Il carcinoma epatico (HCC) o cancro al fegato, è uno dei tumori più comuni al mondo. E i numeri sono in aumento, con tassi di incidenti più che triplicati rispetto agli anni ’80. La malattia può essere anche piuttosto mortale: negli stadi avanzati il tasso di sopravvivenza a cinque anni è inferiore al 20%. I ricercatori del Davis Comprehensive Cancer Center dell’Università della California hanno dimostrato che l’inibizione di una proteina specifica mediante la terapia genica può ridurre il carcinoma epatocellulare nei topi. Silenziare la proteina galectina 1 (Gale1), che è spesso sovraespressa in questa forma di tumore, ha anche migliorato la risposta immunitaria antitumorale e aumentato il numero di cellule T killer all’interno dei tumori. Gli scienziati sanno da tempo che Gale1 è un biomarker del carcinoma epatocellulare. L’espressione di Gale1 nel tessuto normale è piuttosto bassa e aumenta con la malattia del fegato grasso, l’infiammazione e la carcinogenesi del fegato.
Ora si rendono conto che Gal1 è più di un biomarker, è un potenziale bersaglio terapeutico. Gale1 sopprime il sistema immunitario impedendogli di attaccare i tessuti sani. Tuttavia, quando è eccessivamente espresso nell’HCC, promuove la crescita del cancro e impedisce al sistema immunitario di attaccare il tumore. In questo studio, il team ha scoperto che livelli elevati di Gale1 erano associati a una progressione aggressiva della malattia e a una scarsa sopravvivenza. Questo legame tra aumento di Gale1 e scarsi risultati è stato osservato anche nei pazienti con HCC. Un lavoro pubblicato lo scorso anno ha mostrato che la Galectina-1 è fondamentale per l’attivazione dei fibroblasti epatici e la fibrosi epatica; e che l’elevata espressione di Gale1 è correlata ai marcatori dei fibroblasti associati al carcinoma e alla prognosi sfavorevole dei pazienti con questo tumore.
Nei sistemi di co-coltura, prendendo di mira Gale1 utilizzando piccoli RNA a forcina (shRNA) si è ridotta la produzione dell’inibitore dell’attivazione del plasminogeno-2 (PAI-2), che ha soppresso le proprietà staminali delle cellule tumorali. L’aver preso di mira la Gale1 ha indotto un aumento della perdita/scissione del recettore del TNF 1 (TNFR1) dipendente dalla metalloproteasi ADAM17 che ha inibito l’asse di segnalazione TNFα→JNK→c-Jun/ATF2 per la trascrizione. All’inizio di quest’anno, il gruppo di ricerca ha utilizzato la terapia genica per aumentare il microRNA-22 (miR-22), un RNA non codificante che regola l’espressione genetica, per studiarne l’impatto sul cancro al fegato. Questo approccio ha mostrato che la sovraespressione di miR-22 ha trattato il tumore, ha ridotto l’infiammazione del fegato e ha prodotto risultati di sopravvivenza migliori rispetto a Lenvatinib, un farmaco approvato dalla FDA, in un modello animale.
I ricercatori hanno notato che il miR-22 diminuiva l’attività di diversi geni, incluso quello della Gale1. Hanno deciso di esplorare se la diminuzione di Gale1 potesse essere un meccanismo importante per il modo in cui miR-22 tratta il tumore epatico. Per inibire Gale1, il laboratorio ha utilizzato un RNA interferente corto (siRNA), chiamato Igals1. Il siRNA è stato confezionato per essere consegnato al virus adeno-associato 9 (AAV9), che preferisce il fegato come tessuto. Una volta dentro e intorno al tumore, Igals1 ha effettivamente messo a tacere Gale1 sia nel cancro che nello stroma, i tessuti di supporto dentro e intorno al tumore. Sebbene si possa riscontrare che l’inibizione di della galectina-1 avvantaggia i pazienti con cancro epatico, questo approccio può presentare altre opportunità. La galectina-1 è sovraespressa in molti tipi di cancro, inclusi quelli al seno, colon e polmone.
Inoltre, la proteina inizia ad accumularsi nei fegati malati molto prima che si sviluppi il cancro. Di conseguenza, l’inibizione di Gale1 mediante terapia genica potrebbe essere presa in considerazione per la prevenzione del tumore al fegato.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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