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Caffé in clinica: può essere utile per gestire o prevenire la policistosi ovarica? Uno studio di caso-controllo

Le donne con ovaio policistico (PCOS) spesso soffrono di una disfunzione della sintesi ormonale delle gonadotropine che porta a problemi ovulatori. La PCOS innesca anche disturbi psicologici e metabolici, come malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2, obesità, resistenza all’insulina, disbiosi del microbiota intestinale, disturbi alimentari, ansia e depressione. L’eziopatogenesi della PCOS è multifattoriale e comprende fattori genetici, ambientali ed epigenetici. Uno studio precedente ha indicato che le donne con diagnosi di PCOS generalmente consumano una dieta di bassa qualità, con un apporto di magnesio e zinco inferiore ai livelli raccomandati e sono impegnate in uno stile di vita sedentario.

A causa dei criteri diagnostici differenziali, la prevalenza globale della PCOS è difficile da stimare. Ad esempio, il tasso di incidenza della PCOS in Spagna è compreso tra il 5% e il 10%, mentre si stima che la prevalenza globale di questa condizione colpisca fino al 15% delle donne in età riproduttiva. Nei paesi occidentali è stato registrato un trend in aumento nell’incidenza della PCOS. È stato dimostrato che interventi basati sullo stile di vita, come dieta ed esercizio fisico, migliorano efficacemente i sintomi della PCOS. Più specificamente, un intervento dietetico a basso contenuto di carboidrati può ridurre i livelli di glucosio e di proteina legante il fattore di crescita insulino-simile 1 (IGFBP-1) e migliorare i sintomi correlati all’iperandrogenismo.

Studi precedenti hanno indicato che il consumo di caffè migliora i sintomi della PCOS attraverso diversi percorsi. Il caffè contiene alti livelli di fenoli che migliorano la sensibilità all’insulina e alleviano l’ipersecrezione. La ridotta espressione della via della fosfatidilinositolo-3-chinasi (PI3K) diminuisce anche la sensibilità all’insulina e migliora la funzione delle cellule pancreatiche β. Un recente studio pubblicato sulla rivista Nutrients ha indagato l’associazione tra consumo di caffè e sindrome dell’ovaio policistico nelle donne. Il gruppo globale di studio comprendeva 126 pazienti con diagnosi di PCOS; e 159 controlli, che si sono recati in clinica per controlli ginecologici di routine e non presentavano alcun sintomo ginecologico.

L’indice di massa corporea medio (BMI) della coorte di studio era 24,33. L’assunzione media di caffeina nel gruppo di studio era di 52,46 mg/giorno. Le donne con PCOS erano relativamente giovani, obese e impegnate in esercizi fisici meno vigorosi rispetto a quelle del gruppo di controllo. Inoltre, le donne del gruppo di controllo consumavano più caffeina e alcol. Coerentemente con i risultati precedenti, lo studio attuale ha rivelato che consumare almeno una tazza di caffè al giorno riduce il rischio di PCOS. Inoltre, i partecipanti allo studio che consumavano circa due tazze di caffè ogni giorno avevano un rischio inferiore del 70% di sviluppare sintomi della PCOS rispetto a quelli che non bevevano mai caffè.

Meccanicamente, questo ruolo protettivo del caffè è stato attribuito ai suoi effetti sul metabolismo degli ormoni sessuali come il testosterone nel plasma. Il caffè contiene un’abbondanza di numerosi composti bioattivi con attività antinfiammatoria ed antiossidante, che possono migliorare la sensibilità all’insulina e regolare efficacemente i livelli degli ormoni plasmatici. Questo effetto dipenderebbe dalla capacità dei composti polifenolici del caffè (come gli acidi clorogenici) di condizionare le proteine CYP450 ed altri enzimi metabolizzanti del fegato, che condizionano l’emivita degli ormoni steroidei. Tuttavia, il consumo eccessivo di caffeina è anche associato allo sviluppo di tumori estrogeno-dipendenti.

A tal fine sarebbe interessante dimostrare che lo stesso effetto possa essere ottenuto anche col il consumo di caffè decaffeinato. La caffeina può essere in grado di condizionare il parte il metabolismo epatico, ma è solo una piccola frazione degli altri componenti bioattivi del caffè che possono agire in tal senso. Si eviterebbe anche il potenziale effetto collaterale dell’esagerata assunzione di caffeina con i suoi effetti stimolanti e induttori di tachicardia. Pertanto, sono necessari ulteriori studi per confermare queste osservazioni e garantire la formulazione di un intervento sicuro ed efficace a base di caffè per gestire la policistosi ovarica.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD; specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Meliani-Rodriguez et al. Nutrients 2024; 16(14):2238.

Ibrahim AA et al. Afr J Reprod Health. 2023; 27(6):41-50.

Raoofi A et al. Allergol Immunopathol. 2022; 50(6):137.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998, specialista in Biochimica Clinica dal 2002, ha conseguito dottorato in Neurobiologia nel 2006. Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. In libera professione, si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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