Background
Il diabete è un crescente problema di salute e sanità pubblica, che continua ad aumentare nonostante gli sforzi della ricerca e dell’assistenza sanitaria. A parte la neuropatia, la retinopatia e la nefropatia che può arrivare all’insufficienza renale con trattamento dialitico, porta a varie forme di miopatia diabetica, indipendentemente dal tipo, causando un declino della massa e della funzione del muscolo scheletrico. Questo declino non solo peggiora l’obesità e l’iperglicemia, ma influenza anche la locomozione, il metabolismo energetico e la regolazione del glucosio, deteriorando ulteriormente prima la struttura e la funzione muscolare e poi il controllo metabolico generale. In generale, lo scarso controllo glicemico nei pazienti con diabete mellito tipo 2 (DM2) risulta collegato a una bassa massa muscolare scheletrica.
Alcuni studi lo hanno addirittura riportato come il principale fattore di rischio per la sarcopenia nel diabete, indipendentemente dal tipo di diabete o dal trattamento con insulina. Tra i pazienti con DM2, quelli con sarcopenia incidente hanno una funzione insulare peggiore, un’insufficiente secrezione di insulina e fluttuazioni della glicemia più significative rispetto ai pazienti non sarcopenici. Infine, un contenuto di grasso corporeo più elevato è stato associato alla sarcopenia negli anziani con DM2. Inoltre, il diabete compromette la rigenerazione muscolare, peggiorando potenzialmente condizioni come l’ischemia e le ulcere del piede promuovendo la fibrosi e ostacolando il recupero delle fibre muscolari. Ma la ricerca per comprendere meglio e sviluppare interventi mirati per i complessi meccanismi alla base non si fermano.
Anomalie muscolari nel diabete: le miochine
La natura complessa del diabete complica l’identificazione di bersagli terapeutici efficaci. Altri fattori che contribuiscono includono l’invecchiamento, l’inattività e la cattiva alimentazione. Il diabete, insieme alle sue comorbilità come l’obesità, l’ipertensione e la dislipidemia, influenza in modo significativo la struttura, la funzione e il metabolismo muscolare. Le principali anomalie osservate nei pazienti diabetici comprendono riduzione della massa e della forza muscolare, deposizione anormale di lipidi, atrofia delle fibre e alterata secrezione di miochine, che contribuiscono alla diminuzione della capacità funzionale. Le miochine sono peptidi prodotti, espressi e rilasciati dalle fibre muscolari che provocano effetti autocrini, paracrini o endocrini.
Facilitano la comunicazione tra i muscoli e altri organi e, fra l’altro, possono influenzare il metabolismo dei lipidi e del glucosio. Per esempio, l’irisina è una miochina che induce l’ipertrofia muscolare. È stato riscontrato che le sue concentrazioni erano ridotte nei pazienti sarcopenici, ma alcuni studi non hanno trovato alcuna correlazione tra i due. Esistono numerosi studi che dimostrano che i livelli di irisina sono significativamente più bassi nei pazienti con DM2. Una diminuzione delle concentrazioni di irisina nei pazienti con DM2 è stata osservata parallelamente a complicanze cardiovascolari. Per cui, potrebbero avere un valore predittivo nella diagnosi dell’insufficienza cardiaca ed essere collegati alla nefropatia.
La miostatina (MSTN/GDF-8), invece, è una proteina regolatrice negativa della crescita muscolare. Gli studi suggeriscono che la MSTN può favorire la progressione dell’obesità e del diabete attraverso i suoi effetti sul muscolo e su altri tessuti (tessuto adiposo, fegato). Negli studi sull’uomo, i livelli medi di miostatina plasmatica sono risultati più alti nei pazienti con DM2, nei soggetti con sindrome metabolica e compromissione dell’omeostasi del glucosio-insulina con massa muscolare inferiore. Tuttavia, alcuni studi hanno dimostrato che i soggetti diabetici avevano concentrazioni di miostatina più basse e che era negativamente correlata alla glicemia e ai trigliceridi nel sangue a digiuno. I livelli di miostatina erano anche positivamente associati alla retinopatia diabetica.
Impatto del diabete sulla fibra muscolare e sulla segnalazione dell’insulina
Il diabete sposta la composizione delle fibre muscolari verso le fibre di tipo II, che sono più soggette a danni e compromettono la rigenerazione. La resistenza all’insulina interrompe i percorsi di crescita delle cellule muscolari, mentre l’iperinsulinemia e la lipotossicità inibiscono processi cruciali di recupero come l’autofagia e il metabolismo delle proteine. Infatti, al parallelo decremento della massa muscolare netta, si ha l’aumento del tessuto adiposo la cui crescita è direttamente proporzionale alla quota di terapia insulinica. L’insulina è un cardine del trattamento del diabete tipo 1, ma in certi casi è adottata anche per il diabete tipo 2. È un ormone anabolizzante, stimola le sintesi macromolecolari ovvero delle proteine, dei trigliceridi e del glicogeno muscolare.
Perciò, oltre e stimolare la sintesi proteica delle fibre muscolari, fa depositare anche trigliceridi nelle cellule adipose. In caso di eccessivo deposito adiposo c’è una difficoltà oggettiva dell’insulina nel raggiungere il tessuto muscolare bersaglio. Inoltre, la lipotossicità causata dagli acidi grassi liberi può interferire con suo segnale mediato dal recettore. Stessa cosa può verificarsi per iperglicemia cronica non trattata, che modifica le proteine (recettore insulinico incluso) tramite il processo di glicazione. Questi cambiamenti suggeriscono che mirare alle transizioni del tipo di fibra e migliorare la segnalazione dell’insulina potrebbe migliorare la rigenerazione muscolare nel diabete.
La rigenerazione cellulare nel diabete
Il diabete non solo porta alla degenerazione muscolare, ma compromette anche la capacità del muscolo di rigenerarsi, complicando lesioni come ischemia e ulcere del piede. Il processo di rigenerazione, che coinvolge sia le cellule staminali muscolari (MuSC) che le non-MuSC, è ostacolato, come indicato dall’eccessiva fibrosi e dalla maturazione ritardata delle miofibre. Il fattore neurotrofico derivato dal cervello (BDNF) e il fattore neurotrofico derivato dalla linea cellulare gliale (GDNF) sono marcatori associati alla giunzione neuromuscolare e alla neuroinfiammazione. Si tratta di neurotrofine rilasciate sia dai neuroni che dai muscoli e svolgono un ruolo essenziale nello sviluppo e nel metabolismo dei muscoli e nella regolazione della funzione delle sinapsi. La loro produzione risulta alterata in caso di neuroinfiammazione.
Ma dato che sono anche fattori di crescita che condizionano le cellule staminali, una loro ridotta produzione durante il diabete potrebbe rappresentare uno dei fattori che contribuiscono alla mancata rigenerazione muscolare. Tuttavia, l’aumento dei livelli di miostatina e le alterazioni dei segnali molecolari NOTCH e WNT compromettono la proliferazione e la differenziazione delle cellule muscolari, soprattutto di quelle staminali, perché si tratta di segnalazioni cellulari che intervengono in processi embriogenetici e rigenerativi. Inoltre, l’iperglicemia compromette la via di segnalazione della proteina chinasi attivata da AMP (AMPK), che invece si attiva nel digiuno e nell’ipoglicemia perché è un sensore di perdita energetica cellulare.
La AMPK viene attivata nell’esercizio fisico e nella restrizione calorica, facendo capire che mantenere una “calma glicemica” nel paziente diabetico e praticando un costante esercizio fisico può essere di giovamento. In effetti, la scienza e la clinica hanno già provato che praticare attività fisica controllata è di sicuro beneficio al mantenimento glicemico, regolarizzando le fluttuazioni e i depositi del tessuto grasso. Assieme a questo, lo spostamento alimentare da più “carboidratico” a più “proteico” può essere utile: introdurre più aminoacidi essenziali come i ramificati, la fenilalanina, la lisina e l’arginina attraverso legumi, soia, uova, frutta a guscio e carne magra (pollame, pesce) stimola la sintesi proteica muscolare ritardando il catabolismo.
Normalmente, qualsiasi lesione muscolare innesca necrosi e infiammazione, caratterizzate dalla rottura delle fibre e dalla perdita di proteine nel siero. Il processo, essenziale per la riparazione dei tessuti, attira cellule immunitarie come neutrofili e macrofagi. Il diabete aggrava questa degenerazione, amplificando il danno e ostacolando la rigenerazione, evidenziando l’impatto metabolico sul recupero muscolare. Esso ha un impatto negativo sul processo di rigenerazione muscolare, influenzando anche i progenitori fibro-adipogenici (FAP). Trattamenti come la metformina offrono qualche speranza modificando potenzialmente l’attività dei FAP. Anche la via AMP-AMPK è deficitaria nel diabete e nelle MuSC (il che ostacola ulteriormente la funzione e la loro rigenerazione).
La metformina, dunque, fra i suoi effetti biologici potrebbe contare anche quello di condizionare la rigenerazione delle cellule staminali muscolari, mentre riduce quella dei FAP e del tessuto adiposo. La AMPK è soggetta anche alla regolazione da parte delle miochine o delle adipochine: può essere attivata dall’adiponectina, ma inibita dalla resistina, evidenziando sfide complesse nella riparazione del muscolo diabetico.
Sfide nella segnalazione della rigenerazione muscolare
Il diabete aumenta le citochine infiammatorie e lo stress ossidativo, interrompendo la riparazione muscolare, inibendo i percorsi di crescita e promuovendo la disgregazione delle proteine. Uno dei meccanismi cruciali che possono essere correlati alla patogenesi della sarcopenia è l’infiammazione cronica. Le citochine infiammatorie sono state collegate all’atrofia muscolare, promuovendo il catabolismo proteico e sopprimendo la sintesi proteica muscolare. Una meta-analisi pubblicata nel 2016 ha indicato che la sarcopenia è associata ad aumenti dei livelli di proteina C-reattiva (PCR), ma non ha confermato l’associazione tra sarcopenia e concentrazioni di interleuchina-6 (IL-6) o fattore di necrosi tumorale (TNF-alfa).
Tuttavia, una meta-analisi più recente del 2021 ha concluso che l’aumento dei livelli di PCR, IL-6 e TNF-α era significativamente associato a una minore forza muscolare scheletrica e una minore massa muscolare. Quindi, oltre ai disturbi del segnale insulinico, all’alterazione delle miochine o delle adipochine, ai difetti mitocondriali e della produzione di energia cellulare, anche la componente infiammatoria ostacola il sistema portando la bilancia a pendere dal lato catabolico. Mentre fattori di crescita come insulina, IGF-1, PDGF ed altri stimolano la sintesi proteica cellulare attraverso la via MAPK-PI3K-mTOR, IL-1, IL-6 e TNF-alfa, invece, attivano la via ubiquitina-proteasoma 20S, che serve alla degradazione delle proteine cellulari e di quelle costituenti le fibre muscolari.
I trattamenti per la rigenerazione muscolare nel diabete spaziano dall’esercizio fisico agli integratori, alle terapie cellulari, ma la loro efficacia spesso non è sufficiente nell’affrontare la fibrosi muscolare. Affrontare queste lacune richiede un approccio articolato. La ricerca deve affinare i propri modelli e gruppi di controllo per isolare gli effetti del diabete da quelli delle comorbilità e dei fattori legati allo stile di vita. Le tecnologie genetiche e omiche avanzate offrono nuove strade per scoprire gli intricati meccanismi in gioco nella rigenerazione del muscolo diabetico. Inoltre, un approccio integrato con esercizio fisico, interventi dietetici e integratori antiossidanti per combattere lo stress ossidativo può essere la chiave per migliorare la riparazione muscolare nei pazienti diabetici.
Tuttavia, sono essenziali ulteriori ricerche e trials clinici rigorosi per affrontare le complessità della rigenerazione muscolare nel diabete e sviluppare trattamenti efficaci.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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