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Gli effetti dello zucchero sulla salute pubblica: diabete, malattia cardiache ed ora anche renali

Eccesso di zuccheri e salute pubblica

Le malattie non trasmissibili (MANT), come quelle cardiache e il diabete, sono in gran parte prevenibili ma rappresentano una parte significativa dei decessi globali. Mentre i ricercatori hanno enfatizzato le modifiche dello stile di vita per prevenire queste malattie, con prove che suggeriscono che una dieta migliore produce benefici significativi, il ruolo specifico del consumo di zucchero è stato dibattuto. Alla fine del XX secolo, la riduzione del consumo di grassi ha portato ad un aumento dell’assunzione di carboidrati e grassi aggiunti, in particolare con sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio. Ciò ha coinciso con l’aumento dei tassi di obesità, diabete e malattie coronariche. Prove scientifiche supportano l’affermazione che gli zuccheri aggiunti nella dieta hanno effetti negativi, soprattutto quando il consumo è eccessivo, prolungato e ricco di fruttosio.

L’integrazione di glucosio può essere utile in determinate circostanze, ma può anche essere ottenuta da fonti alimentari, inclusi cereali integrali, verdure e alimenti. D’altra parte, gli zuccheri provenienti da alimenti ultraelaborati sono calorie prive di valore nutritivo supplementare. Sebbene non tutti gli zuccheri aggiunti debbano essere eliminati, i nutrizionisti raccomandano infatti di limitarne l’assunzione a non più del 10% del consumo energetico totale. Negli ultimi anni si è assistito a un leggero calo nel consumo di zucchero, spinto dalle linee guida sanitarie che sostengono un’assunzione giornaliera limitata di zucchero per mitigare i rischi per la salute. Alcune ricerche indicano che lo zucchero potrebbe non essere intrinsecamente più dannoso di altre fonti energetiche nella dieta, ma tutto dipende ovviamente dalle quantità.

Effetti dello zucchero sulla salute

In numerosi studi il consumo di zucchero, in particolare fruttosio e bevande zuccherate, è associato ad un aumento del rischio di diabete di tipo 2 (DM2). Tuttavia, i risultati sono incoerenti e alcuni studi a breve termine non riescono a stabilire relazioni chiare. Studi a lungo termine suggeriscono un impatto significativo dell’assunzione di fruttosio sulla resistenza all’insulina e sul rischio di diabete, soprattutto nelle donne. Vengono inoltre rilevati gli effetti protettivi delle fibre alimentari e di alcuni grassi sul rischio di diabete, indicando la complessità dei fattori dietetici influenti. Il ruolo dei carboidrati raffinati e delle bevande zuccherate nelle malattie cardiache è sempre più riconosciuto, con studi che indicano la loro associazione con la dislipidemia e l’aumento del rischio.

Mentre alcuni studi mostrano un legame diretto tra consumo di zucchero e malattie cardiache, altri trovano risultati contrastanti, probabilmente a causa delle differenze nella durata e nella metodologia dello studio. La ricerca suggerisce che gli zuccheri possono svolgere un ruolo dannoso per la salute cardiovascolare, sebbene i tipi specifici di carboidrati e grassi consumati possano avere effetti diversi. Si ipotizza che l’assunzione eccessiva cronica di zucchero possa compromettere la funzione cognitiva, con studi su animali e esseri umani che dimostrano disturbi neurologici e cognitivi associati a un elevato consumo di zucchero. Anche il consumo materno di zucchero durante la gravidanza e l’allattamento può avere un impatto sulla cognitività della prole.

Mentre alcuni studi suggeriscono benefici cognitivi a breve termine derivanti dal consumo di zucchero, gli effetti a lungo termine sono meno chiari e possono essere influenzati da fattori come il controllo del glucosio e le abitudini alimentari nel tempo. L’impatto dello zucchero sull’umore e sul comportamento è dibattuto, con risultati incoerenti. Mentre gli studi a breve termine suggeriscono potenziali benefici sull’umore (derivanti dall’incentivo sul metabolismo energetico delle cellule cerebrali), in particolare dopo il digiuno, gli studi a lungo termine indicano correlazioni tra diete ad alto contenuto di zucchero e depressione, ansia e altri disturbi dell’umore. Questo potrebbe sicuramente dipendere da meccanismi secondari indotti dalle alterazioni energetiche o genetiche cellulari.

Meccanismi molecolari sottostanti

Si ipotizza che il consumo cronico elevato di zuccheri abbia un impatto sull’umore attraverso meccanismi neurochimici. Le diete occidentali, ricche di zuccheri, sono associate a infiammazione e cambiamenti nella segnalazione della dopamina, simili a comportamenti di dipendenza. Vi è anche riduzione della sintesi del BDNF nell’ippocampo, che si associa a minore plasticità neuronale, ridotta neurogenesi e difetti si alcuni aspetti della cognitività. Il troppo consumo di zucchero può disregolare i percorsi dopaminergici, portando ad un aumento della ricerca e del suo stesso consumo, con un meccanismo tipo del “cane che si morde la coda”. Lo sbilanciamento del microbiota intestinale da diete ad alto contenuto di zuccheri esacerba l’infiammazione, contribuendo all’insulino-resistenza ed alla comparsa di sovrappeso, obesità ed anche disturbi endocrini (si sospetta anche quelli tiroidei).

La disbiosi indotta dallo zucchero può portare alla permeabilità intestinale, innescando infiammazione sistemica e neuroinfiammazione, per passaggio nel circolo sanguigno di residui alimentari e derivati dai batteri stessi. Ciò potrebbe potenzialmente spiegare i disturbi neurologici e psichiatrici associati allo zucchero e all’obesità. Scarti batterici, ammine biogene, derivati fenolici ed altri ancora che dovrebbero essere eliminati definitivamente, circolano nel sangue e, passando la barriera emato-encefalica, agiscono sulle cellule cerebrali responsabili per l’umore ed il comportamento. Gli scienziati hanno sottolineato la necessità di approfondire anche il modo in cui i diversi dolcificanti incidono sui risultati sanitari e sulle sfide poste dai disturbi legati allo zucchero. Non faranno salire la glicemia, ma possono arrivare all’appetito per altre vie.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD; specialista in Biochimica Clinica.

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Pubblicazioni scientifiche

McGreen J, Kemps E et al. Appetite. 2024; 195:107215.

Kulbida M, Kemps E et al. Appetite. 2024; 195:107233.

Gillespie KM, White MJ et al. Nutrients. 2023; 16(1):75.

Gillespie KM, Kemps E et al. Nutrients. 2023;15(4):889.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998, specialista in Biochimica Clinica dal 2002, ha conseguito dottorato in Neurobiologia nel 2006. Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. In libera professione, si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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