Dopo i tumori e le malattie cardiovascolari, i disturbi autoimmuni rappresentano la categoria di malattie più diffusa, con le donne che hanno un’incidenza di malattie autoimmuni quattro volte maggiore rispetto agli uomini. La malattia di Sjögren ha una prevalenza di 19 a 1 tra maschi e femmine, mentre il rapporto tra i sessi dei pazienti con lupus eritematoso sistemico (LES) è 9:1 tra femmine e maschi. Inoltre, i pazienti con sindrome di Klinefelter che hanno cromosomi sessuali XXY e sono fenotipicamente maschi con modelli ormonali di un maschio biologico hanno lo stesso rischio di malattie autoimmuni delle femmine. Sebbene il ruolo degli ormoni sia stato ampiamente studiato in relazione alle malattie autoimmuni, la ricerca indica che, indipendentemente dallo stato ormonale e dal sesso, il dosaggio del cromosoma X sembra essere uno dei principali fattori di rischio di malattie autoimmuni.
Inoltre, studi condotti su gemelli identici indicano che anche la penetranza delle malattie autoimmuni può variare, suggerendo che i fattori ambientali possono influenzare la predisposizione genetica alle malattie autoimmuni. Si ritiene che i geni legati all’X come il recettore Toll-like 7 (TLR7) contribuiscano allo sviluppo di alcune malattie autoimmuni. In un nuovo studio, i ricercatori hanno utilizzato modelli murini autoimmuni resistenti e autoimmuni semplici, rispettivamente C57BL/6J e SJL/J, per comprendere il ruolo della compensazione del dosaggio del cromosoma X nel determinare il rischio sproporzionato di malattie autoimmuni nelle femmine. Poiché le femmine dei mammiferi hanno due copie dei cromosomi X rispetto ai maschi dei mammiferi, uno dei due cromosomi X nelle femmine viene silenziato epigeneticamente per la compensazione del dosaggio attraverso un meccanismo che coinvolge un RNA non-codificante (lncRNA) chiamato Xist.
Xist non è espresso nei maschi e solo il cromosoma X inattivo trascrive questo lncRNA nelle femmine. Studi su cellule staminali embrionali di topi hanno dimostrato che l’inattivazione del cromosoma X si stabilisce quando Xist forma un complesso ribonucleoproteico con 81 proteine che sono uniche per questo complesso. Xist si lega direttamente a 10 di queste proteine partner e alle restanti 71 indirettamente. Molte di queste proteine sono state precedentemente identificate come autoantigeni e si ritiene che attivino i percorsi del sistema immunitario innato attraverso recettori TLR. Qui, i ricercatori hanno utilizzato alleli non silenzianti di Xist che erano inducibili e li hanno introdotti negli autosomi dei ceppi di topi autoimmuni resistenti e inclini all’autoimmunità. La formazione del complesso Xist nei topi maschi con LES indotto chimicamente ha consentito di osservare questo processo specifico per la femmina in un contesto maschile.
I risultati hanno riportato che l’induzione dell’espressione transgenica di Xist non silenziato nei topi maschi, formava complessi ribonucleoproteici Xist e portava alla produzione di autoanticorpi. Modelli di topi maschi autoimmuni di lupus eritematoso sistemico indotto da pristani hanno mostrato una patologia multiorgano più grave di quella osservata nei topi selvatici. Inoltre, l’espressione di Xist nei topi maschi aveva riprogrammato gli stati del materiale genetico e le popolazioni di cellule B e T per renderle più simili a quelle trovate nei topi femmine wild-type. La reattività contro più proteine del complesso ribonucleoproteico Xist è risultata significativa anche nei campioni di siero ottenuti da pazienti umani con lupus sistemico, dermatomiosite e sclerodermia. I risultati evidenziano il potenziale dell’utilizzo di queste proteine associate al complesso Xist come nuovi antigeni per rilevare e monitorare le malattie autoimmuni.
La scoperta dell’accumulo atipico di cellule B dovuto all’espressione del complesso ribonucleoproteico Xist fornisce anche una potenziale area di ricerca per terapie farmacologiche innovative e mirate nelle malattie autoimmuni. Sono noti già ai ricercatori alcuni composti e molecole sperimentali che legano le ribonucleoproteine; sono usati per comprendere come funzionano i meccanismi di traduzione alternativa dell’RNA a proteine omologhe (splicing alternativo). Sulla falsariga di queste sostanze, potrebbe essere possibile trovare inibitori del complesso Xist perché si eviti che esso partecipi alla produzione di auto-antigeni.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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