Una sfida importante nello sviluppo di un vaccino per l’HIV è che il virus muta velocemente, molto velocemente. Anche se inizialmente una persona viene infettata da uno o più ceppi di HIV, il virus si replica e muta rapidamente, dando origine a uno “sciame” di ceppi virali esistenti in un unico corpo. Ma gli scienziati dello Scripps Research, del Mass General, del MIT Harvard, del La Jolla Institute for Immunology; e altre istituzioni hanno condotto una serie di studi preclinici indicando che sono potenzialmente più vicini che mai a un regime di immunizzazione, uno che potrebbe produrre anticorpi rari che sarebbero efficaci contro un’ampia gamma di ceppi di HIV. Pubblicati su Science, Science Immunology e Science Translation Medicine lo scorso maggio, i risultati sono delineati in quattro articoli individuali e si basano su uno studio clinico di fase I del 2022 condotto dall’organizzazione di ricerca scientifica senza scopo di lucro IAVI.
I risultati rappresentano un passo avanti fondamentale in una strategia di immunizzazione che potrebbe proteggere dal virus. La strategia vaccinale contro l’HIV prevede la stimolazione dell’organismo a produrre anticorpi maturi ampiamente neutralizzanti (bnAb). I bnAb sono tra gli attori chiave del sistema immunitario nella lotta contro l’HIV, poiché possono bloccare molte varianti del virus. Il problema è che i bnAb prodotti dal corpo umano sono rari. Lo studio IAVI si è concentrato sull’induzione delle cellule immunitarie che potrebbero eventualmente evolversi nei giusti bnAb, quelli che potrebbero proteggere le cellule ospiti da più ceppi di HIV. Queste cellule immunitarie precursori, note come cellule B, sono state stimolate con l’aiuto di un immunogeno primitivo (ovvero una molecola personalizzata per “innescare” il sistema immunitario e suscitare risposte dalle cellule precursori corrette.
Ma il primer richiede anche ulteriori immunogeni “booster” per indurre il sistema immunitario a produrre non solo cellule precursori, ma anche gli ambiti bnAb di classe VRC01, una classe rara e specifica di anticorpi nota per neutralizzare oltre il 90% dei diversi ceppi di HIV. Sono necessari anche potenziatori per la produzione di BG18, un’altra importante classe di bnAb che si lega agli zuccheri della proteina spike dell’HIV. È qui che entrano in gioco i nuovi studi: i ricercatori hanno sviluppato regimi di immunizzazione in grado di innescare i precursori VRC01 o BG18 e successivamente potenziare tali precursori lungo il percorso verso la trasformazione dei bnAb. Nel primo studio, incentrato sul BG18, utilizzando un immunogeno di priming Scripps Research, gli scienziati hanno costantemente innescato precursori di BG18 eccezionalmente rari in un modello animale di tipo selvatico.
Utilizzando l’analisi strutturale cryo-EM, hanno convalidato che gli anticorpi facevano effettivamente parte della classe BG18. Il fatto che il priming abbia funzionato bene nei macachi suggerisce che abbia buone probabilità di successo negli esseri umani. Nel secondo studio, i topi sono stati modificati per produrre una bassa frequenza di precursori BG18 utilizzando la tecnologia dell’RNA. Ciò ha portato a potenziare le cellule B innescate per adattarsi a riconoscere versioni più native dell’HIV. Per il terzo studio, gli scienziati della S IAVI hanno preparato un modello murino con lo stesso immunogeno utilizzato nella sperimentazione clinica IAVI del 2022. Ciò ha prodotto topi che hanno prodotto cellule B precursori della classe VRC01 simili a quelle trovate negli esseri umani. Nel quarto e ultimo studio, il team ha lavorato nuovamente con gli scienziati del Ragon Institute e ha utilizzato gli stessi immunogeni.
Ma stavolta hannu usato un modello murino diverso, in cui il team poteva controllare la frequenza dei precursori di bnAb che erano stati modificati per essere simili a quelli trovati negli esseri umani. Ciò ha permesso ai ricercatori di approfondire l’immunologia associata alla vaccinazione contro l’HIV esaminando i centri germinali, microstrutture linfonodali specializzate nel corpo che proteggono dalla reinfezione virale. Inoltre, i ricercatori hanno esaminato il modo in cui i centri germinali accumulano le mutazioni dell’HIV nel tempo. Hanno scoperto che un regime prime-boost aumentava l’attività dei linfociti B precursori nei centri germinali di diversi lignaggi, il che potrebbe eventualmente portare a un aumento dei bnAb maturati di classe VRC01. Nel complesso, tutti e quattro gli articoli confermano che il primo passo per attivare i giusti precursori dei bnAb è possibile quando si tratta di sviluppare un vaccino contro l’HIV.
Queste ricerche dimostrano specificamente che è anche possibile guidare i precursori degli anticorpi verso la trasformazione dei bnAb in grado di combattere l’HIV. Se ci si sta chiedendo come mai questo non è stato possibile prima, si può rispondere con una semplice cognizione di causa: il progresso tecnologico e l’avanzamento delle conoscenze. Questo vuol dire che chi afferma “tutto è stato scoperto, non c’è più nulla da scoprire” potrebbe avere una visione molto limitata del mondo reale.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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