L’aumento del tenore di vita ha parallelamente aumentato la domanda di proteine di origine animale. Precedenti ricerche indicano che le proteine di origine vegetale forniscono ulteriori benefici agli esseri umani rispetto alle fonti proteiche animali, riducendo il rischio di malattie cardiovascolari. È imperativo valutare la qualità delle proteine alimentari per determinare i benefici di entrambe le fonti proteiche. In genere, la qualità delle proteine viene valutata in base al rapporto di efficienza proteica (PER), al punteggio di aminoacidi indispensabili digeribili (DIAAS) o al punteggio di aminoacidi corretto per la digeribilità delle proteine (PDCAAS). Nel 1989, la FAO e l’OMS hanno raccomandato congiuntamente il PDCAAS come metodo preferito per la valutazione della qualità delle proteine.
Quando il rapporto di amminoacidi calcolato è uno o maggiore, ciò implica che l’amminoacido non è carente nel campione testato. Il cibo si qualifica come una “buona fonte” di proteine quando il valore proteico PDCAAS è compreso tra 5 e 10 grammi per ogni quantità di riferimento abitualmente consumata (RACC). Quando il valore finale è superiore a 10 grammi per ogni RACC, l’alimento è considerato una “fonte eccellente” di proteine. Esistono alcune somiglianze tra i metodi DIAAS e PDCAAS, come il requisito della composizione degli aminoacidi e una misura della digeribilità per la valutazione della qualità delle proteine. Nonostante queste somiglianze, ci sono molte differenze tra questi due metodi, incluso il calcolo della digeribilità. Un recente studio di Foods ha valutato i benefici delle proteine vegetali per la salute umana.
Nella maggior parte dei paesi sviluppati, il consumo di legumi è basso, nonostante i suoi benefici per la salute. Diversi studi hanno dimostrato che il consumo di legumi riduce i livelli di biomarcatori CVD; pertanto, il consumo di legumi potrebbe agire come misura preventiva dietetica per l’incidenza di CVD. Uno studio sperimentale ha rivelato che mangiare una porzione di fagioli al giorno riduce il rischio di infarto del miocardio (MI) del 38%. I dati del National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES) indicano che il consumo di arachidi, fagioli secchi e altri legumi riduce il rischio di malattie coronariche e CVD. La sazietà è la sensazione di “pienezza” dopo un pasto. Un aumento della percentuale di calorie consumate sotto forma di proteine provoca la perdita o il mantenimento del peso.
Diversi studi hanno indicato che il consumo di proteine aumenta la sazietà. Rispetto al riso e al grano, i legumi aumentano il senso di sazietà in misura maggiore. I legumi sono anche fondamentali per la crescita e il mantenimento della massa muscolare. Tuttavia, le distinzioni nella composizione aminoacidica delle fonti proteiche potrebbero portare a una sintesi proteica muscolare differenziale. Una compromissione del metabolismo lipidico può portare a iperlipidemia, che è un notevole fattore di rischio per CVD aterosclerotica. Rispetto alle proteine di origine animale, il consumo di proteine di origine vegetale, in particolare di soia, abbassa i livelli di colesterolo, il che riduce il rischio di malattia coronarica. Diversi studi hanno dimostrato che le proteine possono abbassare i livelli sierici di lipidi.
Rispetto al controllo della caseina, le proteine purificate di ceci e lenticchie hanno ridotto i trigliceridi plasmatici e le lipoproteine plasmatiche a bassissima densità. Allo stesso modo, il consumo di legumi abbassa anche i livelli elevati di colesterolo nel sangue. Questi effetti non sono dipendenti dalle fibre o dai polifenoli dei legumi: infatti, certi peptidi delle proteine dei legumi hanno effetto diretto sulla pressione sanguigna, la coagulazione del sangue, la sintesi di colesterolo e trigliceridi e l’attivazione del sistema immunitario. Considerando le qualità nutraceutiche dei legumi, le attuali raccomandazioni consigliano l’incorporazione dei legumi nelle diete quotidiane per gestire i livelli di trigliceridi e colesterolo, che riduce il rischio di cancro, ipertensione e malattie cardiovascolari.
Infatti, diverse organizzazioni sanitarie hanno raccomandato di consumare legumi per regolare i livelli di glucosio nel sangue. Una recente meta-analisi ha rivelato che il consumo di legumi da soli o come parte di una dieta ricca di fibre migliora diversi marcatori del controllo glicemico nelle persone con insulino-resistenza e diabete. La colite, le malattie infiammatorie intestinale e il cancro del colon sono disturbi gastrointestinali caratterizzati da percorsi di risposta infiammatoria disregolati. In particolare, il consumo di legumi è stato associato a cambiamenti nel microbiota intestinale. Ad esempio, l’assunzione di fagioli neri e blu possono migliorare i biomarkers dell’integrità della barriera del colon (occludina, zonulina) riducendo la fermentazione delle proteine e la fermentazione microbica dei carboidrati.
Allo stesso modo, un modello murino ha dimostrato che l’introduzione della farina di fagioli ha migliorato gli indicatori di infiammazione correlati alla colite a causa della presenza di componenti bioattivi, in particolare composti fenolici e acidi grassi a catena corta derivati dalla fermentazione. Questi agiscono tramite recettori e meccanismi dentro il nucleo cellulare, per controllare il metabolismo della mucosa intestinale, il metabolismo intermedio dei grassi e dei carboidrati nel fegato, il mantenimento del sistema immunitario locale ed anche la chimica del cervello, attraverso un dialogo definito oggi “asse entero-cerebrale”. Il condizionamento negativo di quest’ultima sarebbe alla base del prevalere di molte forme di disturbo depressivo, ansioso e attacchi di panico da cattiva dieta.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
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