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Antidiabetici, dimagranti e chissà cos’altro ancora: le sorprese dei farmaci agonisti GLP-1 al congresso ENDO 2024

Sabato scorso è iniziato ENDO 2024, il congresso internazionale per l’Endocrinologia, dove al solito verranno esposti tutti i posters dei lavori sperimentali di centinaia di gruppi di ricerca provenienti da tutto il mondo. E quando si parla di problemi endocrini si arriva prima o poi sempre al diabete. Perché il diabete non è primariamente un problema metabolico: al contrario, le conseguenze metaboliche spuntano fuori per un difetto endocrino che tutti conoscono, un malfunzionamento dell’insulina. Purtroppo, però tutti sanno che il diabete si associa a sindrome metabolica, sovrappeso o obesità franca, rischio cardiovascolare e le famose complicanze. Dai vecchi testi di medicina il diabete è stato sempre associato a dimagrimento, ma è un’immagine che appartiene alla clinica di secoli fa mentre oggi, col prevalere della dieta occidentale il sovrappeso e l’obesità sono diventati quasi una costante in questa condizione.

Fra i posters interessanti del congresso si possono segnalare quelli che riguardano i nuovi farmaci antidiabetici nonchè dimagranti, gli agonisti del GLP-1 come la semaglutide. Ricercatori dell’Università di Ljubliana, in Sovenia, hanno potuto constatare che fra gli effetti biologici di questo farmaco ce ne è anche di insospettati. Nello specifico, la semaglutide migliora la sensibilità al gusto, cambia l’espressione genetica nella lingua responsabile della percezione del gusto e anche la risposta del cervello ai gusti dolci. Il Dr. Jensterle Sever e colleghi hanno progettato uno studio di prova sull’impatto del semaglutide sulla percezione del gusto. Hanno assegnato in modo casuale un campione di 30 donne con un BMI medio di 36,4 a semaglutide 1 mg o a placebo. Per 16 settimane, i ricercatori hanno misurato la loro sensibilità al gusto utilizzando strisce contenenti diverse concentrazioni di quattro gusti fondamentali.

Hanno utilizzato la risonanza magnetica funzionale per misurare le risposte del cervello a una soluzione dolce che gocciolava sulla lingua prima e dopo che le donne mangiavano un pasto standard. Hanno anche eseguito una biopsia della lingua per valutare l’espressione degli mRNA cellulari del tessuto. Quelli del gruppo di trattamento hanno sperimentato cambiamenti nella percezione del gusto, nell’espressione genetica delle papille gustative e nell’attività cerebrale in risposta agli stimoli del gusto dolce. I geni EYA, PRMT8, CRLF1 e CYP1B1, che sono stati quelli evidenziati maggiormente, sono collegati alle nostre gustative, alla plasticità neurale e al rinnovamento delle papille gustative nella lingua. Lo studio ha anche rivelato informazioni sulla risposta del cervello al recettore GLP-1, in particolare nel giro angolare, una parte del cervello che influenza il linguaggio, la memoria, il ragionamento e l’elaborazione dei numeri.

Questo cambiamento nel concetto di ricompensa di una persona, rispetto a quello neutro i sentimenti verso il gusto, potrebbe avere un significato per comprendere e adattare potenzialmente le preferenze di gusto nelle persone con obesità. Questa condizione si associa a decine di altre e svariate problematiche, ma in un altro poster è stato anticipato un nuovo studio, finanziato dal produttore di tirzepatide Eli Lilly Inc., che è stato progettato per vedere se avere più malattie associate all’obesità si traduce in una minore perdita di peso. La tirzepatide era stata precedentemente approvata dalla FDA con il nome commerciale Mounjaro per il trattamento del diabete di tipo 2. Ma è stato approvata nel novembre 2023 dalla FDA statunitense con il nome Zepbound per la gestione cronica del peso negli adulti con obesità o sovrappeso con almeno una condizione correlata al peso (come ipertensione, diabete di tipo 2 o colesterolo alto).

I ricercatori hanno combinato i risultati di quattro diversi studi. I disegni di ciascuno studio e le caratteristiche dei pazienti erano diversi, ma tutti i pazienti presentavano obesità. C’erano un totale di 4.726 soggetti, tutti obesi (un BMI superiore a 30), o sovrappeso (un BMI di almeno 27) insieme a una condizione medica correlata all’obesità. Un sottogruppo di 938 soggetti di uno dei quattro studi aveva il diabete di tipo 2. Le perdite di peso ottenute nei gruppi tirzepatide sono state classificate in base al numero di condizioni correlate all’obesità (nessun’altra condizione medica, una di queste condizioni, o due o più) rispetto ai pazienti che hanno ricevuto un placebo. I partecipanti più anziani o obesi da più tempo presentavano un numero maggiore di comorbilità legate all’obesità, come ci si aspetterebbe.

Maggiori riduzioni del peso corporeo sono state osservate nei partecipanti trattati con tirzepatide rispetto al placebo, indipendentemente dalla presenza di altre condizioni legate all’obesità. Fra queste c’è la pancreatite, cui sono più esposti i pazienti obesi e con diabete tipo 2. I medici sono stati cauti nel prescrivere questi farmaci a pazienti con una storia di pancreatite a causa del potenziale rischio di peggioramento della condizione. I ricercatori hanno utilizzato i dati di un ampio database chiamato TriNetX, che contiene informazioni di circa 127 milioni di pazienti in 15 paesi, principalmente da gli Stati Uniti. Hanno identificato 638.501 individui con una storia di pancreatite acuta. Si sono concentrati sugli adulti con diabete e obesità a cui era stata diagnosticata una pancreatite acuta. I ricercatori volevano vedere se alcuni farmaci per il diabete e l’obesità influenzavano il rischio di contrarre nuovamente la pancreatite.

Per calcolare il rischio di pancreatite, hanno monitorato quanti pazienti hanno sviluppato nuovamente la pancreatite entro 5 anni dall’inizio del trattamento con i farmaci. Hanno confrontato gruppi di pazienti che assumevano farmaci diversi, abbinandoli in base alle caratteristiche del paziente. Quando il gruppo GLP-1 è stato confrontato con i pazienti che assumevano inibitori SGLT2, il gruppo GLP-1 ha mostrato un rischio inferiore di recidiva di pancreatite acuta (15,2%) rispetto al 24% del gruppo SGLT2i. Quando i pazienti GLP-1 sono stati confrontati con quelli che assumevano farmaci inibitori di DPP4, il rischio di recidiva del gruppo GLP-1 è stato del 14,4%, rispetto al 23,3% nel gruppo DPP4i. Quando i pazienti GLP-1 sono stati confrontati con quelli che non assumevano nessuno di questi farmaci, il rischio di recidiva del gruppo GLP-1 è stato del 14,5%, rispetto al 51,6% del gruppo di confronto.

Effettivamente, perciò, l’uso degli agonisti GLP-1 si amplia per lo spettro di possibili condizioni associate sia al diabete che l’obesità. Considerando che la perdita di peso nel diabete si associa ad un migliore profilo glicemico e, di riflesso, ad una minore probabilità di sviluppare complicanze l’impiego di questa categoria di farmaci si prevede possa sostituire sempre più quelli convenzionali, con il vantaggio di prendere non due ma “tre o quattro piccioni con una fava”.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

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Ghusn W et al. Diabetes Obes Metab. 2024; 26(6):2167-75. 

Cai W et al. Front Public Health. 2024 Jan 31; 12:1277113. 

Zeng Q et al. Front Endocrinol. 2023 Oct 16; 14:1214334. 

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998, specialista in Biochimica Clinica dal 2002, ha conseguito dottorato in Neurobiologia nel 2006. Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. In libera professione, si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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