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Gestire la falcemia anche con risorse naturali: dall’erboristeria alla nutrizione

La situazione della falcemia nel mondo

L’anemia a cellule falciformi o falcemia è una malattia ereditaria del sangue che fa sì che i globuli rossi del corpo diventino deformi e non durino quanto le cellule sane. Nel 2021, quasi 8 milioni di persone in tutto il mondo convivono con questa condizione; i ricercatori stimano che circa 250 milioni di persone nel mondo siano portatrici del gene che causa l’anemia falciforme. L’anemia falciforme tende a colpire le persone di origine africana, mentre la beta-talassemia tende a colpire le persone di origine mediterranea, dell’Asia meridionale, del Medio Oriente e del Nord Africa. La falcemia è comune anche nelle nazioni ricche, sebbene manchino statistiche sulla frequenza, morbilità e morte.

L’emoglobina deossigenata polimerizzata in modo anomalo, formata dalla polimerizzazione di due subunità β mutanti, causa la deformazione dei globuli rossi. Le mutazioni del gene dell’emoglobina beta (β-HBB) caratterizzano la malattia congenita. L’eme-ossigenasi 1, un membro della famiglia delle proteine da shock termico (HSP32), provoca ferroptosi e falcizzazione dei globuli rossi. I globuli rossi a falce provocano crisi vaso-occlusive (VOC), che si verificano in caso di ostruzione del flusso sanguigno con conseguente ischemia. Le complicanze della falcemia comprendono infezioni, dolori toraco-addominali, retinopatia, nefropatia e ischemie cerebrali.

Come si gestisce correntemente la falcemia

Tra gli interventi terapeutici in vigore ci sono trasfusioni di sangue, idrossiurea per aumentare l’emoglobina fetale, L-glutammina per effetti antiossidanti (ripristino del GSH), inibitori della polimerizzazione dell’emoglobina S (voxelotor) per prevenire l’aggregazione dell’emoglobina S, anticorpi monoclonali come crizanlizumab per ridurre l’adesione mediata dalla falcizzazione e le terapie di modificazione genetica della proteina Cas9 associate a brevi ripetizioni palindromiche interspaziate regolari (CRISPR) per modificare i geni difettosi nelle cellule staminali del midollo osseo e, infine, il trapianto di cellule staminali emopoietiche per invertire il fenotipo falciforme.

Nel gennaio 2021, i ricercatori hanno riferito di aver utilizzato con successo l’editing genetico CRISPR-Cas9 per colpire il gene BCL11A, che codifica un fattore di trascrizione che consente di disattivare il gene dell’emoglobina fetale (HbF) alla nascita, attivando invece la trascrizione dell’altro gene dell’emoglobina. Rimuovendo il gene che disattiva il gene HBF, è possibile trascrivere il gene dell’emoglobina fetale non difettoso invece di quello difettoso tipicamente espresso nelle persone malate. Un’azione non specifica su questo meccanismo è posseduta pure dall’idrossiurea. L’anno scorso è stato approvato in Inghilterra il Casgevy (exagamglogene autotemcel), basato sulla tecnologia Cas9-CRISPR.

Il farmaco è stato autorizzato per l’uso in persone di età pari o superiore a 12 anni affette da anemia falciforme e determinate specifiche. E’ sicuramente molto costoso e quindi non è disponibile in qualsiasi regione del mondo, specialmente in quelle a basso o bassissimo reddito. Il trattamento medico nelle regioni povere comprende il farmaco più economico ovvero l’idrossiurea, le trasfusioni di sangue e gli antidolorifici. I trattamenti nutrizionali sono essenziali per far fronte alle crescenti spese nutrizionali e alla gestione di supporto. Per sostenere il benessere e la qualità della vita, le regioni svantaggiate dell’Africa sub-sahariana devono ottimizzare la regolazione alimentare della malattia.

Approcci nutrizionali ed erboristici con piante africane

In Africa, l’integrazione della terapia naturale e farmacologica è fondamentale per la gestione della falcemia. I guaritori tradizionali utilizzano fino a 5.000 cibi medicinali autoctoni raccolti dalle piante, a beneficio di oltre l’80% degli africani. I trattamenti convenzionali hanno una maggiore popolarità rispetto ai farmaci moderni; tuttavia, potrebbero andare perduti nelle generazioni future a causa della trasmissione verbale. Le sostanze chimiche bioattive delle piante tropicali interagiscono con i fitonutrienti e i batteri intestinali, svolgendo una funzione regolatrice cruciale per il benessere. I ricercatori hanno studiato i vantaggi nutrizionali negli individui falcemici in soprattutto in Nigeria. Le sostanze medicinali indigene includono oli di semi ottenuti da Ipomoea involucrate, Solenostemon monostachyus, Cajanus cajan, Acacia Senegal e Carica papaya.

La Ceiba pentandra e l’Alchornea cordifolia sono utilizzate in medicina nella Repubblica Democratica del Congo per preparare la bevanda “tonico del sangue”. La Moringa oleifera, ricca di sostanze fitochimiche con caratteristiche antiurolitiasi, è utilizzata per trattare la SCD e la Nigella sativa grazie alle sue qualità antiossidanti tampona lo stress ossidativo. I funghi possono abbassare il tasso di polimerizzazione dell’emoglobina, eliminare XJi radicali liberi, controllare le proteine da shock termico e aumentare i livelli di emoglobina e il numero di globuli bianchi. Il Ganoderma lucidum riduce il tasso di polimerizzazione dell’emoglobina; Auricularia auricolare è antiossidante; Hericium erinaceus regola le proteine da shock termico; e Termitomyces aumenta i livelli di emoglobina e di globuli bianchi.

Sebbene le risorse vegetali siano riconosciute, i ricercatori hanno sfruttato solo pochi metodi e prodotti erboristici. Le carenze nutrizionali contribuiscono alla gravità della condizione, aumentando l’interesse per gli integratori alimentari. I pazienti con anemia falciforme richiedono più calorie e proteine e la malnutrizione è una conseguenza tipica. Possono anche giovare di integrazione con omega-3 che sono precursori di composti che influiscono positivamente sui vasi sanguigni e la coagulazione. Gli omega-3 DHA ed EPA, sono potenti mediatori antinfiammatori che controllano il dolore e riducono gli episodi di vaso-occlusivi nella drepanocitosi. Negli studi clinici è stato dimostrato che l’apporto alimentare di omega-3 è utile nella anemia falciforme.

Anche il microbiota fa la sua parte

Nella falcemia si verificano un aumento del danno intestinale (per le ischemie locali), della permeabilità, della composizione alterata del microbiota e della crescita eccessiva di batteri patogeni (Gram-negativi a svantaggio dei Gram-positivi). Nei pazienti questa disbiosi provoca infiammazione e sofferenza. Non ci sono trials clinici che supportino la validità della somministrazione di probiotici comuni (Lactobacillus, Bifidobacterium; Gram-positivi) nei pazienti falcemici, sebbene i loro effetti benefici per la salute generale, la loro tollerabilità e sicurezza possano solamente implementare la salute intestinale dei pazienti.

Inoltre, si consideri come le ischemie intestinali che si verificano possono condurre nel tempo a malassorbimento e che i probiotici possono sia contrastare la crescita dei batteri patogeni menzionati sopra, che fornire la possibilità alla flora batterica intestinale di produrre alcune vitamine essenziali all’essere umano. L’uso dei probiotici potrebbe essere, accanto all’erboristeria locale, una modalità molto economica perché le nazioni a reddito molto basso possano gestire la qualità della vita dei pazienti con anemia falciforme, specie in ambito pediatrico.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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