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Le novità di ricerca sulle leucemie: e spunta che l’epigenetica non appartiene solo al DNA

Ogni anno in Europa vengono diagnosticati circa 300.000 nuovi casi di leucemia. Nei bambini, i casi di leucemia costituiscono un terzo dei tumori diagnosticati. La chemioterapia è il trattamento principale per la leucemia. Spesso non è possibile identificare la causa esatta e i meccanismi molecolari e cellulari responsabili della leucemia rimangono avvolti nel mistero. La scoperta di nuovi metodi di rilevamento e di nuovi trattamenti per debellare la leucemia rappresenta quindi una sfida importante in oncologia. Un aspetto del processo di cancerogenesi che affascina i ricercatori da quasi vent’anni è quello delle modifiche epigenetiche. Come nel caso del DNA, oltre alle sue 4 lettere ben note (A, U, G, C), la composizione chimica dell’RNA include anche lettere aggiuntive. È il caso della lettera m5C, che svolge un ruolo essenziale nella regolazione genica attraverso la sua lettura da parte delle proteine di riconoscimento, dette “lettori”.

Questi lettori m5C non sono stati ancora descritti in dettaglio e il loro ruolo nel cancro è sconosciuto. Dei ricercatori dell’Università di Bruxelles guidati dal Dr. François Fuks hanno fatto un importante passo avanti nella comprensione e nel trattamento della leucemia. Pubblicata sulla prestigiosa rivista Molecular Cell, la loro scoperta apre la strada a nuovi metodi diagnostici e terapeutici. Questa scoperta si basa sul ruolo precedentemente insospettato di un gene chiave che è mutato in oltre il 50% dei pazienti affetti da leucemia. Il recente lavoro del team guidato dal Prof. François Fuks, ha identificato un nuovo lettore di RNA, SRSF2. Per la prima volta si sta facendo luce sul ruolo chiave della proteina SRSF2 nello sviluppo della leucemia. Il gene SRSF2, che è uno dei geni mutati più frequentemente nei casi di leucemia: fino al 50% in alcuni tipi.

I ricercatori hanno dimostrato che, a parte essere una proteina che regola lo splicing alternativo dell’RNA messaggero, la proteina SRSF2 legge la modifica m5C nell’RNA; hanno anche evidenziato un meccanismo molecolare precedentemente insospettato che può portare alla leucemia: la mutazione di SRSF2 altera la sua capacità di leggere m5C nell’RNA, che inibisce la sua funzione di regolazione dell’mRNA. Inoltre, analizzando quasi 700 campioni prelevati da pazienti affetti da leucemia, il team è stato in grado di identificare un nuovo gruppo di pazienti le cui possibilità di sopravvivenza sono troppo basse a causa della ridotta capacità di SRSF2 di leggere m5C. Queste scoperte non dovrebbero solo aprire un nuovo capitolo della conoscenza nella comprensione del perché appare la leucemia, ma dovrebbero anche portare a un nuovo paradigma nella diagnosi e nel trattamento della leucemia, basato sull’epigenetica dell’RNA.

 In concreto, le scoperte potrebbero portare a diagnosi specifiche di pazienti con prognosi vitale sfavorevole, in cui è compromessa la funzione “lettore m5C” di SRSF2. Inoltre, si potrebbe prevedere un nuovo approccio terapeutico alla leucemia sviluppando un inibitore che potrebbe aiutare SRSF2 a leggere nuovamente correttamente m5C, poiché questa capacità di lettura è ridotta nei pazienti con la mutazione SRSF2. Un esempio di questi “correttori” è sotto indagine per le malattie delle triplette espanse (poly-Q) come il morbo di Huntington e alcune forme di atassia genetica. Per favorire la lettura dell’RNA anomalo, gli scienziati hanno provato che è possibile usare molecole aromatiche come l’ataluren ed altre più complicate, per permettere al messaggero di essere letto correttamente dai ribosomi per codificare la proteina giusta. Conoscendo la struttura di SRSF2, il lavoro di ingegneria molecolare risulterà facilitato.

Un gruppo di ricercatori indipendenti ha studiato invece il ruolo di un’altra proteina con funzione analoga a RSF2, ovvero di regolazione dello splicing alternativo degli RNA messaggeri. La proteina RBM39 è stata implicata come proto-oncogene in numerosi tumori, comprese quello mammario, del colon-retto e del polmone. Oltre ad intervenire nel metabolismo dell’RNA, essa è un coattivatore trascrizionale dei fattori Jun/AP-1 e NF-κB nonché dei recettori nucleari degli estrogeni ER-α e ER-β. Nonostante la sua sovra-espressione nella leucemia mieloide acuta (LMA), il ruolo e il meccanismo di RBM39 nella patogenesi della leucemia mieloide acuta rimangono da chiarire. La malattia si manifesta soprattutto in età adulta e spesso risulta fatale per i pazienti più anziani. In verità gli scienziati sanno che esiste un farmaco, E7070, che ha il potenziale di interferire con RBM39 tramite una sua proteina partner.

Ma non si conosce a pieno come agisce il farmaco sull’interazione delle proteine e gli scienziati, consapevoli dell’efficacia sperimentale e la potenzialità di questo farmaco, non vogliono sprecare l’opportunità di applicare questo suo potenziale curativo. Per cominciare, gli scienziati hanno appurato che l’espressione di RBM39 era più elevata nei pazienti con leucemia mieloide acuta refrattaria/recidivante e al sua eliminazione genica promuoveva l’apoptosi e inibisce la proliferazione nelle cellule LMA in vitro. Le cellule diventavano nuovamente sensibili a farmaci contro cui si era sviluppata la resistenza. In parallelo, persa questa proteina, le cellule perdevano l’effetto protettivo della via di segnalazione PI3K/c-Akt, che le cellule tumorali usano sia per proliferare continuamente, che diventare resistenti ai farmaci anticancro. Il farmaco E7070 ha ucciso le cellule leucemiche proprio modulando l’asse composto RBM39/PI3K/c-Akt.

In un altro studio, gli scienziati dell’Istituto di Biochimica II dell’Università Goethe guidati dal professor Stefan Müller, hanno studiato la LMA sotto un altro aspetto In circa un terzo dei pazienti affetti da LMA, il materiale genetico delle cellule tumorali presenta una mutazione caratteristica che colpisce il gene NPM1. Mentre era già noto che la variante mutata di NPM1 (abbreviata in NPM1c) è un fattore importante nello sviluppo della leucemia, il team composto da diversi gruppi di ricerca, hanno scoperto un nuovo modo in cui la variante NPM1c la variante genetica fa questo. La proteina alterata interviene nell’autofagia, un importante processo cellulare che consiste in una via metabolica attraverso la quale la cellula ricicla le proprie strutture. Una volta “taggate” le proteine anomale o danneggiare, esse vengono portate nei lisosomi per essere demolite.

Da un lato questa “autodigestione” serve a rimuovere le molecole difettose, dall’altro, permette alla cellula di soddisfare il suo fabbisogno di elementi costitutivi importanti, anche in caso di carenza di nutrienti o di aumento della proliferazione cellulare, che è caratteristico delle cellule tumorali. Durante l’autofagia, la cellula produce inizialmente una sorta di sacco dei rifiuti, l’autofagosoma, in cui racchiude i componenti cellulari che devono essere scomposti e riciclati, se necessario. Questo sacchetto di rifiuti viene poi trasportato al centro di riciclaggio della cellula, il lisosoma, dove il suo contenuto viene scomposto con l’aiuto di acidi ed enzimi. Da qui, i mattoni vengono poi rilasciati nel citoplasma, dove possono essere riutilizzati. La scoperta emozionante è che NPM1c promuove la produzione sia di autofagosomi che di lisosomi, e gli scienziati hanno anche trovato una risposta alla domanda su come NPM1c esegue questa funzione.

NPM1c si lega a un regolatore centrale del sistema autofagosoma-lisosoma chiamato GABARAP e quindi lo attiva. Utilizzando simulazioni computerizzate di biologia strutturale, gli scienziati hanno dimostrato che questo legame di NPM1c e GABARAP ha una struttura atipica. I dati sperimentali confermano i risultati della simulazione, sulla base dei quali ora potrebbe essere possibile sviluppare molecole che influenzano specificamente il legame di queste due proteine. Sarebbe l’alba di una modalità specifica per combattere la crescita delle cellule leucemiche, poiché differirebbe dai convenzionali farmaci antitumorali usati per decenni, molto tossici e pieni di effetti collaterali su vari organi, prima dell’avvento della target therapy (”inibs”) che ha il vantaggio di essere molto più specifica.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

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Pubblicazioni scientifiche

Zhang H et al. BBA Mol Cell Res. 2024; 1871(1):119607

Mende H et al. Cell Reports 2024; 1871:119607.

Ma HL et al. Molecular Cell 2023; 83(23):4239-4254.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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