L’obesità è un importante problema sanitario globale prevenibile che è quasi triplicato dal 1975. Nel 2016, l’OMS ha riferito che circa 1,9 miliardi di adulti erano in sovrappeso e più di 650 milioni di adulti, ovvero circa il 13% della popolazione adulta totale, erano obesi. La prevalenza dell’obesità in Europa è stata recentemente stimata al 22% circa. L’obesità è un fattore di rischio per molte malattie tra cui lo sviluppo e la progressione dell’osteoartrosi (OAR). L’obesità contribuisce a questo processo aumentando lo stress meccanico sulla cartilagine delle articolazioni portanti; tuttavia, l’obesità può causare l’artrosi anche nelle articolazioni non portanti. Questo effetto è spiegato dallo stato infiammatorio sistemico che l’obesità crea mediato da citochine/adipochine derivate dal tessuto adiposo. Questi fattori infiammatori influiscono negativamente sull’integrità della cartilagine portando all’OAR.
Il trattamento più efficace per il dolore e la disabilità associati all’artrosi allo stadio terminale è l’artroplastica articolare totale. Tuttavia, è stato dimostrato che il costo del trattamento dei pazienti obesi aumenta quando il BMI si discosta dal BMI normale sia nell’artroplastica totale del ginocchio che nell’artroplastica totale dell’anca. Al fine di identificare eventuali tendenze del BMI in un periodo di 10 anni, una recente ricerca condotta da scienziati irlandesi ha studiato in modalità retrospettiva l’indice di massa corporea in quei pazienti sottoposti ad artroplastica totale primaria dell’anca o del ginocchio in un ospedale ortopedico terziario ad alto volume. È stato identificato un totale di 12.169 pazienti (95,5% di tutti i pazienti) con dati BMI disponibili. Un totale di 5.587 di questi è stato sottoposto ad artroplastica totale primaria del ginocchio, mentre 6.582 sono stati sottoposti ad artroplastica totale primaria dell’anca.
L’analisi ha rivelato che il numero di artroplastiche primarie dell’anca e del ginocchio eseguite nel nostro istituto è aumentato durante il periodo di studio (2010; 525 e 424; 2019, 831 e 797 rispettivamente. Nonostante l’aumento dei casi eseguiti, anno dopo anno, il BMI mediano dei pazienti presentarsi per un intervento chirurgico è rimasto relativamente costante. Tuttavia, nelle donne di età < 45 anni che erano state sottoposte ad artroplastica totale dell’anca o del ginocchio, si è osservato un aumento statisticamente significativo del BMI. Considerato in concerto con le proiezioni dell’OMS riguardanti l’andamento globale dell’obesità, è interessante notare che il BMI dei pazienti sottoposti ad artroplastica dell’anca e del ginocchio in questo studio è rimasto più o meno costante negli ultimi 10 anni. Da una prospettiva ortopedica, l’aumento del rischio di complicanze peri-operatorie associate all’obesità è stato descritto da diversi Autori.
Ad esempio, Xu et al. hanno dimostrato che i tassi di infezione della ferita erano correlati anche agli aumenti del BMI nella coorte di artroplastica articolare totale. Un recente studio del 2020 di Katakam et al. hanno dimostrato che l’obesità di livello 3 (> 40 kg/m2) nella THA aumenta di quasi tre volte il rischio di fallimento nel raggiungimento dei risultati funzionali a 1 anno delle scale HOOS-PS e MCID per abilità/disabilità. Katakam et al. nel 2020 hanno dimostrato che questi pazienti hanno aumentato la durata della degenza e i tassi di mortalità a 2 anni post-ginocchio totale e anca totale. La sola malnutrizione costituisce un fattore di rischio per l’OAR ed è importante ricordare che sia i pazienti in sovrappeso che quelli sottopeso possono essere classificati come malnutriti. La prevalenza di massa grassa, infatti, va a svantaggio di quella muscolare (contenuto netto di proteine per unità di tessuto).
Ci sono poi altri fattori legati allo stile di vita da considerare, come quello del tabagismo che è un noto fattore di rischio per l’osteoartrosi. Da un punto di vista etico vale la pena ricordare che nel Regno Unito, nel 2018, un certo numero di gruppi clinici del Sistema Sanitario Nazionale hanno suggerito il razionamento degli interventi chirurgici nei pazienti che fumano o sono obesi, il che significa che i pazienti dovrebbero smettere di fumare o perdere peso prima di essere considerati candidati ad un intervento chirurgico, per una serie di procedure mediche. Ciò ha causato notevoli controversie poiché l’idea suggerisce che la responsabilità personale sia la ragione principale per razionare le cure chirurgiche. Tali pratiche, sebbene possano ridurre la spesa sanitaria pubblica, potrebbero non avere l’impatto desiderato in termini di promozione di comportamenti sanitari positivi tra il gruppo di pazienti interessati.
E’ compito dei medici di condotta e degli specialisti (qualora i pazienti bersagli fossero affetti da altre patologie, tipo il diabete, problemi cardiovascolari, ecc.) battere sul lato preventivo. E’ sicuro che ciò si verifichi ma non è sempre un obiettivo raggiungibile, molto spesso per scarsa considerazione di fondo da parte dei “futuri” pazienti”. Sarebbe necessaria una seria revisione della cultura alimentare (non sempre facile fra i ceti sociali più bassi o che non hanno consapevolezza di cosa significa “mangiare per stare in salute”e/o “non fumare per fare altrettanto”.
- A cura del Dr. Gianfancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Pubblicazioni scientifiche
Downey C et al. Irish J Med Sci 2023 (1971); 192:1197-1203.
Katakam A, Florissi IS et al. J Athroplasty 2021; 36(1):187.
Godziuk K et al. BMC Musculoskelet Disord 2018; 19(1):271.
Kremers HM et al. Clin Orth Rel Res. 2013; 472:1232–1239.