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Quando un oncogene non lavora come dovrebbe: il caso di c-Jun nel cancro della prostata

Uno studio internazionale condotto dagli scienziati della MedUni Vienna ha ora identificato una proteina che, nonostante la sua natura proto-oncogenica, potrebbe invece rallentare la crescita del tumore. I complessi processi molecolari che portano alla progressione del cancro alla prostata non sono stati ancora del tutto chiariti dalla scienza. La proteina nota come c-Jun è oggetto di intense ricerche come possibile motore della crescita del tumore. Numerosi studi hanno dimostrato che questo proto-oncogene (se muta diventa un oncogene) viene prodotto in quantità eccessiva nel cancro. Così com’è forma un eterodimero con un altro proto-congene, c-Fos; insieme formano il fattore di trascrizione AP-1, che è coinvolto in centinaia di stimoli cellulari, compresi quelli per la proliferazione guidata da fattori di crescita. In collaborazione con partner nazionali e internazionali è stato dimostrato che per il cancro alla prostata avviene il contrario.

Le indagini del gruppo di ricerca utilizzando un modello murino e campioni clinici hanno rivelato che la progressione del cancro alla prostata non viene accelerata ma rallentata quando JUN è presente in livelli elevati. Al contrario, si è osservato che il tumore cresce più velocemente quando manca la proteina. Questo in particolare se è presente una delle maggiori mutazioni rilevate in questo cancro, quella a carico del gene PTEN. In un modello murino precedentemente descritto, l’abrogazione di PTEN nell’epitelio prostatico ha causato l’attivazione di un programma di senescenza mediato dall’oncosoppressore p53. L’insorgenza della senescenza nel cancro è considerata un’arma a doppio taglio: conferisce effetti anti-tumorigeni quando origina da cellule tumorali o determina esiti pro-tumorigeni quando il microambiente tumorale è compromesso.

I ricercatori conoscono JUN come regolatore dei geni del ciclo cellulare nel fegato e come co-attivatore e repressore nella regolazione del recettore degli androgeni nella prostata. Prove recenti suggeriscono funzioni di soppressione del tumore per diversi membri della famiglia AP-1 e dei loro regolatori. Ad esempio, la chinasi N-terminale di JUN (JNK) che attiva JUN è stata precedentemente identificata come un potente soppressore tumorale in un modello murino di carcinoma prostatico. Jun B, anch’esso attivato da JNK, è stato associato a proprietà di limitazione della crescita in questo tumore e la sua attivazione può spiegare il meccanismo di soppressione del tumore da parte di JNK. È importante sottolineare che i livelli di JUN, FOS e JUNB e i livelli di JUN nel set di dati TMA indagati erano tutti significativamente diminuiti con la progressione del cancro.

Ciò suggerisce che livelli elevati di JUN possono proteggere dallo sviluppo di una malattia progressiva, un’ipotesi ulteriormente supportata dall’aumento dei tassi di sopravvivenza dei pazienti che ospitano tumori che esprimono elevate JUN. Il fatto che JUN svolga un ruolo importante nell’attivazione dei geni e in vari processi come la crescita cellulare è stato scoperto già negli anni ’80. Nelle attuali indagini, i ricercatori hanno scoperto che JUN è significativamente coinvolto nella regolazione del cancro alla prostata influenzando la risposta immunitaria del corpo. Se manca la proteina, il reclutamento di alcune cellule immunitarie nel microambiente del tumore viene compromesso, il che porta ad una crescita accelerata del cancro. Questi risultati potrebbero spiegare perché il cancro alla prostata risponde meno alla terapia immunitaria.

All’interno dell tumore, le cellule immunitarie come i macrofagi e i neutrofili associati al tumore favoriscono la progressione del cancro oppure combattono le cellule tumorali, sottolineando il loro duplice ruolo nella tumorigenesi. Centrale in questo ambiente è il fenotipo secretorio senescente (SASP), in cui le cellule senescenti rilasciano molti mediatori infiammatori. Gli effetti guidati da SASP spesso culminano nell’eliminazione immunomediata di potenziali cellule oncogeniche, un processo chiamato “sorveglianza della senescenza”. La SASP prevede l’espressione e la secrezione di citochine infiammatorie come CCL3, CCL8, IL-1β e TNF-α che reclutano successivamente cellule immunitarie come neutrofili, macrofagi e linfociti T. Inoltre il GM-CSF, un bersaglio diretto di JUN, amplifica le risposte dei macrofagi e dei neutrofili e modula la secrezione di citochine infiammatorie come TNF-α e IL-6.

Queste sono regolate principalmente dal fattore di trascrizione STAT-3, che a sua volta giace a valle del loro recettore per trasdurre i segnali cellulari innescate dalle stesse. Nello studio, STAT3 regola direttamente l’espressione di Jun e Fos e può potenzialmente funzionare in modo simile, in un ciclo di feedback positivo. Pertanto, l’attivazione terapeutica di STAT3 causa potenzialmente la modulazione del fenotipo senescente e può aumentare i livelli di JUN, limitando così la progressione del tumore e migliorando la sopravvivenza dei pazienti affetti da cancro alla prostata. Dato il ruolo indispensabile della SASP nella sorveglianza immunitaria delle anomalie preneoplastiche, la sua modulazione terapeutica presenta sfide complesse. Recenti indagini hanno dimostrato il potenziale della metformina, che inibisce la traslocazione nucleare del fattore NF-κB e riduce molteplici componenti proinfiammatori SASP.

La metformina aumenta STAT3 nei casi avanzati, portando a una significativa attenuazione della crescita tumorale, sottolineata da livelli ridotti di mTORC1/CREB e recettore degli androgeni in un modello sperimentale di cancro alla prostata. L’interazione tra JUN, STAT3 e PTEN potrebbe quindi rappresentare un meccanismo chiave da sfruttare per progressi terapeutici.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Redmer T et al. Molecular Cancer. 2024 May; 23(1):114.

Riedel M, Berthelsen M et al. Oncogene 2021; 40:2437.

Gorgoulis V, Adams PD et al. Cell. 2019; 179:813–827.

Martínez-Zamudio RI et al. Nat Commun. 2015; 6:7736.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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