Le piante della famiglia delle Cucurbitacee, come zucca, zucchino, anguria e melone sono conosciute e coltivate sin dai tempi antichi. Troviamo in questa famiglia non solo alcune delle principali verdure come zucca, cetriolo e zucchina, ma anche gustosi e freschissimi frutti estivi come melone e anguria. La famiglia è grande e comprende circa 115 generi e 960 specie di diversi frutti e verdure, che sono ricche fonti di proteine, minerali, vitamine, fibre alimentari e molte altre tipologie di sostanze bioattive. Cucumis L. è un genere della famiglia delle Cucurbitacee. Viene comunemente consumato fresco o utilizzato in vari alimenti e bevande. Viene anche utilizzato in varie formulazioni topiche e prodotti farmaceutici a base di vitamina A e C.
Meloni e angurie: le loro proprietà nutritive o curative
Cucumis melo (melone bianco o melopopone) è una ricca fonte di vitamina C, vitamina E, polifenoli chiari (luteolina, kampferolo), carotenoidi (luteina) e sostanze fitochimiche, tutti associati a potenziali benefici funzionali, diuretici, digestivi e antiparassitari. La luteina è anche una sostanza che protegge la retina dai processi di invecchiamento. I suoi estratti idroalcolici hanno attività abbassante la pressione arteriosa, attraverso un effetto cronotropo negativo (azione sul nervo vago) e sulla produzione di ossido nitrico (EDRF) che dilata arterie periferiche e coronarie. Quest effetto viene condiviso anche dai semi del Cucumis sativus (o cetriolo).
Cucumis melo var. cantalupensis, comunemente noto come melone mantovano, mostra un’elevata presenza di provitamina A (caroteni) e può, quindi, prevenire l’infiammazione cronica. Anche gli estratti di polpa e buccia di melone hanno dimostrato efficacia nel prevenire la formazione di edemi.
Cucumis melo var. reticulatus o melone Galia è una ricca fonte di composti fenolici, flavonoidi, minerali come magnesio, fosforo, sodio, potassio, acidi grassi polinsaturi e aminoacidi essenziali.
Cucumis melo L. inodorus è una ricca fonte di nutrienti e minerali vitali, come magnesio, potassio, ferro, vitamina C, A e B6, calcio, acido pantotenico, omega-3, omega-6 e zinco. È stato dimostrato che alcune varietà di questo melone gestiscono efficacemente la resistenza all’insulina e l’infiammazione del tessuto adiposo, oltre a proteggere il sistema cardiovascolare.
Il Cucumis agrestis (melone muschiato) è generalmente consumato come verdura e contiene molteplici fitocostituenti, tra cui alcaloidi, tannini, flavonoidi, glicosidi, steroidi, triterpenoidi e acidi fenolici. L’estratto idroalcolico di Cucumis agrestis è associato a proprietà antidiabetiche e anti-iperlipidemiche. Nel confronto, l’estratto metanolico del frutto ha mostrato una forte attività antiossidante, che lo rende un potenziale candidato adiuvante sotto studio per il trattamento del cancro al fegato.
Cucurbitacee ad azione biologica
La Momordica charantia, che è un melone amaro, è una ricca fonte di proteine, carboidrati, fibre alimentari, vitamine, minerali e fenoli come acido gallico, acido tannico, catechina, acido caffeico, acido p-cumarico, acido ferulico e acido benzoico. I composti fenolici presenti nella Momordica charantia possono esercitare effetti antidiabetici inibendo l’assorbimento intestinale dei carboidrati, stimolando la secrezione di insulina e proteggendo le cellule pancreatiche dalla degradazione. Molti tipi di composti bioattivi con potenziale ipoglicemizzante sono stati isolati da M. charantia, tra cui glicosidi triterpenici di tipo cucurbitano, charantina e momordicina.
Il polipeptide-p, purificato dal frutto e dai semi di M. charantia, ha mostrato efficaci attività ipoglicemizzanti quando somministrato per via sottocutanea a languri, gerbilli e esseri umani. Infatti, una nuova proteina legante il recettore dell’insulina isolata da Momordica charantia mostra resistenza gastrica e attività ipoglicemizzante. Charantina, momordenolo e momordicilina sono importanti composti attivi che possiedono struttura chimica e proprietà simili all’insulina. La momordicina II e il kuguaglicoside G potrebbero anche stimolare la secrezione di insulina.
Gli estratti di melone amaro hanno mostrato attività antibatterica contro K. pneumoniae e B. licheniformis, con gli estratti acquosi che hanno mostrato un’attività più forte degli estratti etanolici. Tra le varianti di Momordica charantia, studi precedenti hanno riportato l’attività antibatterica della varietà muricata contro Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, P. aeruginosa, Micrococcus luteus e Staphylococcus aureus, mentre var. charantia ha mostrato attività antibatterica contro S. aureus, P. aeruginosa ed E. coli.
Gli estratti di Momordica charantia, infine, hanno mostrato attività antitumorale contro le cellule tumorali del seno, del polmone e del colon. Nel cancro ovarico, gli estratti di Momordica charantia provocano effetti antiproliferativi, antimetastatici e pro-apoptotici attraverso la sua attività di attivazione delle proteina chinasi da stress (JNK e p38RK), ma inibitorie di quelle utili alla replicazione cellulare (PKC, JAKs). Questi effetti sono mediati dalle cucurbitacine, saponine ad elevata citotossicità generale.
Cucurbitacee “inavvicinabili”
A titolo di curiosità, una cucurbitacea spontanea ma priva di valore alimentare è il cocomero asinino (Ecballium elateryum), che è molto diffuso in estate nei terreni incolti e lungo il ciglio delle strade di campagna. E’ noto perché quando maturo, si distacca dal suo gambo spruzzando i suoi semi con un getto violento. Ha potenti effetti irritanti e purganti, tanto che non è più usata nell’erboristeria ufficiale da molti anni. Un botanico inglese dell’ 800 sostenne che per aver messo dei frammenti di cocomero asinino sotto il suo cappello, dopo una passeggiata fu colpito da una violenta colica addominale con diarrea profusa e quasi sanguinolenta. La pianta infatti è molto ricca di cucurbitacine, che come saponine sono parzialmente idrofobe e potenzialmente in grado di essere assorbite dalla pelle. Queste sostanze sono state studiate negli anni ’90 in laboratorio come potenziali antileucemici, ma la loro tossicità e quella dei loro derivati è stata sempre superiore agli effetti curativi potenziali, causandone perciò il loro “accantonamento”.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD; specialista in Biochimica Clinica.
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