sua natura lipidica, l’LPS può attraversare le membrane cellulari e quelle funzionali per traslocare nel torrente sanguigno dall’intestino. Ovviamente, se la mucosa intestinale è infiammata cronicamente ed è presente una permeabilità alterata (leaky gut), la traslocazione suddetta è facilitata. La compromissione della parete intestinale può provocare la traslocazione del microbiota intestinale insieme ai loro metaboliti nel sistema circolatorio, che può influenzare il meccanismo omeostatico generale. I metaboliti rilasciati possono associarsi a substrati proteici che influenzano diversi percorsi biologici.
La dieta influenza anche i livelli circolanti di LPS, in particolare i pasti ricchi di grassi che innescano l’endotossiemia metabolica. Tuttavia, la causa principale dell’aumento dei livelli di LPS nel sangue è l’aumento della permeabilità intestinale. Il lipopolisaccaride è stato implicato per svolgere un ruolo definito nella neurodegenerazione progressiva. L’interazione molecolare dei metaboliti lipidici può avere un effetto neuromodulatore diretto sui componenti proteici omeostatici che possono essere trasportati al SNC attraverso il nervo vago. L’α-sinucleina è una di queste proteine partner, le cui interazioni molecolari modulano la sua propensione complessiva all’aggregazione. È stato dimostrato che l’LPS influenza la cinetica di aggregazione della proteina in una via infiammatoria alternativa della patogenesi del PAR. Diversi altri contenuti lipidici delle membrane batteriche potrebbero anche essere responsabili dell’inizio dell’amiloidogenesi α-syn.
In un recente articolo pubblicato sulla rivista Movement Disorders, i ricercatori hanno esaminato questa ipotesi, delineando le prove a sostegno di questa teoria e dei suoi limiti per verificare se le endotossine LPS contribuiscano effettivamente in modo sostanziale alla patogenesi della PAR. In questo studio, circa il 25% dei pazienti con PAR presentava livelli di endotossine superiori a quelli dei controlli; tuttavia, il 70% dei pazienti con PAR presentava livelli normali di endotossina sierica. Tuttavia, il loro set di campioni comprendeva solo 41 pazienti PAR e controlli (piccolo set di campioni). Pertanto, sarebbe interessante monitorare i livelli sierici di LPS dei pazienti con PAR per giorni, mesi e anni e accertare se questi aumentino transitoriamente o permanentemente per quanto riguarda la progressione della PAR. Successivamente, gli autori hanno dosato l’LPS su campioni di sangue umano.
In questo studio, hanno utilizzato il test con lisato di amebociti di Limulus (LAL) e hanno trovato un livello medio di LPS più alto di circa il 60% nel siero dei pazienti con PD. Questo test quantifica l’attività biologica di campioni contenenti LPS in unità di endotossine (UE) per indurre la coagulazione del sangue del granchio a ferro di cavallo Limulus. Variando con la fonte LPS, una UE equivale all’incirca a 100pg LPS. Tuttavia, poiché le concentrazioni ematiche di LPS sono così basse, la maggior parte dei test commerciali non riesce a rilevare l’LPS. Inoltre, l’emivita di LPS nel sangue è breve. Pertanto, i ricercatori hanno enfatizzato l’uso del plasma per la quantificazione dell’LPS nei pazienti utilizzando provette di raccolta con basse concentrazioni di eparina. Inoltre, i ricercatori hanno evidenziato che l’esposizione accidentale e l’iniezione di LPS in esseri umani sani potrebbero indurre diversi sintomi non motori osservati tra i pazienti con PAR.
La base fisiopatologica del Parkinson è multifattoriale, aumentando la possibilità che i sintomi della malattia indotti dall’LPS non siano unici. Esperimenti sui topi hanno dimostrato che l’endotossina periferica aumenta la permeabilità della barriera emato-encefalica (BEE) e l’assorbimento di α-sinucleina nel cervello dei topi. Questa osservazione ha aiutato i ricercatori ad arrivare a un’ipotesi a doppio colpo per il PAR: livelli aumentati di endotossina LPS combinati con α-sinucleina aggregabile guidano la perdita neuronale correlata alla malattia. In secondo luogo, gli autori hanno notato che la microglia, i macrofagi cerebrali che mediano l’immunità innata e l’infiammazione, si attivano nella substantia nigra dei pazienti con PAR. Anche in volontari umani sani, l’iniezione endovenosa di LPS ha indotto una robusta attivazione della microglia nella maggior parte delle aree cerebrali in pochissimo tempo.
Durante le condizioni ipossiche (e in presenza di interferone-gamma), il LPS ha indotto l’ossido nitrico sintasi (iNOS) nella glia locale per uccidere i neuroni. Inoltre, gli scienziati hanno identificato la base genetica di come l’endotossina LPS ha attivato il gene SNCA che esprime l’α-sinucleina che ha innescato la neuropatologia. L’ipotesi dell’endotossina, quindi, potrebbe essere rilevante sia per le forme idiopatiche che genetiche del PAR. Per concludere, se l’ipotesi dell’endotossina è valida, i ricercatori hanno evidenziato la necessità di valutare molte strategie terapeutiche mirate al PAR negli studi clinici. In primo luogo, le terapie dovrebbero manipolare il profilo batterico intestinale per ridurre le specie produttrici di endotossine e provare a ridurre la permeabilità intestinale. Tecniche come il trapianto di microbiota fecale (FMT) e l’uso di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) potrebbero aiutare a raggiungere questi obiettivi.
Per proteggere gli animali dalla sepsi da Gram-negativi, devono essere vaccinati solo con LPS disintossicato per indurre anticorpi anti-LPS. I farmaci che riducono l’espressione e l’attività del recettore dell’LPS TLR4 (recettore Toll-4), ad esempio il Candesartan, potrebbero essere un intervento degno di studio. Allo stesso modo, il blocco del recettore del complemento 3 e del recettore P2Y6 dei nucleotidi, potrebbe ostacolare la risposta della microglia all’LPS. Ancora più importante, gli studi che testano più varianti dell’ipotesi dell’endotossina richiedono la selezione dei pazienti in base ai loro livelli di endotossina al basale. Inoltre, questi studi dovrebbero quantificare l’endotossina e i suoi biomarkers in ampie coorti sia di pazienti che prodromiche, prima che la malattia si manifesti. Tuttavia, i meccanismi correlati all’endotossina LPS sembrano molto rilevanti in un sottogruppo di pazienti con PD e possono sicuramente essere utili per strategie di intervento personalizzate.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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