L’invecchiamento è un processo multifattoriale che include l’accumulo permanente di danni molecolari, che portano a fragilità, disabilità e malattie legate all’età e infine alla morte. supportano lo sviluppo dei tessuti, mantengono l’omeostasi e rispondono agli agenti patogeni invasori. Tuttavia, la disregolazione delle loro funzioni può promuovere processi patologici tra cui malattie infiammatorie, cancro, fibrosi e alterata riparazione dei tessuti, tutti processi fortemente associati all’invecchiamento. Prove emergenti suggeriscono che i recettori immunitari della microglia/macrofagi sono coinvolti in molti processi legati all’invecchiamento come il metabolismo energetico, l’infiammazione e il declino cognitivo. Un esempio canonico è il recettore immunitario sensibile ai lipidi TREM2, un regolatore chiave della microglia cerebrale fortemente correlato alla malattia di Alzheimer e coinvolto anche nel tessuto adiposo, nel metabolismo epatico e nel controllo dell’infiammazione.
Come TREM2, CD300f è un altro recettore immunitario sensibile ai lipidi che condivide molte proprietà tra cui la maggior parte dei suoi ligandi (cioè fosfolipidi e lipoproteine, tra gli altri), il suo modello di espressione nella microglia/macrofagi. Inoltre, a causa della loro capacità di legare i lipidi, è stato proposto che TREM2, e presumibilmente CD300f, possano rilevare il danno tissutale agendo come recettori del modello molecolare associato al danno (DAMP). Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Cell Reports, l’aspettativa di vita e l’invecchiamento in buona salute nei topi possono essere determinati anche da una proteina presente in alcune cellule del sistema immunitario. Quando questa proteina, il recettore immunitario CD300f, è assente, i modelli animali hanno un’aspettativa di vita più breve e soffrono di patologie associate al declino cognitivo e all’invecchiamento precoce, soprattutto nelle femmine.
Comprendere come il recettore immunitario CD300f possa determinare da solo il tasso di insorgenza delle patologie associate all’invecchiamento aiuterà a comprendere meglio questo processo e contribuirà alla progettazione di strategie per regolarne l’azione. Ad esempio, utilizzando CD300f in campo biomedico. Inoltre, il team ha già dimostrato che alcune varianti di CD300f potrebbero essere utili come biomarcatori nei pazienti. La maggior parte degli studi riguardanti la funzione del CD300f hanno dimostrato che ha un profilo protettivo e antinfiammatorio nei modelli murini di sclerosi multipla, lupus, allergia o danno cerebrale acuto. Questo studio rivela la prima prova del suo ruolo nei processi legati all’invecchiamento e alla senescenza. In particolare, sembra che i topi privi di CD300f abbiano sviluppato prematuramente patologie legate all’invecchiamento (ad es. deficit cognitivi, tumori, ecc.) e persino danni a diversi organi come il cervello.
È stato anche dimostrato che le varianti genetiche di CD300f sono coinvolte nella suscettibilità umana alle malattie infiammatorie e autoimmuni; ed è noto che la probabilità dell’autoimmunità aumenta con l’avanzare dell’età. Inoltre, gli scienziati hanno osservato un effetto importante sulle femmine, le più colpite; ciò è ancora una volta in accordo con la prevalenza delle condizioni autoimmuni tra il genere femminile. Lo studio si basa su un monitoraggio dettagliato di diverse coorti di animali per trenta mesi, un’innovazione metodologica che ha permesso ai ricercatori di vedere il processo di invecchiamento reale in questi animali senza utilizzare modelli di invecchiamento accelerato, che non rappresentano pienamente un processo che coinvolge necessariamente il graduale accumulo di cambiamenti con l’età. L’invecchiamento ha indotto un’infiammazione diffusa a 18 mesi, come osservato dall’aumento dei livelli plasmatici di citochine quali IL-1β, IL-1α e IL-6, mentre altre sono rimaste invariate.
Il ricercatore sottolinea che l’obiettivo è quello di continuare a studiare le conseguenze della disfunzione del recettore immunitario CD300f sull’invecchiamento cerebrale, in particolare sulla microglia. Infatti, nella loro indagine hanno scoperto che l’assenza di CD300f induce una diminuzione correlata all’età dell’assorbimento del glucosio nel cervello, una caratteristica biochimica dei neuroni nella malattia di Alzheimer. In termini più ampi, questo lavoro suggerisce che lo studio della biologia dei recettori immunitari nel contesto dell’invecchiamento potrebbe contribuire alla delucidazione di nuovi predittori sia della salute che della durata della vita; e potrebbe identificare bersagli terapeutici per attenuare l’invecchiamento e eliminare le malattie legate all’età. Più del 90% degli individui di età superiore ai 65 anni ha almeno una malattia cronica, come malattie cardiovascolari, cancro, diabete, osteoartrite o osteoporosi, e più del 70% ha almeno due di queste condizioni.
Pertanto, in una prospettiva più ampia, le strategie terapeutiche mirate ai meccanismi fondamentali dell’invecchiamento, invece di trattare separatamente ciascuna malattia associata all’età, potrebbero avere un enorme effetto sulla salute globale.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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