I modelli murini di rimielinizzazione sono spesso utilizzati per valutare l’efficacia dei farmaci e i meccanismi farmacologici di azione per la SM. Tuttavia, i modelli murini non sono attualmente disponibili per indagare se il potenziamento farmacologico della rimielinizzazione promuova il recupero funzionale. Recentemente, è stato dimostrato che il modello murino di demielinizzazione della capsula interna (CAI) indotta da liso-fosfatidilcolina (LPC), può essere utilizzato per valutare le funzioni motorie e la rimielinizzazione. L’a CAI è un importante tratto di sostanza bianca dei motoneuroni che proietta dalla corteccia cerebrale al midollo spinale e questo percorso regola i movimenti degli arti. Nei pazienti con SM e ictus della sostanza bianca, i tratti cortico-spinali sono danneggiati dalla demielinizzazione della sostanza bianca della CAI, con conseguente disfunzione motoria simile all’emiparesi.
La clemastina è un farmaco antimuscarinico che ha dimostrato di promuovere la differenziazione e la rimielinizzazione degli oligodendrociti. E’ stato identificato come un farmaco candidato per la SM che ha promosso la differenziazione e la mielinizzazione delle OPC utilizzando una piattaforma di screening ad alto rendimento (HTS). Recentemente, è stato segnalato che la clemastina promuove il recupero funzionale nei modelli di lesione cerebrale ipossica e lesione del midollo spinale tramite il recettore muscarinico M1. Rapporti precedenti mostrano che la rimielinizzazione accelerata mediante delezione del recettore muscarinico M1 negli oligodendrociti, previene la distrofia assonale nel modello sperimentale di encefalomielite autoimmune (EAE). Nel 2017 uno studio clinico randomizzato su pazienti affetti da SM ha dimostrato l’efficacia della clemastina per il trattamento della lesione demielinizzante cronica nella SM.
Scienziati della School of Medicine, Jichi Medical University, Giappone, hanno scoperto che la somministrazione di clemastina dopo la demielinizzazione IC ha migliorato la funzione motoria e migliorato la paralisi motoria asimmetrica. Inoltre, l’IC nei topi trattati con clemastina ha mostrato una maggiore densità di oligodendrociti e la rimielinizzazione è stata notevolmente migliorata. Dopo la demielinizzazione, i progenitori degli oligodendrociti (OPCs) migrano verso le lesioni demielinizzate e maturano a forme adulte. Successivamente, la rimielinizzazione viene indotta spontaneamente. Per esaminare la densità degli oligodendrociti maturi nelle lesioni demielinizzate, gli scienziati hanno eseguito la colorazione con immunofluorescenza utilizzando anticorpi anti-Olig2 e anti-CC1. Nella lesione sono stati osservati oligodendrociti maturi CC1-positivi.
La loro densità è stata significativamente aumentata dal trattamento con clemastina, suggerendo che la clemastina promuove la differenziazione degli oligodendrociti durante la rimielinizzazione delle lesioni EAE. Dietro il meccanismo molecolare della clemastina c’è sicuramente l’azione antagonista sui recettori M1 dell’acetilcolina, ma altre nozioni indicherebbero che ci sono meccanismi aggiuntivi. Un team di ricercatori della Facoltà di Farmacia dell’Università del Cairo, ha indagato per verificare l’azione della clemastina sulla segnalazione dell’inflammasoma NLRP3 nell’encefalomielite autoimmune sperimentale (EAE) come modello di ratto MS. Nel cervello di questi ratti malati, erano sovraregolati i componenti del percorso NLRP3, la proteina chinasi attivata dallo stress (p38), la proteina adattatore ASC, la caspasi-1, le interleuchine 1β e -18 insieme a marcatore gasdermin D.
Questi erano accompagnati da una diminuzione del fattore di trascrizione protettivo Nrf2, dell’eme ossigenasi-1 (HO-1) e dei livelli di capacità antiossidante totale. La clemastina però ha migliorato queste perturbazioni così come perdita di peso, punteggi clinici e disturbi motori osservati nei test motori. Infine, a distanza di 5 anni dalla pubblicazione del loro trial clinico (Green A et al., 2017), lo stesso team di autori ha usato una tecnica di neuroimaging per tentare di visualizzare come si ripara la mielina. Nel cervello, l’acqua intrappolata tra i sottili strati di mielina intorno alle fibre nervose non può muoversi liberamente come l’acqua tra le cellule. Questa proprietà unica della mielina ha consentito agli esperti di sviluppare una tecnica per confrontare la differenza nei livelli di mielina prima e dopo la somministrazione del farmaco, misurando la cosiddetta frazione acquosa della mielina, o il rapporto tra l’acqua mielinica e il contenuto totale di acqua nel cervello-tessuto.
Nello studio, i pazienti con SM arruolati nello studio ReBUILD sono stati divisi in due gruppi: il primo gruppo ha ricevuto clemastina per i primi tre mesi dello studio e il secondo gruppo ha ricevuto clemastina solo nei mesi da tre a cinque. Usando la frazione dell’acqua della mielina come biomarcatore, i ricercatori hanno scoperto che l’acqua della mielina è aumentata nel primo gruppo dopo che i partecipanti hanno ricevuto il farmaco e ha continuato ad aumentare dopo che la clemastina è stata interrotta. Nel secondo gruppo, la frazione acquosa della mielina ha mostrato diminuzioni dell’acqua mielinica nella prima parte dello studio, sotto il placebo, e un rimbalzo dopo che i partecipanti hanno ricevuto clemastina. I risultati confermano i risultati di uno studio precedente con gli stessi 50 pazienti che avevano scoperto che il farmaco per l’allergia riduceva la segnalazione nervosa ritardata, alleviando potenzialmente i sintomi.
C’è fra i ricercatori che dichiara che le dosi di clemastina che funzionerebbero per riparare la mielina sono più alte di quelle usate come farmaco anti-allergico, che fra l’altro ha anche una buona capacità di causare sonnolenza. Quindi come molecola resterebbe un mezzo farmacologico che ha dimostrato che la riparazione della mielina nella SM è assolutamente possibile.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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Pubblicazioni scientifiche
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