William G. Kaelin Jr., MD, del Dana-Farber Cancer Institute, ha ricevuto un premio Nobel per la fisiologia e la medicina nel 2019, per la scoperta del ruolo dell’HIF-2α nel cancro e in altre malattie. Sebbene la mutazione che causa la malattia VHL sia ereditaria, mutazioni spontanee che inattivano la VHL si verificano in oltre il 90% dei tumori del carcinoma a cellule renali a cellule chiare (ccRCC), suggerendo che un inibitore dell’HIF-2α potrebbe essere di beneficio anche ai pazienti affetti da ccRCC. In uno studio clinico di fase 3, il farmaco belzutifan ha ridotto significativamente il rischio di progressione di questo tipo di tumore, che è il tipo più comune di cancro del rene, in pazienti precedentemente trattati con inibitori del checkpoint immunitario e terapie anti-angiogeniche rispetto a everolimus. Lo studio ha dimostrato che il rischio di progressione era ridotto del 25-26%.
Belzutifan, un inibitore di HIF-2α, è attualmente approvato per i pazienti con carcinoma a cellule renali associato alla sindrome di Von Hippel-Landau (VHL). Il farmaco è stato originariamente studiato e approvato per i pazienti con cancro del rene affetti da VHL perché hanno ereditato una mutazione che inattiva il gene VHL, che si traduce in una sovrabbondanza di HIF-2α nelle cellule. Quando è sovrabbondante nelle cellule, il fattore di trascrizione HIF-2α è associato ad una maggiore attività che guida il cancro, come la proliferazione cellulare, l’evasione immunitaria, bassi livelli di ossigeno (ipossia) e la formazione di vasi sanguigni (angiogenesi). HIF-2alfa è il cugino di HIF-1, che risponde in modo quasi sovrapponibile agli stessi stimoli induttori. Tuttavia, HIF-2alfa sembra essere più specifico per certi tumori e per l’azione delle metastasi di alcuni di essi, come per il carcinoma polmonare.
Inoltre, il belzutifan sembra essere molto più selettivo per HIF-2alfa e non per il “cugino” HIF-1. Questo studio, chiamato LITESPARK-005, ha arruolato 746 pazienti con ccRCC metastatico che erano progrediti dopo il trattamento sia con un inibitore del checkpoint immunitario (ICI), come un inibitore PD-1 o PD-L1, sia con una terapia anti-angiogenica. Gli ICI e i farmaci anti-angiogenici sono diventati una parte standard delle terapie di prima e seconda linea per il ccRCC metastatico, sebbene la maggior parte dei pazienti alla fine vada incontro a progressione della malattia e necessiti di ulteriori opzioni terapeutiche. I pazienti sono stati randomizzati a ricevere belzutifan o everolimus. Alla seconda analisi ad interim, dopo una media di 25,7 mesi, i pazienti che assumevano belzutifan avevano il 26% in meno di probabilità di progredire rispetto a quelli che assumevano everolimus.
Anche il tasso di risposta globale è stato più elevato con belzutifan, pari al 22% rispetto al 3,5%, e 13 pazienti hanno avuto una risposta completa con belzutifan rispetto a nessuno con everolimus. I pazienti che assumevano belzutifan avevano anche meno probabilità di interrompere la terapia a causa degli effetti collaterali. Si è verificato un miglioramento della sopravvivenza globale con belzutifan, sebbene non statisticamente significativo. Questa indagine sulla monoterapia con belzutifan fa parte di una strategia più ampia per saperne di più sull’efficacia e la sicurezza dell’inibizione di HIF-2α nel carcinoma renale a cellule chiare. La strategia prevede molteplici studi LITESPARK che esaminino il beluzutifan da solo e in combinazione con altre terapie in contesti di malattia non trattate o pretrattata.
I risultati aggiornati dello studio di fase 2 LITESPARK-003, pubblicati su The Lancet Oncology, hanno dimostrato che belzutifan + cabozantinib hanno un’attività antitumorale duratura e un profilo di sicurezza coerente con le precedenti osservazioni.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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