giovedì, Novembre 21, 2024

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Analisi critica dei pro e dei contro dell’esposizione solare: la verità sulla vitamina D viene alla luce

E’ arrivata di nuovo l’estate e siamo tutti pronti per la stagione balneare. Prove costume a parte, i più devoti si stenderanno in spiaggia a prendere il sole per abbronzarsi e rilassarsi. Ed è anche il periodo dell’anno in cui i medici rimarcheranno di fare attenzione con l’esposizione al sole e ai raggi ultravioletti, specialmente nelle ore più calde della giornata. Gli effetti delle radiazioni ultraviolette (UVR) sulla pelle dipendono in gran parte dall’intensità della sorgente, dalla durata dell’esposizione, dalla lunghezza d’onda UVR e dal livello di pigmentazione della pelle. La luce solare contiene un intervallo di lunghezze d’onda UVR: circa il 95% dell’UVR solare che raggiunge la superficie terrestre è classificato come UVA (lunghezze d’onda315–400 nm) mentre il restante 5% è all’interno dell’intervallo UVB (lunghezze d’onda 280–315 nm). Gli UVB causano eritema (scottature) in modo molto più efficace degli UVA, mentre gli UVA sono i principali responsabili del foto-invecchiamento (photo-aging) della pelle.

Tuttavia, questa distinzione non è assoluta e sia gli UVA che gli UVB sono stati implicati nella causa del cancro della pelle. La pelle con livelli più bassi di melanina è più suscettibile. Gli UVR sono riconosciuti come agente cancerogeno del gruppo 1 dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC). Esistono prove sperimentali coerenti e convincenti che i filtri solari progettati per prevenire l’eritema prevengono anche danni al DNA se applicati sulla pelle umana prima dell’esposizione ai raggi UVB. Si stima prudentemente che l’esposizione al sole sia la causa di quasi tutti i tumori dei cheratinociti e di circa il 50% dei melanomi in tutto il mondo. Le prove degli studi epidemiologici osservazionali, sebbene più abbondanti, sono equivoche: molti hanno riportato risultati contrastanti. Diverse recenti revisioni sistematiche hanno anche esaminato se l’uso della protezione solare prevenga il cancro della pelle, sempre con risultati contrastanti, tuttavia ciò è stato in gran parte determinato dalla maggior parte delle prove osservazionali.

I prodotti per la protezione solare sono progettati per essere applicati localmente sulla pelle al fine di assorbire o riflettere i raggi UV e quindi fornire un certo grado di protezione alla pelle di chi li indossa dai danni del sole. La protezione solare ad ampio spettro fornisce protezione contro le lunghezze d’onda UVA e UVB degli UVR. Se applicata correttamente, una protezione solare di buona qualità può essere efficace nel prevenire o ridurre gli effetti avversi tra cui eritema, invecchiamento cutaneo e cancro della pelle. Tuttavia, la protezione solare da sola non dovrebbe essere utilizzata per prolungare la durata dell’esposizione, piuttosto dovrebbe essere considerata l’ultimo elemento di una gerarchia di misure di controllo per la protezione solare. La protezione da spalmare è solo uno degli elementi di un’efficace strategia di protezione solare. Le agenzie di protezione della salute e la comunità medica, raccomandano di utilizzare più difese contro l’eccessiva esposizione al sole, incluso l’uso di vestiti, cappelli, occhiali da sole.

E’ fortemente suggerito, inoltre, di cercare l’ombra e ridurre al minimo il tempo trascorso all’aperto quando l’indice UV è ≥3. Nelle situazioni in cui altre misure di protezione solare non sono idonee (per una particolare area della pelle o una particolare circostanza di esposizione), la protezione solare è un’utile protezione aggiuntiva. Ma non si deve demonizzare l’abbronzarsi per paura di un tumore alla pelle o di un melanoma. Al di fuori di luoghi otempi a rischio, esporsi alla luce del sole in modo controllato ha i suoi vantaggi sulla salute. L’esposizione della pelle alla luce solare è benefica per la salute poiché genera vitamina D, essenziale per la salute delle ossa. Ma è qui che questa redazione scientifica vuole intervenire. E’ conoscenza comune che la vitamina D rafforzi le ossa e serva a tutte le fasce di età per mantenere in salute lo scheletro. Nei bambini e negli adulti la vitamina D serve tonicamente a irrobustire le ossa, mentre è opinione della comunità scientifica che negli anziani possa ritardare la comparsa di osteoporosi.

Questa è una nozione che va assolutamente aggiornata per il pubblico, poiché è ormai un ventennio che è riconosciuto come la vitamina D controlli praticamente il buon funzionamento della maggior parte dei nostri organi. Esistono prove che la carenza cronica di vitamina D nella fascia di età 40-60si possa associare alla comparsa di disturbi dell’umore, stati di diabete o pre-diabete, scarse difese immunitarie con predisposizione alle infezioni virali, disturbi cardiocircolatori e predisposizione a disturbi neurologici come la depressione. Per citare un esempio, questa redazione scientifica ricorda molto bene, 15 anni fa durante la sua permanenza negli Stati Uniti nell’’ambito della ricerca, come un laboratorio accanto al suo si occupasse degli effetti cellulari della carenza di vitamina D nel contesto dello scompenso cardiaco. Ed è a conoscenza delle innumerevoli prove che legano la vitamina D alla buona funzione del pancreas, del muscolo cardiaco, della struttura della pelle e quella dei polmoni, delle funzioni delle cellule immunitarie nonché di quelle nervose.

Al pari della vitamina A che a livello embrionale regola la maturazione di pelle, midollo osseo, cervello, apparato visivo e polmonare, anche la vitamina D condiziona queste funzioni attraverso il suo dialogo molecolare con la vitamina A, di cui condivide gli stessi meccanismi mediati da recettori che legano il DNA. Diventa sempre più frequente, nell’esperienza medica di questa redazione scientifica, riscontrare pazienti e conoscenti che lamentano nelle loro ultime loro analisi del sangue, livelli di vitamina D a livelli critici o in franca riserva. Eppure viviamo nell’area mediterranea e quanto a sole facciamo invidia ad altre regioni del mondo. Da dove arriva allora tutta questa grossa percentuale di persone abitanti dell’area mediterranea con carenza di vitamina D a partire dai 45-50 anni? Possibilmente una fetta la si potrebbe additare realmente all’eccessivo uso di protezioni solari durante la stagione estiva, dettato dalla “fobia” del tumore alla pelle. Ma se ci si riflette sopra, il problema è ancora più a monte.

Sempre più gruppi di ricerca stanno rendendosi conto, piuttosto, che tutto l’allarmismo fatto negli anni passati sulla relazione sole-tumori ha portato i suoi frutti “marci”: più che l’uso smodato di protezioni solari, è proprio la non esposizione al sole il punto critico che sembra emergere dalle indagini. “Nooo, ho la pelle chiara, il medico mi ha vietato di espormi al sole senza protezione, sono a rischio di tumore alla pelle”! Questa frase sta diventando un paradosso metropolitano in una popolazione che, storicamente, ha un colore olivastro derivato dalla sua latitudine (quindi dal suo stare normalmente sotto il sole), nonché dall’incrocio con le decine di culture che l’hanno colonizzata. Per proteggere una sparuta minoranza di “pelli chiare” (delle quali non ci sono e non ci saranno mai prove che il loro terreno genetico possa condurle alla comparsa di tumori cutanei), tutta la comunità ne ha risentito in negativo. Con un paradosso clinico che ha del grottesco: la tendenza ai tumori cutanei nelle fasce adulte è scesa del 25%, mentre quella dell’osteoporosi è cresciuta del 65%.

E’ diventato innaturale vedere persone quarantenni o cinquantenni che assumono preparazioni a base di vitamina D, perché hanno già una carenza cronica da alcuni anni. E’ lo stesso del sentire dire che c’è una buona prevalenza di disturbi della tiroide, specie gli ipotiroidismi, in una popolazione la cui terra è circondata dal mare. Potreste mai crederci?

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Modenese A, Loney T et al. Front Public Health. 2021; 9:756566.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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