L’ipertensione è il principale driver delle malattie cardiovascolari (CVD) e della mortalità. Le linee guida esistenti raccomandano di mantenere livelli normali di pressione sistolica (PAS) e diastolica (PADA) per la prevenzione e il trattamento dell’ipertensione. La pressione del polso (PUP) è la differenza tra PAS e PAD; è un indicatore della rigidità arteriosa e un suo aumento è un forte predittore di ipertensione, malattie cardiovascolari e mortalità. La dislipidemia è un fattore di rischio per le cardiopatie nei pazienti con ipertensione; la coesistenza di ipertensione e dislipidemia aumenta significativamente il rischio di malattie cardiovascolari. Pertanto, la gestione congiunta dei lipidi e della pressione arteriosa è stata una pietra miliare per prevenire e curare le malattie cardiache. Attualmente, la gestione completa della dislipidemia e della pressione arteriosa si concentra sui principali lipidi del sangue.
Tuttavia, gli studi che hanno indagato l’associazione tra i principali lipidi e l’ipertensione attraverso la chimica clinica convenzionale sono stati incoerenti per quanto riguarda le associazioni con il colesterolo lipoproteico a bassa densità (LDL-C). Inoltre, le misure tradizionali dei lipidi non riescono a distinguere tra dimensione, concentrazione e sottofrazioni delle lipoproteine. In un’ultima indagine, i ricercatori hanno esaminato gli effetti causali di particelle di lipoproteine, lipidi e altri metaboliti sulla pressione sanguigna e sulla pressione del polso (PUP). Questo studio di randomizzazione mendeliana (MER) era basato su set di dati pubblici. Il team ha utilizzato studi di associazione sull’intero genoma (GWAS) condotti tra i partecipanti alla biobanca del Regno Unito. Per misurare i principali lipidi e biomarcatori metabolici sono stati utilizzati test di chimica clinica e spettroscopia di risonanza magnetica nucleare (NMR).
Le analisi MER univariabili hanno valutato la relazione causale dei principali lipidi, livelli di particelle lipoproteiche, colesterolo, trigliceridi totali (TG) e metaboliti non lipidici con DBP, SBP e pressione differenziale. I principali lipidi includevano TG totali, apolipoproteina A1 (ApoA1), ApoB, colesterolo LDL e HDL. Le stime del rischio causale dei cinque lipidi principali geneticamente previsti su pressione sanguigna e differenziale erano simili nell’analisi MER univariata. I trigliceridi totali geneticamente previsti erano positivamente associati alla PAD e alla PAS. I livelli di LDL-C e ApoB geneticamente previsti erano inversamente correlati alla PAD. I livelli di ApoB, trigliceridi e LDL-C geneticamente previsti erano positivamente associati alla pressione differenziale. Le analisi MER-BMA hanno identificato i TG totali come il fattore di rischio più forte per l’aumento della PAS. LDL-C e HDL-C erano i principali fattori di rischio associati agli aumenti di differenziale.
Le lipoproteine a densità molto bassa (VLDL) e le sottoparticelle di diverse dimensioni, geneticamente previste, erano positivamente associate ai livelli di PAS. La dimensione delle LDL geneticamente prevista era associata negativamente alla PAS, mentre la dimensione dell’HDL era negativamente associata alla differenziale. Tra le lipoproteine e i lipidi che le contengono, i TG geneticamente indicati nelle piccole particelle HDL erano il principale fattore associato all’aumento della pressione arteriosa. Inoltre, è stata osservata un’associazione negativa tra glicina geneticamente prevista e differenziale/PAS. Il glucosio geneticamente previsto era associato positivamente alla differenziale e negativamente associato alla PAD. L’unico limite importante dello studio è che i campioni GWAS erano principalmente di origine europea, limitando la generalizzabilità a individui non europei.
Il meccanismo alla base dei nostri risultati sul ruolo dei TG nell’aumento della pressione arteriosa può includere disfunzione endoteliale, aterosclerosi, infiammazione e resistenza all’insulina. Il principio di trattare in modo combinato l’eccesso di colesterolo con una statina e l’ipertensione critica con un antipertensivo standard, dunque, ha il suo fondamento clinico corretto. Comunque, è un’informazione importante sapere che la quota totale di grassi sanguigni può essere un fattore contribuente all’ipertensione. Si è soliti credere che l’eccessivo consumo di sale da cucina a tavola sia il fattore principale della comparsa del problema, quando questo è vero solamente in parte, ed altri fattori voluttuari come il fumo di sigaretta e lo stress quotidiano, soprattutto di tipo psicologico o emotivo, possono contribuire in modo preponderante.
A questi fattori bisogna poi aggiungere la qualità del sonno. La scienza ha provato, in via quasi del tutto definitiva, che una cattiva qualità del sonno si traduce in alterazioni della glicemia, dei livelli di ormoni correlati allo stress (cortisolo; che contribuisce all’insulino-resistenza), potendo predisporre alla comparsa di diabete tipo 2. Assieme a questo, le alterazioni della pressione sanguigna costituiscono terreno fertile per la comparsa e la progressione delle cardiovasculopatie.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
Consigliati in questo sito
Il collegamento fra il consumo di sale a tavola ed il rischio di diabete: una nuova indagine (03/11/2023)
I pericoli dell’ipertensione che continuano ad essere sottovalutati: l’ennesimo appello preventivo dell’OMS (25/09/2023)
Buona Mediterranea non mente: si conferma tra le altre la dieta migliore per il colesterolo (07/04/2020)
Acidi grassi, ipertensione e diabete: il beneficio dipende dallo stato di salute (25/02/2019)
Pubblicazioni scientifiche
Liu W, Yang C et al. eBiomedicine 2024 Jan 4; in press.
Liu W, Yang C et al. Atherosclerosis. 2022; 347:17-27.
Chen MM et al. Front Cardiovasc Med. 2021; 8754778.